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Dama con stemmi viscontei dal manoscritto "De Natura Deorum" di Cicerone (ms Lat 6340, c. 11v) alla Biblioteca Nazionale FranceseValentina Visconti e Isabella di Baviera cugine rivali alla corte di Francia?

di Maria Grazia Tolfo

Sommario

Valentina e Luigi di Turenna
Isabella di Baviera, regina di Francia
Una politica schizofrenica
La pazzia di Carlo VI...e non solo
Valentina, la strega lombarda
sabella o piuttosto Messalina?
L'assassinio di Luigi d'Orléans
Un tragico epilogo
La disfatta di Isabella
Bibliografia

Valentina e Luigi di Turenna

Dei figli di Gian Galeazzo nati da Isabella di Valois l'unica superstite era lei, Valentina, che aveva perso la mamma a 18 mesi. Era cresciuta alla corte di Pavia con le balie, la zia Violante e la nonna Bianca di Savoia, che le raccontava le belle storie della corte di Francia. Forse la piccina immaginava che sua mamma, figlia e sorella di re, fosse vissuta come le principesse di quelle favole. Il destino doveva dimostrarle ben presto la crudeltà della vita di corte francese.

Inizialmente anche Valentina entrò nel delirio dei matrimoni fra consanguinei che colpì i Visconti nel 1380: venne promessa a suo cugino Carlo ed effettivamente arrivò anche la dispensa papale, ma poi Bernabò ci ripensò e nel 1382 fece sposare Carlo con Beatrice d'Armagnac, appartenente a una famiglia che s'ingrandiva mestando nel torbido della Guerra dei Cent'Anni.

- Forse è un bene che Valentina sia rimasta nubile - avrà concluso Gian Galeazzo, perché alla morte dello zio nel 1385, rimasto finalmente unico arbitro dei domini viscontei, poté giocare la figlia come pedina di una partita più impegnativa. Aprì contemporaneamente le trattative con l'imperatore Venceslao del Lussemburgo, per sposarla al di lui fratello Giovanni di Goerliz, e con Luigi d'Angiò, promesso a Lucia Visconti (figlia di Bernabò). Maria d'Angiò rifiutò la sostituzione e allora Gian Galeazzo dirottò le sue attenzioni sul comune nipote Luigi di Turenna, figlio  di suo cognato Carlo V e fratello del re in carica Carlo VI. L'imperatore, venuto a conoscenza del doppio gioco di Gian Galeazzo, ruppe le trattative con una lettera piena di vituperi, per cui Luigi restò l'unico pretendente di Valentina.

Il 25 novembre 1386 arrivò una nuova dispensa di papa Clemente VII e il 27 gennaio 1387 venne firmato il contratto nuziale. Valentina portava in dote la contea di Vertus della madre, la città di Asti, 450.000 fiorini, gioielli per 75.000 fiorini e la clausola della successione per i suoi figli se Gian Galeazzo non avesse più avuto eredi. Il fidanzamento venne annunciato alla corte francese nello stesso giorno, senza che la notizia turbasse minimamente il diretto interessato, Luigi, che stava vivendo il momento d'oro della sua spensierata adolescenza. Aveva una "compagna di giochi", Mariette d'Enghien, per la quale comprerà il castello di Beauté non lontano dalla sua residenza di Vincennes.

L'8 aprile 1387 venne celebrato a Milano il matrimonio per procura: Valentina aveva "solo" sedici anni e il padre ricorse a motivi di protezione per spiegare la dilazione della sua partenza per la Francia. In effetti Gian Galeazzo prima non aveva liquidità, poi voleva correggere il contratto e, in attesa che la moglie Caterina restasse incinta, tratteneva la figlia. Il 7 settembre 1388 nacque finalmente Giovanni Maria e Gian Galeazzo riprese in mano il contratto matrimoniale di Valentina. Sulle ambiguità di formulazione di questi contratti si appelleranno  alla fine del Quattrocento gli Orléans discendenti da Valentina per impossessarsi  del Ducato di Milano.

Valentina Visconti in corteoIl 23 giugno 1389, sistemate le questioni burocratiche, Valentina poté partire per la Francia scortata dal cugino paterno Amedeo VII, il conte Rosso, e da un seguito di 300 cavalieri, messi più a guardia della sua dote che della sua persona. Valentina trasportava oltre all'anticipo di 200.000 fiorini d'oro, stoffe di lusso, vasellame prezioso con pezzi artistici di oro, argento, avorio, ambra, corallo, cristalli di rocca, il tutto ornato da pietre preziose, smalti e cammei. Tra le pietre furono contati 150 diamanti, 28 smeraldi, 310 zaffiri, 85 rubini e 7000 perle. Valentina portava inoltre con sé Offizioli preziosamente rilegati, un Salterio, la Vita di S. Cipriano, un libretto di versetti tedeschi (Minne) e un moderno libro d'avventure, i Viaggi di sir John Mandeville, uno zibaldone di diverse relazioni di viaggi in Oriente composto intorno al 1360 in anglo-francese. I
Il corteo passò per Alessandria, ospitato da Bertrando Guasco, governatore della contea di Vertus. Il Guasco possedeva un palazzo in quella città e ancora all'inizio del XVII secolo vi erano i busti di Luigi e Valentina sul portale d'ingresso, realizzato come un arco di trionfo per l'occasione. Altro anfitrione fu Andreino Trotti, uno dei condottieri più fidati e stimati di Gian Galeazzo. 
Dal 25 al 30 giugno il corteo fu ad Asti, quindi a Chieri. Oltrepassato il Moncenisio Amedeo di Savoia affidò infine la cugina  agli inviati di Luigi.

Il matrimonio si celebrò a Melun il 17 agosto 1389. Cosa avrà pensato l'emozionatissima Valentina del suo novello sposo? Luigi era nato il 13 marzo 1370 ed era quindi quasi coetaneo di Valentina. Viene descritto come piacente, abile conversatore ma con tendenza a prevaricare, abbastanza colto al contrario del fratello, col quale invece condivideva una inesauribile energia sessuale. Gli si rimproverava di agire d'impulso e di essere smaccatamente narcisista; portava pesantissime catene d'oro su vestiti che faceva ricamare con le sue imprese: lupi, balestre, ortiche, porcospini, bastoni nodosi.
Come accolse la sposa? Intanto era sua cugina, ossia una semi-francese che tornava a casa, ma era pur sempre un elemento che poteva dimostrasi di disturbo nella sua vita di assoluto libertinaggio. Sarebbe stata al gioco? Valentina era un'ottima cavallerizza e sapeva suonare l'arpa, ma si sarebbe adeguata al ritmo "brillante" della corte parigina? 

 

Isabella di Baviera, regina di Francia

Ritratto molto idealizzato di Isabella tratto dal libro di Cristine de PizanMentre Galeazzo II era occupato a intrecciare legami dinastici con Savoia e Valois, ossia con l'Europa occidentale, suo fratello Bernabò guardava all'Austria e alla Baviera, e fu così che nel 1367 Taddea Visconti aveva sposato Stefano II di Wittelsbach.

Isabella (Elisabeth per i Bavaresi) era nata all'inizio del 1370. Dalla descrizione fisica che abbiamo sembra somigliare al padre; il suo biografo Marcel Thibault traccia questo suo ritratto: di statura piccola, fronte alta, occhi grandi in un viso largo, dai tratti marcati, naso pronunciato con narici molto aperte, bocca grande con labbra carnose ed espressive, capelli neri. Jean Froissart, che s'incanta a descrivere i ritratti delle belle dame che conosceva, tace sulla regina Isabella, eppure era stato invitato alle sue nozze ad Amiens. Bella o insignificante? Gli storici bavaresi la descrivono bellissima e crediamo che non si tratti solo di una diversa opinione estetica...

Isabella e il fratello Ludovico, maggiore di due anni, erano cresciuti con l'amore del lusso estremo e con esempi di superficialità di comportamento che si riveleranno esiziali. Isabella era rimasta orfana della madre Taddea a soli undici anni ed era stata allevata tra Monaco e Ingolstadt insieme al fratello, che imitò in tutto e per tutto. Forse per questo crebbe come un maschiaccio insolente, facile a trascendere con parole e comportamenti, rancorosa e vendicativa.  Il nonno Bernabò  aveva lasciato  qualche traccia nel suo codice genetico, più che in quello del fratello.

I Wittelsbach erano divisi in due rami: quello bavarese e quello dell'Hainault, imparentato  con il duca di Borgogna Filippo l'Ardito, zio del giovane re Carlo VI. Fu in virtù di questa alleanza familiare che Isabella entrò nel gioco politico che l'avrebbe condotta sul trono di Francia.
Nel 1383 lo zio Federico di Wittelsbach, sposato a sua zia materna Maddalena Visconti,  aveva trattato con Filippo l'Ardito il suo matrimonio con Carlo VI nell'ottica della riconquista dei territori fiamminghi occupati dagli Inglesi. Suo padre Stefano non sembra che fosse molto propenso a imbarcarsi in questa avventura, ma lo zio insistette: anticipò lui i soldi della dote e si occupò lui del contratto matrimoniale. Non aveva visto male: il duca di Borgogna nel gennaio 1384 si incamerò le Fiandre e si trovò in una posizione molto forte. Fu ancora Federico ad accompagnare ad Amiens l'ignara Isabella con la scusa di un pellegrinaggio alla reliquia della testa di S. Giovanni Battista. Si può immaginare lo stupore di Isabella quando venne a conoscenza della vera ragione del suo viaggio: non sarebbe più tornata in Baviera!

"Carlo VI accoglie Isabella", miniatura nelle Cronache di Froissart, XV sec. BNF Fr 2646Il 17 luglio 1385 si celebrò il matrimonio ad Amiens, assente Stefano di Baviera tutto preso  a coordinare per finta la lega per il salvataggio del suocero Bernabò... La concomitanza del matrimonio di Isabella e della cattura del nonno fece sì che da questo momento alcuni storici interpretassero le sue azioni come dirette a soccorrere prima il nonno e poi a fare giustizia degli zii in esilio. A parte il fatto che Isabella aveva 15 anni e che si trovava in un paese straniero e in una nuova condizione sociale, il carattere egoista ed estremamente ambizioso della giovane porta a escludere che si interessasse di qualcun altro se non per calcolo personale; anche se fino a quel momento fosse stata preoccupata per la salute del nonno - che non aveva mai conosciuto - i nuovi avvenimenti erano sufficienti a distogliere la sua mente dalle disgrazie della sua famiglia materna.

Si dice anche che quando all'inizio del 1386 Gian Galeazzo aprì coi duchi di Borgogna le trattative per far sposare Valentina a Luigi, Isabella espresse il suo disappunto, ma la notizia sarà data a corte solo nel gennaio 1387 e fino a quel momento gli unici a saperlo erano i duchi di Borgogna, a caccia di liquidità. Non è però difficile immaginare che, rancorosa com'era, non tentasse neanche minimamente di nascondere l'antipatia che provava per l'assassino di suo nonno appena seppe che Valentina sarebbe stata sua cognata. Ma nel gennaio di quell'anno il suo umore era giustificatamente nerissimo. 

Isabella aveva ereditato dalla nonna Regina della Scala la fertilità e quindi era rimasta subito incinta. Il 25 settembre 1386 a Vincennes era nato Carlo, il delfino!  Per il parto la giovanissima mamma aveva fatto ricorso alla "pietra del parto o pietra santa", un gioiello che comprendeva sei smeraldi con perle e brillanti, ma la nascita era stata accompagnata da un funesto presagio: un fulmine si era abbattuto vicino al castello. Il piccolo erede era morto  tre mesi dopo, il 27 dicembre.
La giovane coppia fu molto afflitta dalla morte del piccino, soprattutto Carlo, incapace di affrontare situazioni difficili. 
Presunto ritratto di Carlo VI e Isabella negli anni 1385-89. New York, Pierpont Morgan LibraryIsabella non ci mise molto a rimanere nuovamente incinta e per rinforzare la positività dell'attesa fece tappezzare di verde la cameretta del nascituro. Il 14 giugno 1388 fu però Giovanna a vedere la luce, l'erede si faceva attendere. 
Nel frattempo Isabella aveva preso possesso dell'ambiente di corte e delle prerogative del suo ruolo, manifestando il suo carattere volitivo e in competizione col marito. Le gravidanze si fecero più difficili, perché Isabella non voleva rinunciare ad alcun divertimento, suscitando la riprovazione dei cortigiani e del popolo. In occasione di una festa data nel maggio 1389 iniziarono le prime maldicenze - sparse ad hoc dall'anonimo Religioso di Saint Denis - circa una relazione amorosa tra Isabella e il cognato Luigi. In realtà Isabella, incinta di tre mesi, si era sentita male ed era stata soccorsa da Luigi. Sembra che fosse oltre modo preoccupata di far nascere un maschio e di tacitare così le ansie del marito e della corte. A tale scopo si fece portare la Cintura della Vergine, una preziosa reliquia rubata dai Crociati a Costantinopoli nel 1205 e conservata a Chartres. 

Il 17 agosto 1389 la temuta Valentina arrivò in Francia: che strategia di comportamento decisero i tre scapestrati reali ragazzi? Forse Luigi la rassicurò che l'unica dote interessante di Valentina erano i fiorini d'oro, forse Carlo la pregò di tenere a freno la lingua e di accogliere la cognata almeno con educazione se mancava l'entusiasmo. Il 22 agosto Isabella e Valentina entrarono in pompa magna a Parigi: Isabella era diretta alla sua incoronazione, narrata e illustrata con belle miniature da Jean Froissart nel IV libro delle sue Cronache, mentre Valentina si limitava a coprire il ruolo di comprimaria. Quando  il corteo arrivò alla strada che conduceva a Notre Dame, sfilò sotto un telone azzurro dipinto con i fiordalisi d'oro e i pali che reggevano questo cielo erano mimetizzati dagli scudi e dalle armi della nobiltà francese: Isabella era al massimo della sua gloria, Valentina ebbe la conferma che i suoi sogni di bambina si avveravano.

 

Una politica schizofrenica

Il Castello di VincennesLe due cugine abitarono prima nello stesso castello di Vincennes e poi si trasferirono a Parigi, nel palazzo di Saint Pol in rue Saint Antoine aux Célestins. Non era propriamente un palazzo, ma un insieme di alloggi comprati, abbelliti o costruiti in diversi tempi. Carlo V aveva iniziato i lavori acquistando il palazzo d'Estampes posto di fronte alla chiesa di Saint Pol, poi l'edificio dell'abbazia di Saint Maur e altri. Tutto il complesso era circondato da parchi e giardini, con gli immancabili recinti per gli animali, ma le condizioni igieniche delle stanze erano spaventose e un odore di fogna a cielo aperto impregnava ogni angolo del palazzo. Isabella fece tappezzare le pareti delle sue stanze con stoffe impregnate di acqua di rose importata dalla Bulgaria, ma era un provvedimento più olfattivo che igienico e comunque molto effimero.
Qui nacque il 9 novembre 1389 (l'infelice) Isabella, alla cui gioia per la nascita seguì il lutto per la morte della piccola Giovanna nel febbraio successivo. Carlo era assente per un giro nel Midi, organizzato a fini propagandistici viste le pericolose condizioni economiche e politiche in cui si trascinava da anni il suo regno. Quando tornò ebbe un nuovo shock, appena attutito dalla gioia per la presenza della piccola Isabella. Si convinse di avere una maledizione sulla sua discendenza e che tutti i suoi figli erano destinati a morire. I primi sintomi della psicosi maniaco-depressiva cominciavano a manifestarsi, ma Isabella non era certo tipo da accorgersene e risparmiare stress al giovane marito. Quando il 24 gennaio 1391 nacque un'altra bambina le parve doveroso chiamarla Giovanna e con ciò l'argomento era chiuso, non c'erano né maledizioni né tragedie incombenti. 

Anche i primi parti di Valentina non avevano sortito alcun  successo, un po' per motivi di consanguineità della coppia, un po' per le spaventose condizioni igieniche del palazzo di Saint Pol. Il 26 maggio 1391 nacque Carlo, così chiamato in onore del nonno e dello zio e alla coppia reale questa usurpazione del nome reale suonò come un cattivo presagio. Ma anche lui non visse a lungo.

Dopo due anni di frequentazione assidua, come si erano evoluti i rapporti tra le due cognate-cugine? 
"Erano di natura ben diversa: dolce, morbida era Valentina, aspra la regina e dell'una e dell'altra doveva presto aversi la rivelazione del vero carattere" (F. Cognasso, I Visconti, p. 307).
Così si esprime lo storico sabaudo Francesco Cognasso ai nostri giorni. Valentina era veramente dolce? O aveva semplicemente imparato dal padre l'arte della dissimulazione? Il compito di Valentina era più difficile di quello di Isabella, perché suo padre non la smetteva di brigare per trasformare la signoria milanese in un ducato e quindi in un regno e coinvolgeva chiunque potesse servire a realizzare i suoi disegni.
La corte francese a sua volta faceva leva sull'ambizione di Gian Galeazzo per spillargli più soldi che si poteva, ma non certo per facilitargli l'ascesa politica. A nessuno interessava un regno in Italia che poteva ostacolare la politica angioina. E' evidente che la presenza di Valentina a corte era vissuta con circospezione e che le andavano nascoste le vere decisioni. La Visconti disponeva di corrieri pagati dal padre perché lo tenesse sempre al corrente delle novità di corte, ma la polizia dei Valois non si perdeva un solo messaggio. 
Quando Carlo VI decise di riportare il papa a Roma con la forza, ricorse agli aiuti finanziari di Gian Galeazzo che doveva contribuire al sostegno del previsto esercito di  60.000 uomini. Per organizzare la complessa operazione bellica vennero inviati alla corte di Pavia nel febbraio 1391 Luigi di Turenna, che rivendicava i 150.000 fiorini mancanti delle dote di Valentina, e lo zio Filippo l'Ardito. In marzo il progetto era già abortito. Gian Galeazzo non aveva scucito i soldi, ma era rimasto affascinato dall'idea di creare un regno con i territori appartenenti allo stato pontificio sul quale poteva governare suo genero Luigi, il Re di Adria! L'ambasciatore visconteo Niccolò Spinelli arrivò a Parigi l'anno successivo, proprio mentre Carlo era stato colpito dalla sua malattia mentale, e trovò il progetto superato dai nuovi avvenimenti. 

Mentre la corte escogitava stratagemmi per rinsanguare le casse dello Stato, Carlo d'Armagnac, cognato di Carlo Visconti in esilio, stava organizzando contro il parere di Carlo VI e con l'aiuto di Firenze un attacco contro Gian Galeazzo. Sulla scia paterna, anche Ludovico di Baviera aveva deciso di aggregarsi alla spedizione. Valentina a sua volta spediva regolari dispacci al padre per informarlo dei preparativi, mentre suo marito Luigi riusciva a corrompere uno dei capitani dell'Armagnac, Bernardon de la Salle, marito di Riccarda Visconti, e a farlo passare al servizio di Gian Galeazzo con 1500 lance. Isabella in questa partita rimase proprio isolata e con le armi spuntate: non era riuscita a capire che, se impoverivano il Visconti, non avrebbero più ricevuto finanziamenti. La sua debolezza era rimasta la sua fedeltà alla Baviera: non aveva realizzato e non avrebbe mai capito che doveva ragionare nell'interesse della casa francese e non dei Wittelsbach.

Il 6 febbraio 1392 nacque Carlo, l'ultimo figlio prima della tragica follia di re Carlo VI. Il re non stava bene da qualche mese, tanto che il 4 giugno aveva nominato il fratello Luigi duca d'Orléans, decretandone così la successione. Ma era abituato all'azione e non voleva sentirsi dire di riposarsi. Così in agosto decise di partire per andare a catturare suo cugino Pierre de Craon, fuggito in Bretagna dopo aver tentato di assassinare uno dei suoi "Marmousets", il più importante e potente, il connestabile Olivero de Clisson.

 

La pazzia di Carlo VI ... e non solo

Il re Carlo VI nel 1404Durante la cavalcata verso la Bretagna Carlo era come una corda troppo tesa, affaticato, indisposto verso tutti, mangiava e beveva pochissimo e, con la calura agostana, la febbre si alzò pericolosamente. Mentre percorrevano la foresta del Mans sotto il sole torrido del 5 agosto la testa del re, rinchiusa nel cimiero, implose, scatenando una vera furia omicida contro tutti indistintamente, perché nel suo delirio Carlo era convinto di trovarsi nel mezzo di una battaglia. Restarono uccisi quattro cavalieri del suo seguito, mentre Luigi se la cavò col solo spavento.

A parte l'estrema vivacità, il re aveva di solito un carattere buono, senza alcuna manifestazione tirannica, per cui il fatto che si avventasse anche contro il fratello portò gli storici a fraintendere che avesse scoperto una sua tresca con Isabella. In realtà era solamente alterato e non era in grado di riconoscere nessuno. Si disse anche che, prima di mettersi in viaggio, il re fosse stato avvelenato e stregato. Gli psichiatri moderni sostengono invece che Carlo fosse schizofrenico e che la rivalità nei confronti del fratello minore, verso il quale nutriva un sentimento di amore-odio, portò a spezzarsi il debole filo con cui era trattenuto alla realtà. Descrivendo il suo male, diceva di sentirsi improvvisamente trafitto da migliaia di punte, che gli provocavano una furia inconsulta, dopo di che cadeva incosciente per alcuni giorni.

Avanzi del castello di Creil inseriti nel museo Gallé JuilletIl re fu nascosto in gran segreto nel castello di Creil in Picardia; si cercarono immediatamente medici in grado di attutirne la furia. Guillaume de Harselly, uno dei primi consultati, sostenne che era una malattia ereditata dalla madre Giovanna di Borbone, che aveva già curato, il che fa propendere per l'epilessia come prima diagnosi. Giovanna aveva sofferto sì di una crisi epilettica ma solo in concomitanza col primo parto. L'anziano dottore riuscì comunque a far  recuperare la Carlo lucidità e memoria, ma raccomandò ai "Marmousets"  di risparmiargli qualsiasi emozione, perché la coscienza del re era legata a un filo. La notizia era tragica: come si doveva procedere? Carlo VI doveva abdicare a favore del delfino? Chi sarebbe stato il reggente? Per tenere meglio sotto controllo gli eventi, gli zii duchi di Borgogna e di Berry liquidarono i "Marmousets" , nominarono reggente Luigi d'Orléans e ripresero in mano le redini del regno.
Ai primi giorni di gennaio 1393 a Isabella fu permesso di ricongiungersi col marito, portando con sé i figlioletti. Carlo era oltremodo prostrato ma sembrava rinsavito e Isabella tirò un sospiro di sollievo, perché non osava neppure ipotizzare l'abdicazione del marito.  Nonostante le proteste del medico, che raccomandava una vita molto soft per Carlo, la sventata Isabella  manifestò la sua gioia organizzando il 28 gennaio una festa per la sua amica e damigella Caterina di Hainceville che si risposava. 


Il Selvaggio dal Taccuino di disegni di Giovannino de' GrassiSecondo l'usanza, quando una donna passava al suo secondo matrimonio si organizzava un charivari, ossia una festa con una serie di giochi stravaganti. Un paggio suggerì al re una coreografia di uomini selvaggi, vestiti di fili di lino attaccati con la pece a una veste aderente, in modo da fare i "selvatichi". I costumi erano belli, ma altamente infiammabili e il re, che non vedeva l'ora di mostrarsi guarito e giocoso come sempre,  si volle travestire lui stesso in gran segreto; diede ordine ai partecipanti di tenere le torce ai bordi del salone perché ci sarebbe stata una bella sorpresa. Mentre la festa era al massimo del divertimento e i selvaggi stavano facendo il loro ingresso danzando al buio, sopraggiunse l'ignaro Luigi con le sue torce e provocò la temuta tragedia. Il re si salvò grazie alla prontezza di spirito della zia duchessa di Berry, ma gli altri  selvaggi arsero come torce umane. Lo spavento fu enorme e il re dovette cavalcare il giorno successivo fra il popolo per dimostrare il suo stato di salute; dai sudditi gli arrivarono sollecitazioni e mettere finalmente la testa a posto e a comportarsi più responsabilmente. Per farsi perdonare Luigi andò in processione a piedi nudi dalla porta di Montmartre a Notre-Dame. Era sconvolto per l'accaduto e si assunse tutta la responsabilità, sperando così di non complicare la delicatezza della posizione fraterna.

Il 15 giugno 1393, in occasione delle trattative con l'Inghilterra ad Abbeville, Carlo non resse alla tensione del gioco diplomatico ed ebbe una nuova tremenda ricaduta seguita da coma. Quando si riprese, diceva di chiamarsi Giorgio, di essere celibe e di avere come arma un leone trafitto da una freccia. Rifiutava sgarbatamente di vedere la moglie, ma si calmava in presenza di Valentina, con la quale giocava volentieri a carte, e la cosa non fece bene alla povera Visconti. Isabella non sapeva più a che santo votarsi, preoccupata per la salute del marito e per la perdita del trono, che l'avrebbe privata del suo prestigioso status per vivere accanto a un pazzo. Quando il 22 agosto nacque prematuramente Maria, a causa degli spaventi sofferti, la offrì alla Vergine in cambio della guarigione del marito.

Maria finirà ugualmente in monastero, ma il tanto atteso miracolo non si verificò. Essendo morto il vecchio medico, si fece venire un mago, Arnaud Guillaume. Era un uomo rozzo e ignorante, dotato però di un libro che, a suo dire, gli conferiva un potere assoluto sulle cose e sugli uomini. Secondo il solito "Religioso di Saint Denis" si trattava di un testo di astrologia: "Pretendeva, con l'aiuto del suo libro, di avere una conoscenza perfetta dei pianeti. Se ce n'era uno la cui influenza nefasta doveva causare effetti mortali, assicurava che ne avrebbe fatto apparire un altro, ignorato dagli astrologi, la cui influenza contraria avrebbe neutralizzato, almeno in parte, gli effetti nefasti del primo".  Il mago chiamava questo libro "Smaragd", nome molto vicino al testo ermetico della Tavola Smaragdina. La cosa più pericolosa fu che Arnaud sosteneva, senza alcuna ombra di dubbio, che il re era stato stregato.

 

Valentina, la strega lombarda

Valentina riceve un codice da Onorato Bonet, Biblioteca Nazionale Francese di ParigiSe il re soffriva a causa della magia nera, chi meglio di Valentina avrebbe potuto attuare il sortilegio per avvantaggiare il marito nella successione al trono di Francia? Circolava ad arte la voce che Gian Galeazzo fosse un esperto di magia nera e che sua figlia era stata istruita al riguardo. La magia nera più comune era quella delle statuette di cera e pare effettivamente che Milano ne fosse il maggior centro di produzione ed esportazione. Si sapeva che Gerardo d'Armagnac si era fatto fare nella città viscontea tre statuette che dovevano essere poi battezzate regolarmente con il nome dei fatturandi. Conficcando spilloni nelle parti anatomiche da colpire, si otteneva la malattia o la morte della persona.
Tra la prima crisi del 1393 e l'anno della sua morte nel 1422 il re ebbe 44 eccessi della durata da tre a sei mesi, che si riproponevano nei momenti più impensati, tanto da escludere il veleno ma non la magia nera.

Cosa ne pensavano a corte di questa accusa? M.V. Clin, l'ultima biografa di Isabella, sostiene che la regina rifiutò le accuse di magia nera e di veneficio rivolte a Valentina.  Anche il duca di Berry dovette ribadire a più riprese che Carlo non era stato né avvelenato né stregato e che si trattava di una malattia ereditaria. Di diverso avviso è F. Cognasso: "Le voci contro di lei (Valentina) o partirono o trovarono buona accoglienza nell'ambiente dominato dalla regina Isabella. Questa si fece strumento degli odii che la corte di Baviera nutriva contro la figlia di Gian Galeazzo" (I Visconti, p. 313). Ma la corte di Baviera non dava più segni di odio, anzi, continuava la serie delle alleanze matrimoniali coi Visconti. Quando nel settembre 1395 morirà Luigi, figlio di 4 anni di Valentina, si arriverà perfino ad insinuare che era stata lei stessa a causarne involontariamente la morte con una mela avvelenata riservata al delfino! Questo era un tipo di favole nelle quali Valentina non aveva certo immaginato di essere imprigionata. 
E' probabile che i principali burattinai di questo triste teatrino contro Valentina fossero i duchi di Borgogna Filippo l'Ardito e la moglie Margherita di Fiandra: fuori causa per pazzia Carlo, colpivano l'altro nipote Luigi tramite la moglie Valentina. Ma Cognasso, pur non escludendo il duca Filippo, rinforza le accuse contro Isabella: "Il duca d'Orléans come fratello del re poteva pretendere di essere il reggente: in questo caso Valentina Visconti avrebbe dominato a corte e nel regno. La regina Isabella e il duca di Borgogna furono quindi concordi nella guerra contro l'italiana" (I Visconti, p. 313). Jean Froissart, troppo disincantato per credere alla storia della magia, dimostrò non di meno una profonda avversione verso Valentina, che accusava di ambizione. Tutti concordavano nell'affermare che la Visconti era pronta ad approfittare della malattia del cognato per vedere suo marito sul trono: tutte calunnie? Non crediamo, Valentina era figlia di Gian Galeazzo e non si sarebbe sentita a disagio su un trono, ma da qui a tramare contro suo cognato c'è un abisso. Isabella poteva non credere ai sortilegi di Valentina, ma stava all'erta per evitare di trovarsi estromessa insieme ai figli dal governo. Forse che Gian Galeazzo non aveva fatto lo stesso con suo nonno Bernabò?

Christine de Pizan presenta il suo libro al duca d'Orléans (particolare)Il duca d'Orléans aveva però imparato l'arte di barcamenarsi  senza scontentare nessuno: era affettuoso con la moglie, ma non le confidava alcun progetto politico; era affascinante con il suocero Gian Galeazzo che sapeva raggirare con abilità; si mostrava premuroso col fratello nei momenti di lucidità, agendo in suo nome ed era amico di Isabella, con la quale continuava a condividere i divertimenti. Luigi e Isabella erano anfitrioni di feste che duravano tutta la notte e che finivano in sbornie colossali.
Il 24 novembre 1394 Luigi aveva festeggiato la nascita del quarto figlio, ancora Carlo, e la conquista di Savona: Gian Galeazzo, che era stato preso alla sprovvista, volle che due suoi rappresentanti partecipassero alla cerimonia di dedizione della città. Nel febbraio 1395 anche Genova era in mano francese e il 24 marzo 1396 Luigi ne faceva dono a suo fratello Carlo, lasciando il neo-duca Gian Galeazzo come un allocco: tutta la sua smania di grandezza e la sottile strategia avevano finito solo col privarlo dello sbocco di Milano sul mare.

Per tenere lontana Valentina da questa politica anti-viscontea ed impedirle di avvisare il padre, nell'aprile 1396, con la scusa della crescente ostilità del popolo, la si trasferì in pompa magna ad Asnières. Non vi fu mai un ordine esplicito del re per il suo allontanamento, anzi, secondo lo storico contemporaneo Juvénal des Ursins la Visconti era l'une des plus dolentes et courroucées qui y fust e si esiliò spontaneamente per mettere a tacere le voci dei malefici.
Valentina aveva la sua corte personale ed i figli con sé, ma il marito andava a visitarla solo quando era libero dagli impegni parigini. In tutta questa vicenda non si percepisce da parte di Luigi una grande ansia di difenderla, ma non l'abbandonerà mai. L'allontanamento di Valentina coincise con l'abbandono dell'alleanza con Gian Galeazzo Visconti in cambio di quella franco-fiorentina del 29 settembre 1396: re Carlo VI avrebbe aiutato Firenze in caso di attacco; le terre viscontee sarebbero passate sotto la corona francese, tranne le terre che Gian Galeazzo aveva tolto ai vicini. Di questo accordo, sostiene Cognasso, se ne era occupata attivamente la regina Isabella, ma dimentica Luigi, che agiva di concerto con lei. Lo spionaggio visconteo funzionò fulmineamente e Gian Galeazzo intercettò i messi, sequestrandoli per due settimane, poi aprì a sua volta trattative con Firenze. 

Il castello di BloisLa solitudine di Valentina era alleviata dalle maternità: alla fine di luglio 1396 nacque Filippo, conte di Vertus. Da Asnières Valentina passò a Blois dopo che nel 1400 il marito aveva acquistato la contea di Coucy, una delle chiavi strategiche del regno. Luigi trasformò il castello in una vera fortezza, perché la contea era situata tra due gruppi di province appartenenti al duca di Borgogna. Quindi il duca d'Orléans proseguì la sua politica d'alleanza coi feudatari locali per indebolire lo zio Filippo l'Ardito. A questo punto la guerra tra Luigi e gli zii duchi di Borgogna era ormai aperta. A chi sarà venuto in mente di spedire a Milano da Gian Galeazzo il maresciallo Boucicaut per negoziare il matrimonio tra Giovanni Maria Visconti e una delle figlie di Carlo VI? Era una manovra diversiva per tenere tranquilla Valentina? E' comunque documentato che la corte francese a più riprese tentò di organizzare questa nuova alleanza matrimoniale.

Nel castello di Blois nell'aprile 1401 nacque Maria, che visse pochissimo. Nel 1402 arrivò a Valentina la notizia della morte del padre a causa della peste e dei conseguenti torbidi politici nel ducato milanese, che vedevano la reggente Caterina combinarne una peggio dell'altra.
Nel 1406 vide la luce Margherita, quindi il marito continuava a frequentarla e a provvedere alla sua legittima discendenza. Come passava il tempo Valentina? Fra le altre cose giocava a carte, ma in questo contesto una notizia è interessante per noi. Valentina aveva un mazzo di carte saracene e un mazzo di carte di Lombardia: è possibile che esistessero già allora delle carte simili ai Trionfi che avranno un così grande successo vent'anni dopo per merito di suo fratello Filippo Maria.

 

Isabella o piuttosto Messalina?

Se Valentina si consumava di tristezza nel suo isolamento, non è detto che Isabella se la passasse meglio. Terrorizzata dal marito, che a volte si avventava contro di lei, si sentì se non esiliata fisicamente, almeno sola psicologicamente. Non era mai stata né saggia né popolare e il fatto che si appoggiasse sempre al fratello Ludovico, ormai detto il Barbuto, peggiorava ulteriormente la sua posizione. Le sue maternità si erano ripetute con regolarità: l'11 gennaio 1395 era nata Michela, il 22 gennaio 1397 Ludovico, il 31 agosto 1398 Giovanni, il 27 ottobre 1401 Caterina, il 22 febbraio 1403 Carlo (il futuro re Carlo VII) e infine Filippo nel 1407, ma su questo torneremo a tempo debito. Date le condizioni di salute del marito, tutti questi figli verranno ritenuti dal popolo niente di meglio che "bastardi".

A Isabella non restò che richiedere la presenza fissa di suo fratello, legato politicamente a quel volpone di Filippo l'Ardito. Il 27 ottobre 1396 suo marito - in una fase di lucidità? - incontrò ad Ardre il re Riccardo II per sottoscrivere una tregua, nella quale rientrava anche il matrimonio con sua figlia Isabella di sette anni. Quando il 4 novembre 1396 venne celebrato il matrimonio a Calais fra quella piccola principessina e il vedovo e autodistruttivo Riccardo, era presente Carlo VI ma non Isabella, incinta di Ludovico.

Chissà se Isabella pensò mai che, se le cose peggioravano ulteriormente, sarebbe potuta tornare in Baviera? Il marito non guariva e i medici non le lasciavano più speranze. Smise perfino di fare donazioni ai santuari, voti, pellegrinaggi e quanto altro...uno spreco di soldi ed energia.  Per rincarare la dose, qualcuno sparse la voce che Isabella, novella Messalina, frequentasse in incognito i bordelli di Parigi! 
Sarebbe forse meglio interrogarsi su come si destreggiasse Isabella tra il marito folle e con un amante fissa insieme a lui (Odette de Champdivers della Borgogna, guarda caso!), lo zio che la osservava come un gatto guarda un topo e un cognato giovane e rampante pronto a sostituire il marito sul trono. Non dimentichiamo il suo carattere volitivo, irascibile, scontroso, amante del lusso,  e la personalità decisamente antipatica ai cortigiani e al popolo. Nella disperazione e con simili qualità è ovvio che Isabella infilasse una sciocchezza dietro l'altra e che solo la presenza del fratello riuscisse a tranquillizzarla.

L'assassinio di Luigi d'Orléans

Le relazioni tra il duca d'Orléans e suo fratello Carlo, negli intervalli della malattia, si dimostravano normali. Anche se, quando nel 1401 morì consunto il delfino Carlo, si parlò ancora di veneficio, Carlo VI dimostrò di voler rinsaldare - in totale spregio delle leggi della eugenetica-  l'alleanza col fratello fidanzando sua figlia Isabella, la vedova di Riccardo II appena rilasciata dall'Inghilterra, a Carlo di Angouleme. La casa di Baviera insorse come al solito. Roberto di Baviera, ora re dei Romani, proponeva il suo secondogenito Giovanni per Isabella, ma quando Roberto scese in Italia per farsi incoronare imperatore e venne sconfitto da Gian Galeazzo, anche le trattative matrimoniali fallirono.

Il duca di Berry nelle Très Riches HeuresDopo la morte di Gian Galeazzo Visconti nel 1402 e nonostante i torbidi che ne seguirono, gli ambasciatori di Isabella e di Filippo l'Ardito tornarono a Milano per aprire trattative con la duchessa Caterina (zia materna di Isabella) e nel febbraio 1403 seguì la proposta viscontea  a Parigi, in occasione della nascita di Carlo, il figlio di Isabella nato il 22 febbraio. Giovanni Maria Visconti avrebbe sposato una figlia di Isabella e Filippo Maria una figlia di Filippo l'Ardito. Non se ne fece niente.
Giocare a combinare i matrimoni era la specialità e una delle prerogative di Isabella. Nel settembre 1403 volle sistemare suo fratello Ludovico con Anna di Borbone, ricca vedova di Giovanni di Montpensier, figlio del duca di Berry. Nel contratto l'affettuosa sorella riuscì a garantire allo sposo una rendita di 12.000 franchi e il titolo per diventare connestabile di Francia. Questo smaccato nepotismo e fece insorgere Luigi , anche perché la carica di connestabile era la più importante che ci fosse ed era impensabile che andasse a un bavarese. Luigi fece in modo che a Isabella venissero tolti molti poteri decisionali, ma così incorse nell'ira della cognata, rapidissima a mutare i suoi sentimenti.
Si aprì una lotta all'ultima ordinanza tra Luigi e Isabella, spalleggiata dallo zio Filippo, per decidere chi dovesse reggere il regno. Le cose precipitarono quando il 27 aprile 1404 morì di peste Filippo l'Ardito e gli successe il figlio Giovanni senza Paura.


Ritratto di Giovanni senza Paura Giovanni era nato a Digione nel 1371, quindi era coetaneo delle due coppie reali. Era tutt'altro che  avvenente e, apparentemente, era di carattere dolce e di modi quasi effemminati, ma le sue azioni lo qualificano come uno dei protagonisti più crudeli del momento. Il 31 agosto 1404 Giovanni comincia a tirare la sua rete: si celebra il matrimonio tra il delfino Luigi di Guyenne di 7 anni e sua figlia Margherita di Borgogna. In qualità di suocero del futuro re, Giovanni rivendica la reggenza in caso di emergenza negli affari di stato.
 
Il nuovo duca di Borgogna non perde occasione per attaccare al Consiglio Luigi, facendosi promotore di misure economiche palesemente demagogiche. Arriverà a mostrare in pubblico il re durante una delle sue crisi di demenza, coperto ad hoc di sterco e divorato dalle pulci, per accusare il fratello di incuria intenzionale. Poi diede corpo alle voci della tresca tra Luigi e la regina: il 28 maggio (Ascensione), davanti alla folla di fedeli convenuti per la messa, il monaco Jacques Legrand rimproverò  alla regina, in una predica passata alla storia, la sua relazione con il cognato Luigi. 
Il servizio di propaganda organizzato da G
iovanni e costituito da intellettuali, era sufficientemente abile da servirsi di mezze verità che venivano adeguatamente rielaborate. Quando diffusero la notizia di sei carri pieni d'oro intercettati a Metz, per sostenere che la regina affamava la Francia e arricchiva la Baviera, era una di queste mezze verità: si trattava di 57.000 franchi che la regina rimetteva a suo fratello Ludovico per il pagamento di cinque terreni acquistati in Baviera. Ma perché la regina di Francia doveva comprarsi terreni in Baviera? Giovanni si premurò di far sapere che in occasione delle nozze di Ludovico, re Carlo gli aveva regalato 100.000 franchi in gioielli della corona, una somma spropositata, viste le drammatiche condizioni del disavanzo statale, e Isabella ne aveva aggiunti 25.000 dei suoi. 

Nel luglio 1405 Giovanni senza Paura sferrò l'attacco a Parigi, per cui Isabella e Luigi abbandonarono la capitale per Melun, dove insediarono un governo provvisorio. Il povero delfino febbricitante tentò di raggiungerli, ma venne intercettato e preso in ostaggio dal suocero Giovanni. Dopo due mesi di assenza, Isabella e Luigi rientrarono a Parigi, ma senza alcun potere effettivo perché il 26 gennaio 1406 il duca di Borgogna si fece confermare dal re come reggente per il delfino.

Il 29 giugno 1406 a Compiègne si celebrò un doppio matrimonio: Giovanni di Turenna sposava Jacoba di Baviera e Isabella sposava Carlo di Angouleme. La povera ex regina d'Inghilterra era disperata: dopo essere stata la moglie bambina di un re anziano e destituito dopo tre anni di matrimonio, ora che era una vedova  diciasettenne le toccava un cuginetto di cinque anni più giovane e senza alcun futuro politico. Isabella pianse per tutto il matrimonio e si rassegnò a vivere come una prigioniera a Blois con la suocera Valentina (morirà di parto nel 1409).

Il 23 novembre 1407 la regina partorì l'ultimo suo bambino che morì poche ore dopo, quando a Parigi era ormai sceso il buio. Appresa la notizia, Luigi si recò in visita alla cognata al palazzo della Barbette per consolarla, ignaro che tra le ombre della notte in rue Vieille-du-Temple, a due passi dalla porta Barbette, l'attendevano i sicari mandati da Giovanni senza Paura ad assassinarlo sfrontatamente di fronte a testimoni terrorizzati. 

 

Un tragico epilogo

Quando le giunse la notizia dell'assassinio del marito, Valentina era con i suoi figli e con Isabella di Francia, la giovane nuora. L'inverno del 1407 fu uno dei più rigidi, non c'era mezzo di riscaldarsi nemmeno nelle case. Ma non era il freddo che preoccupava la povera duchessa. Il 10 dicembre Valentina uscì dal suo esilio e andò a Parigi ben scortata  per chiedere giustizia al re, senza rendersi conto che l'intelligenza di suo cognato era ormai pura apparenza. 
Carlo non riusciva in effetti nemmeno a capire il senso della richiesta di Valentina, non si rendeva conto che suo fratello era stato assassinato. Abbracciò la cognata, la consolò con frasi di genere e le disse di tornare in pace a Blois. Isabella che assisteva all'incontro consigliò a Valentina di trattenersi a corte in attesa che Carlo ritrovasse uno sprazzo di lucidità. Ma quando Valentina si presentò nuovamente a Carlo chiedendo l'arresto di Giovanni senza Paura, il re era ancora più assente e le speranze di ottenere giustizia erano praticamente nulle.

Una rappresentazione romantica della morte di Valentina attorniata dai figli (in Cappi Bentivegna)Il duca di Borgogna, come una volta aveva fatto suo padre Gian Galeazzo contro lo zio-suocero Bernabò, volle che si aprisse l'8 marzo 1408 un processo contro Luigi. Il suo "avvocato",  il teologo Jean Petit, sostenne che si era reso necessario eliminare Luigi in quanto rappresentava una minaccia per il regno. I capi di accusa erano: lesa maestà per aver praticato stregoneria sul re (quindi le accuse a Valentina erano ricadute su Luigi), aver sostenuto lo scisma cattolico; aver tradito la Francia favorendo l'invasione di Enrico IV di Lancaster. 
Quella notte Isabella aveva dormito con Carlo VI, che il mattino successivo aveva avuto una delle peggiori crisi degli ultimi dieci anni, motivo per cui Giovanni riprese la dimostrazione che la regina era complice di Luigi nello stregare il re e nel volerlo eliminare. Isabella per motivi di sicurezza lasciò Parigi. 
Giovanni doveva ammettere però che, senza la presenza della regina sulla quale far ricadere la responsabilità di decisioni impopolari, non sarebbe riuscito a governare. Isabella fu quindi fatta ritornare a Parigi col delfino il 26 agosto 1408, ma era piena d'odio e pronta a colpire Giovanni senza Paura in uno scontro frontale tra serpenti. Incontrò nuovamente l'esausta Valentina e insieme studiarono una lettera aperta per Giovanni. La regina gli scrisse a Liegi invitandolo a confessare pubblicamente il suo assassinio e a ritirare le accuse contro Luigi. Questa sua uscita allo scoperto le costò in novembre un'altra fuga con tutta la famiglia a Tours.

Ammalata e vistasi persa, Valentina coniò per sé il motto "Plus ne m'est rien, rien ne m'est plus" con una clessidra rovesciata. Si spense a Blois il 4 dicembre 1408 a 38 anni, lasciando i figli Carlo di 14 anni, Filippo di 12, Giovanni di 8 e Margherita di 2 anni. C'era poi il figlio naturale Dunois, che Luigi aveva avuto da Marietta d'Enghien (diverrà il compagno d'armi di Giovanna d'Arco). Per essere stata considerata un'ambiziosa intrigante, bisogna ammettere che la sua vita alla corte di Francia si era rivelata un assoluto fallimento.

 

La disfatta di Isabella

Da questo momento furono Bernardo d'Armagnac e il suocero duca di Berry a sostenere i diritti dei figli di Valentina e Luigi contro il duca di Borgogna. Giovanni senza Paura era riuscito ad ottenere da Carlo VI un bando che dichiarava quei bambini ribelli e pericolosi! Solo quando ebbe tutto sotto controllo, il duca di Borgogna si dichiarò disposto a riconciliarsi con gli eredi del duca d'Orléans in una cerimonia solenne e molto armata che si svolse il 9 marzo 1409 nella cattedrale di Chartres alla presenza del re, tutto contento perché tornava la pace in famiglia. 
Poiché il giovane Carlo era rimasto vedovo di Isabella, il duca di Berry ne approfittò per fargli sposare nell'aprile 1410 Bona, figlia di Bernardo d'Armagnac e di sua figlia Bona. In questo modo si rinsaldò la Lega di Gien contro Giovanni senza Paura composta dai fedeli degli Orléans, dagli Armagnac e dal duca di Berry.

Ma Giovanni senza Paura era convinto di aver finalmente conquistato il trono di Francia, anche se era formalmente occupato da Carlo VI. A Parigi si appoggiò alla corporazione dei macellai, non foss'altro perché erano uomini rozzi forniti di armi da taglio. A un segnale del duca di Borgogna la corporazione seminò il terrore a Parigi: era una mossa strategica per dimostrare che il re era ormai incapace di mantenere l'ordine nel suo stato. 

Chi ne approfittò fu invece il re d'Inghilterra Enrico IV, che reclamò i possessi inglesi stabiliti con la pace di Bretigny e sottratti parzialmente dalle conquiste di Carlo V. Enrico offrì abilmente il suo aiuto a Giovanni in cambio della nuova ratifica degli accordi di Bretigny. 

Christine de Pizan presenta il suo libro a Isabella di Baviera (particolare)Isabella si trovava in questa situazione: Enrico IV le aveva ucciso il genero Riccardo II, Giovanni voleva scippare il trono al marito, Bernardo d'Armagnac si era autonominato difensore degli Orléans, suo marito viveva in un'altra dimensione, le figlie sposate erano infelici, il suo delfino era in ostaggio del suocero Giovanni e suo fratello Ludovico per motivi di sicurezza era fuggito nell'Hainault. Le rimaneva solo lo zio duca di Berry, ben poca consolazione quando nel maggio 1413 la crisi sociale e politica esplose e ci fu un attacco al palazzo di Saint Pol. Isabella ne uscì salva e fissata nella sua occupazione preferita, organizzare matrimoni.

Il 1° ottobre 1413 fece risposare suo fratello Ludovico con Caterina d'Alençon e il 18 dicembre fidanzò suo figlio Carlo, di 10 anni, con Maria d'Angiò, figlia di Luigi II. Ma a breve si sarebbe occupata di un matrimonio ben più interessante. Enrico IV era morto e aveva lasciato il trono al figlio Enrico V, intenzionato a riprendersi i territori francesi e a legittimarne le pretese sposando Caterina di Francia. Ambasciatori inglesi arrivarono con queste proposte dal duca di Berry, che ne fu sconcertato. Anticipando la regola del silenzio assenso, il 14 agosto 1415 Enrico V, alla testa di un ben organizzato esercito, sbarcò in Francia e pose l'assedio a Honfleur. Il 25 ottobre ci fu la disfatta francese ad Azincourt: Carlo d'Orléans e Giovanni di Borbone furono catturati e trasferiti in Inghilterra (Carlo vi resterà prigioniero per 25 anni, incanalando la sua malinconia nella vena poetica che lo renderà famoso).

Isabella accusò il colpo, si ammalò e appresso a lei il delfino, che morirà il 18 dicembre 1415 di tubercolosi. Il 29 dicembre seguente Bernardo d'Armagnac assunse la carica di connestabile e l'opposizione del duca di Borgogna risorse più violenta, senza gli interventi moderati dello zio duca di Berry, morto nel giugno 1416. Il 5 aprile 1417 morì l'altro figlio, Giovanni, di una mastoidite di Bezold. Dei dodici figli partoriti, solo cinque erano ancora in vita. 
La sconsolata Isabella si rinchiuse a Vincennes e da lì osservava con trepidazione l'ascesa del suo ultimo maschio Carlo, di 14 anni. Nonostante i suoi 46 anni oggi ci sembrino molto pochi per essere messa fuori gioco, Isabella viene descritta dai contemporanei obesa, gottosa e semiparalitica, perché si poteva spostare solo su una sedia a rotelle o a cavallo. Ma sarà proprio l'accusa di tradimento con il gran maggiordomo del palazzo Luigi de Boidsredon a metterla fuori gioco: l'Armagnac aveva trovato il modo di eliminarla una volta per tutte. Mentre il maggiordomo veniva giustiziato, Isabella fu imprigionata a Tours, da dove verrà fatta fuggire il 2 novembre per trasferirla in Borgogna. Bernardo trasse la conclusione a voce alta di una nuova tresca tra lei e il suo antico nemico Giovanni senza Paura. 
Isabella costituì un governo provvisorio a Chartres nel novembre 1417 con l'appoggio di Giovanni senza Paura che nella notte del 29 maggio 1418 sferrò un attacco a Parigi, facendo uno sterminio di Armagnacchi. Il 12 giugno Bernardo d'Armagnac fu giustiziato e il 14 luglio Isabella poté rientrare col titolo di reggente a Parigi, dove il re suo marito l'accolse con grandi onori, come se fosse tornata da un viaggio e ignaro di aver firmato lui il suo esilio. 

L'assassinio di Giovanni senza Paura nel 1419 sotto gli occhi del delfino Carlo portò la Borgogna definitivamente sotto il controllo inglese. Isabella si adoperò affinché Carlo VI firmasse il Trattato di Troyes l'8 maggio 1420 nel quale diseredava suo figlio e nominava suo erede Enrico V d'Inghilterra, al quale dava in moglie la figlia Caterina. Per l'occasione venne eseguito uno stendardo di m 1,45 x 1,90 con la Madonna della Misericordia che protegge sotto il suo manto la corte di Francia con Carlo VI, Isabella, i duchi di Berry, Angiò e Orléans. Lo stendardo si trova al Museo Crozatier di La Puy en Velay ed è un'interessante fonte iconografica della casa reale. Il Trattato di Troyes fu l'ultimo atto politico di Carlo VI che morì il 21 ottobre 1422.

Poiché era stato diseredato per volontà dei genitori, al povero successore Carlo VII non restò che ritirarsi a Mehun in un governo legittimista riconosciuto da buona parte della Francia. Carlo era però debole di corpo e di mente ed era sotto il controllo di uomini della sua corte. Nei territori inglesi in Francia si ebbe la reggenza del duca di Bedford per conto del piccolo Enrico VI, figlio di Caterina di Francia.  E' in questo contesto che si colloca la vicenda di Giovanna d'Arco, che permise l'incoronazione a Reims di Carlo VII. La nonna Isabella dovette rassegnarsi ad assistere da lontano e in assoluto isolamento a Parigi a questi avvenimenti, ai quali aveva contribuito in modo rilevante. Si spense nel 1435, a 64 anni. Per il resto, è un'altra storia.

Ritratto funebre di Isabella di BavieraRitratto funebre di Carlo VI

Bibliografia

Fonti

Jean Froissart, Chroniques, libro IV, Stock 1997
Jean Juvénal des Ursins, Histoire de Charles VI
Religieux de St Denis, Histoire du règne de Charles VI

Saggi storici

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Cappi Bentivegna Ferruccia, Valentina Visconti duchessa d'Orléans, Treves, Milano1937
Clin Marie-Véronique, Isabeau de Bavière, Perrin 1999
Collas Emile, Valentine de Milan
Comani, I denari per la dote di Valentina Visconti, ASL 1901, pp. 37 e ss.
Famiglietti R., Royal Intrigue: Crisis at court of Charles VI, 1392-1420, New York 1986
Nollier Inès, Isabeau de Bavière, Editions du Rocher 1996
Romano G., Il matrimonio di Valentina Visconti e la Casa di Savoia, Messina 1889
Romano G., Valentina Visconti e il suo matrimonio, Archivio Storico Lombardo 1898, da pag. 5
Romano G., Tornandoci sopra (a proposito di recenti studi sul matrimonio di Valentina Visconti col duca di Turaine), ASL 1902, pp. 99 e ss.
Thibault M., Isabeau de Bavière, reine de France, Paris 1903

 

Ultima modifica: martedì 01 ottobre 2002

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