S. Pietro Martire
Un campione nella lotta contro gli eretici
di Maria Grazia Tolfo
Nel 1232 entrò nel convento di S. Eustorgio Pietro
da Verona, uno dei più abili ed intelligenti predicatori che la Chiesa
cattolica era riuscita a strappare dal novero degli eretici.
Pietro era nato a
Verona intorno al 1205 da una famiglia aderente all'eresia catara e
quindi conosceva dall'interno l'ambiente ereticale, probabilmente
nella versione del dualismo assoluto proposto dalla chiesa di
Desenzano.
Dopo l'ingresso di Pietro nell'ordine recentemente fondato dei
Domenicani, fu proprio papa Gregorio IX a sceglierlo per la sede milanese
e a munirlo di poteri per la repressione dell'eresia, non tanto come
giudice istruttore nei processi, quanto come
missionario apostolico incaricato di rilanciare con la sua foga oratoria
il minacciato prestigio della Chiesa cattolica.
Strategie organizzative
La prima cosa che Pietro constatò fu che le misure adottate
dall'arcivescovo e dal podestà si arenavano davanti al tacito
appoggio che il Comune di Milano accordava agli eretici. Era assolutamente
indispensabile avere una forza popolare capace di imporre
l'applicazione delle leggi votate nell'assemblea legislativa del
Comune e quindi occorreva formare laici istruiti e combattivi.
A questo scopo Pietro fondò un'associazione di militanti detta Società
della Fede o dei Fedeli, che il 17 settembre 1233 riuscì a far
inserire a forza il decreto di Gregorio IX contro gli eretici nello
statuto di Milano, che prevedeva sanzioni concrete e senza
scappatoie. L'effetto immediato furono i roghi accesi a Milano fra
ottobre e novembre di quell'anno per gli eretici in attesa
dell'esecuzione, ricordati nella lapide sotto la statua equestre del
podestà Oldrado da Tresseno sul Broletto appena terminato.
Il 1° dicembre 1233 il pontefice scriveva all'arcivescovo di Milano
per lodare lo zelo dei Domenicani e dei Francescani e si
congratulava col popolo milanese.
L'altra confraternita fondata sempre nel 1232 da Pietro da Verona
era ispirata al culto mariano, con chiaro intento polemico contro
quegli eretici che negavano la perpetua verginità di Maria. La
confraternita organizzava prediche una sera alla settimana nelle
parrocchie, in modo da poter raggiungere tutti gli interessati.
Nella raccolta fatta da fra' Nicola da Milano delle prediche tenute
tra il 1273 e il 1293 e a noi pervenuta si nota come la teologia
mariana venga presentata facendo perno su immagini della vita
quotidiana, attinenti al lavoro di artigiani e bottegai.
Riferito al culto mariano è l'episodio della Madonna e del Bambino
con le corna, immortalati da Vincenzo Foppa nella Cappella
Portinari in S. Eustorgio. Si narra che un giorno, mentre fra'
Pietro celebrava la messa, il diavolo entrò nell'icona della
Vergine sopra l'altare. Pietro se ne accorse e, munito di un'ostia
consacrata, riuscì a scacciare il temibile occupante. E' una bella
immagine che ovviamente traduce a livello divulgativo la lotta per
affermare il dogma della Immacolata Concezione. I catari sostenevano
infatti che Maria non partorì il Figlio, ma che lo Spirito Santo la
fecondò dall'orecchio e il Bambino si materializzò accanto a lei
al momento della nascita.
L'estinzione della chiesa catara milanese
Oltre alla capacità organizzativa, Pietro dimostrò subito di
ottenere grande successo nelle conversioni dei catari, al punto di
provocare o accelerare l'estinzione della chiesa di Concorezzo,
visto che il vescovo cataro Desiderio nel 1235 modificava le
sue posizioni dualiste fino al punto di rifiutare il testo base La
Cena segreta per smussare l'attrito con la Chiesa cattolica.
Raniero Sacconi, dottore cataro appartenente da diciassette anni
alla chiesa di Concorezzo, abiurò nel 1245 e si dedicò a comporre
in cinque anni la Summa de heresis, una memoria della
dottrina da lui professata, utile per approfondire i poli del
dibattito dottrinale.
Dal 1241 l'impegno antiereticale dell'istituzione
ecclesiastica si rafforzò a Milano con l'azione dell'arcivescovo
Leone da Perego (1241-1257), già ministro provinciale dell'ordine
francescano di Lombardia, così lapidariamente giudicato da
Salimbene de Adam: "Fu famoso e solenne predicatore e grande
persecutore degli eretici".
La triade al governo del comune milanese, composta da Guglielmo
da Rizolio, Gregorio da Montelongo e Leone da Perego, si
dimostrò particolarmente combattiva contro le eresie ed efficiente
nel pianificare la lotta. Nel 1239 i tre scesero in campo fianco a
fianco con l'esercito milanese contro Federico II, che scrisse
lamentandosi del fatto al re d'Inghilterra (G. Giulini, Memorie, IV,
p. 395).
Lo sfondo politico
Alla morte di Gregorio IX il 22 agosto 1241,
festeggiata da Federico II nei suoi domini, si verificò il triste
episodio dei cardinali sequestrati nel Septizonium a Roma, in
quello che è considerato il primo conclave (nel senso che i
cardinali vennero rinchiusi in una stanza e privati sempre più di
cibo man mano che passavano i giorni) per eleggere al più presto il
nuovo papa.
L'elezione di Celestino IV, al secolo Goffredo da Castiglione,
avvenne in condizioni di tale precarietà igienica, che il papa
morì subito dopo (10 novembre 1211), senza neppure vedere la
cattedra di Pietro. I cardinali sparirono per circa un anno e mezzo,
sicché tutto il il 1242 fu un anno di vacanza del potere
pontificio.
In questo vuoto si verificò ad Avignone il 28
maggio 1242 l'assassinio di dieci membri dell'Inquisizione, punta
estrema di una congiura per eliminare il re di Francia, sostenitore
della Chiesa romana, in cui rientravano il conte di Tolosa Raimondo
VII, Ugo di Lusignano, il re d'Inghilterra Enrico III, i conti di
Occitania e Federico II. L'attacco alla sede dell'Inquisizione,
guidata da Raimondo Trencavel, servì anche per bruciare i registri
degli interrogatori, colpi di delazioni fatte sotto tortura.
L'attentato venne strumentalizzato, appena restaurato il potere
pontificio, per scatenare una nuova crociata contro l'Occitania, in
modo da giustificare l'appropriazione di quel territorio da parte
del fedele - e opportunista - re di Francia.
Il 16 marzo 1244 ebbe il suo epilogo la resistenza catara occitana a
Montségur col rogo di 205 persone. Il vescovo cataro di Tolosa,
Bernardo Marty, si rifugiò a Cremona.
Un indiretto e involontario aiuto alla politica espansionistica
francese venne anche dal comportamento estremistico di Federico II,
che nel 1244 obbligò papa Innocenzo IV a fuggire da Roma per
sottrarsi alle sue minacce, trovando offerta di rifugio proprio in
Francia. Lione parve un luogo particolarmente garantito per il
soggiorno papale, perché il governo della città era in mano a un
arcivescovo. Da qui partirono gli inviti per il 13° Concilio
ecumenico, che si aprì il 28 giugno 1245 nella cattedrale, con lo
scopo precipuo di scagliare tutti gli anatemi possibili contro
Federico II. Il 17 luglio venne emessa la sentenza di indegnità nei
confronti dell'imperatore, con conseguente deposizione.
Il trionfo di
Pietro da Verona a Firenze
Dalla fine del 1244 Pietro da Verona era a
Firenze, dove predicava in S. Maria Novella. L'entusiasmo della
folla ai suoi sermoni fu tale che bisognò allargare la piazza,
anche grazie alle delibere della Società della Fede. Rafforzati di
tale sostegno, Pietro e il compagno fra' Ruggero Calcagno
impostarono all'inizio del 1245 un processo di estrema durezza
contro gli eretici fiorentini Baroni, rei di aver dato ospitalità
ai vescovi catari Brunetto e Torcello. I due inquisitori,
appoggiandosi alla Società della Fede (che contava la maggioranza
dei Capitani del Popolo), tentarono di scavalcare il podestà Pace
da Pesamigola (BG), che ovviamente ordinò la revoca della sentenza
contro i Baroni. I due inquisitori inclusero per tutta risposta il
podestà nell'elenco degli eretici, usando il pulpito di S. Maria
Novella come altoparlante dei loro proclami. Il podestà tentò di
sciogliere con la forza la Società della Fede, ma il popolo minuto,
che sosteneva l'opera degli inquisitori, si offrì con grande
entusiasmo di applicare la sentenza di demolizione delle case e
sequestro dei beni dei condannati! Per il veronese Pietro, che aveva
suscitato questo vespaio, furono momenti di esaltante trionfo.
Visti i successi di popolo, il 13 giugno 1251
Innocenzo IV affidò a Pietro una delicata missione di pace a
Cremona, dove si trovava il vescovo cataro di Tolosa, e nel
settembre di quell'anno lo nominò inquisitore generale per i
territori di Milano e Como, con sede nel convento di S. Eustorgio.
La reazione contro la nomina non venne tanto da Milano, quanto dal
territorio di Como, donde prese le mosse una congiura per eliminare
lo scomodo frate domenicano.
L'assassinio e la beatificazione di Pietro da
Verona
di Matteo Sormani Turconi
Pietro
da Verona sarebbe stato capace di diventare uno dei migliori capi
eretici che ha concorso a far bruciare, al contrario è diventato un
Santo, quando, il 6 aprile del 1252, venendo da Como verso Milano,
fu freddato nella brughiera di Faroa,
presso il Seveso; era il giovedì Santo di quella quaresima.
Gli assassini furono due esponenti della stessa famiglia da cui
discese Stefano
Porro, coadiuvati da altri membri della loro schiatta che
possedevano, a vario titolo, quasi tutte le torri d’avvistamento
della zona, ivi compresa quella di Farga dove avvenne l’omicidio.
Un documento giuridico edito in tempi recenti cita gli assassini con
i nomi di Pietro e Albertino Porro, quest’ultimo per la potenza
della sua famiglia fu occultato sotto le spoglie di un Carino da
Balsamo mai nato. In altri atti, di provenienza notarile, sono
citati come Pietro detto l’Uccellatore e Albertino detto il
Magnifico.
Il
corpo esamine di fra’ Pietro da Verona fu quindi trasferito nella
chiesa abbaziale di San Simpliciano di Milano, mentre le spoglie di
fra’ Domenico furono ospitate dapprima nel monastero delle benedettine di Meda,
indi nella chiesa di San Marco della città meneghina.
La
notizia dell’omicidio giunse in breve tempo a Milano ove risiedeva
il podestà della città Pietro Avogadro.
Un gruppo di malintenzionati lo prelevò con forza dal suo palazzo
accusandolo di complicità nell’omicidio e nella seguente fuga
degli assassini. Legatolo fu condotto nella piazza posta davanti
all’ingresso dell’arcivescovado. Pietro Avogadro fu accusato di
aver aiutato gli assassini a fuggire da Farga e quindi fu denunciato
per eresia, eppure, incomprensibilmente, fu tratto in salvo
dall’arcivescovo Leone da Perego.
La
fazione nobiliare chiese la revoca del mandato al podestà e
l’assegnazione di speciali poteri all'arcivescovo, invece la
Credenza di sant'Ambrogio intravide una tattica per abrogare la
rappresentanza dei ceti popolari. Per acquietare le parti si chiamò
a Milano l’aleramico Manfredi II di Lancia, marchese d'Incisa, un
sostenitore di Federico II.
All’inizio
del 1253 Leone da Perego, con molti patrizi milanesi e centinaia di
domenicani, si portò a Perugia ad implorare innanzi a Innocenzo IV
la beatificazione di Pietro da Verona, concessa il 9 marzo dello
stesso anno; nell’aprile successivo il corpo dell’eroe della
fede fu esposto nella piazza di Sant’Eustorgio e quindi riposto in
un’urna offerta da Tazio di Mandello, abate di San Simpliciano,
incisa più tardi, nel 1340, dallo scultore Giovanni di Balduccio da
Pisa. Nel 1254 l’arcivescovo Leone da Perego abbandonò la
metropoli per il Seprio e la Martesana, si recò quindi a Roma, ma
non fece più ritorno a Milano, spegnendosi in Legnano il 14 ottobre
del 1257 .
Sul
luogo del misfatto sorse una chiesa ed un convento, oggi sede del
rinomato seminario arcivescovile detto appunto di “Seveso
San Pietro”, a suo tempo anche il potente Bartolomeo Arese non
lesinò denari al mantenimento di questa istituzione. In questo
luogo di pace ha compiuti i primi studi anche il nostro attuale
arcivescovo Dionigi Tettamanzi.
Altre indicazioni bibliografiche:
Fumagalli Vito, In margine all'"alleluja"
del 1233, in "Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il
Medioevo e Archivio Muratoriano", 80 (1968), pp. 257-272
Merlo Giovanni Grado, Pietro da Verona - S. Pietro
Martire. Difficoltà e proposte per lo studio di un inquisitore
beatificato, in Culto dei santi, istituzioni e classi sociali in
età preindustriale, a cura di S. Boesch Gajano e L. Sebastiani, L'Aquila-Roma
1984, pp. 471-488
Perelli Cippo Roberto, La diocesi alla metà del
tredicesimo secolo, in Diocesi di Milano, pp. 259-284 (pp. 274-276
per Pietro da Verona)
Violante Cinzio, Eresie urbane ed eresie rurali in
Italia dall'XI al XIII secolo, in Medioevo ereticale, a cura di
Ovidio Capitani, Bologna 1977, pp. 185-212.
Ultima modifica: domenica 11 maggio 2003
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