La grande rete delle infrastrutture
di trasporto (strade, ferrovie, tram, metropolitane, ed anche canali ed
autostrade) che è così tipica di ogni città moderna, quindi anche di Milano,
nel corso del secolo XX, e in particolare dopo la seconda guerra mondiale, si è
arricchita di quella invisibile trama di rotte aeree, che sempre più fittamente
hanno iniziato a collegare la nostra città non solo con paesi e città del
territorio italiano ed europeo, ma anche con quelle del mondo intero.
L’idea di prendere l’aereo, per
andare in giornata a Roma per lavoro, o alle Maldive in viaggio di nozze, è
diventata comune come quella di prendere il treno, e così anche Milano, ha
cominciato ad essere associate, nella memoria collettiva di milioni di
viaggiatori, non solo ai nomi delle sue stazioni ferroviarie, ma anche a quelli
dei suoi aeroporti. Senza aeroporti ed aerostazioni non sarebbe ovviamente
possibile usufruire del mezzo aereo, e ci pare giusto, pertanto, dedicare a queste
ormai fondamentali infrastrutture una attenzione particolare. La storia degli
aeroporti cittadini si intreccia comunque, inesorabilmente, non solo con le
vicende di quel “secolo di aviazione” di cui si è recentemente tanto parlato,
ma anche con avvenimenti più remoti che rimandano ai primordi dell’aviazione,
ed il navigatore più curioso potrà anche trovare traccia, nelle brevi storie sui palloni e sulle macchine volanti a Milano, di come, e quando, i
milanesi si sono inizialmente accostati al volo.
La storia degli attuali aeroporti civili di Milano comincia
nei primi anni ’30, quando l’aeroplano, simbolo per antonomasia di progresso,
di ardimento e di velocità, aveva già da tempo conquistato la fiducia degli
ambienti della Milano che conta, anche come mezzo di trasporto, tanto che si
sentì l’esigenza di dotare la città di uno scalo aereo più moderno ed
attrezzato di quel campo di volo di Taliedo, sul quale era fino
allora vissuto il mondo aeronautico meneghino.
Così, nel 1932 diverse autorità milanesi, guidate dal
podestà Marcello Visconti di Modrone, proposero ad Italo Balbo[1],
allora ministro dell’Aeronautica, di chiudere al traffico l’aerodromo di
Taliedo e di impiantare un nuovo aeroporto. La proposta, che fu bene accolta,
era maturata nel clima di ripresa economica, successivo alla grande depressione
del ’29, che faceva intravedere nuove necessità e possibilità per il mondo
aeronautico, civile e militare. Essa in qualche modo suggellava anche il fatto
che Milano si poneva in quegli anni come il principale polo aeronautico
italiano[2].
Esaminate alcune soluzioni alternative[3],
prevalse l’idea di realizzare la nuova struttura a ovest dell’Idroscalo, in modo da realizzare l’integrazione fra lo scalo destinato agli idrovolanti e
quello destinato ai velivoli terrestri.
La città di Milano avviava un progetto ambizioso, un'opera
che sarebbe stata una delle più moderne e più grandi d'Europa. Si trattava, in
effetti, di realizzare un aeroporto che, occupando una superficie di circa
3.000.000 di metri quadri, sarebbe risultato tre volte più vasto di quello di
Taliedo. La porzione più consistente dell’area aeroportuale sarebbe stata
realizzata sul territorio del Comune di Linate[4],
ed una parte minore nei Comune di Segrate e di Milano. Come era successo per
Taliedo si interveniva su di un’area ancora completamente agricola nella quale
le uniche costruzioni erano sette cascine, che furono demolite.
I lavori per la costruzione del nuovo aeroporto iniziarono
nel giugno 1933. L’onere dei lavori fu ripartito fra l’Aeronautica Militare - che
avrebbe eseguito il livellamento dei terreni, il drenaggio delle acque e la
costruzione del gigantesco hangar - e l’Amministrazione comunale di Milano che
avrebbe realizzato l’Aerostazione.
La bonifica idraulica del terreno, pianeggiante, ma ricco di
acque e canali, comportò l'effettuazione di complessi lavori di drenaggio e di
scolo. Furono movimentati mezzo milione di metri cubi di terra e realizzati sei
chilometri di strade perimetrali e di raccordo con il viale Forlanini e
l'Idroscalo; vennero, inoltre, deviate tre linee elettriche ad alta tensione.
Il Corriere della Sera del 11 ottobre 1935 faceva così il
punto sullo stato dei lavori per la “città aviatoria” di Linate, nei suoi
duplici aspetti di idroscalo per idrovolanti, e di campo per velivoli
terrestri:
“...Le prime piogge autunnali hanno attenuato l’intenso ritmo con cui
procedeva il completamento dell’Idroscalo di Linate al Lambro e del nuovo
aerodromo che sostituirà Taliedo.
...tuttavia, la Città Aviatoria delinea già i
suoi aspetti essenziali, si rivela nella sua immensa imponenza benché manchino
ancora le opere edilizie che ne costituiranno il necessario complemento. Per
quanto riguarda l’Idroscalo, i lavori sono a un punto ormai avanzato.
Ma dove il lavoro
ha assunto in questi ultimi tempi un’intensità più evidente è in quel vasto
territorio ad oriente di Linate nel quale sta nascendo il nuovo Aerodromo...
Basta spingersi fino al viale Michele Bianchi per rendersene conto.
Anche sperduta in
quella distesa di campi che ha un’area di 2,5x2 km, l’opera dei trecento
badilanti che l’aeronautica ha posto al lavoro, dà una chiara impressione
dell’andamento dei lavori. Trecento operai, cinque locomotive che fanno
continuamente la spola in 10 km di ferrovia trascinandosi dietro la cigolante
interminabile teoria dei vagonetti...
...Assumendo il
lavoro in economia l’Amministrazione dell’Aeronautica lo conduce a spron
battuto con disciplina e sveltezza militare.
Si vuole che entro
il prossimo anno sia finito Aerodromo e Idroscalo; si vuole che all’inizio
della prossima estate i primi apparecchi possano decollare ed atterrare nel
campo.
Attualmente, resta
ancora da compiere una notevole parte del lavoro di livellatura: circa
centocinquantamila mc di terra da rimuovere.
Ma quando tutta
quella vasta distesa di terreni già irrigui, sarà livellata, resterà ancora da
compiere il lavoro di bonifica agricola.
Occorrerà trattare
quei terreni come se dovessero essere riconsegnati ai coloni: arare, erpicare,
seminare a prato. In altre parole consolidare il terreno perché si conservi
asciutto e compatto.
Il perimetro del
nuovo aerodromo, che ha una forma trapezoidale, con il lato più lungo
delimitato dal viale Michele Bianchi [l’attuale V.le Forlanini, nda], diverrà
una strada di circonvallazione, larga 15 metri con 11 di massicciata utile ai
veicoli e ben 4 di banchina pedonale.
Tale strada maestra
sarà collegata con le arterie provinciali che adducono alla Città’ Aviatoria:
alla Rivoltana, alla Paullese, al viale Michele Bianchi...”
Il navigatore che abbia una qualche familiarità con
l’attuale aeroporto di Linate, con la sua lunga pista orientata in direzione
nord-sud, i suoi grandi piazzali e raccordi asfaltati, farà forse un po’ di
fatica a immaginare le cose com’erano allora, ma l’aeroporto era in realtà poco
più che una grande distesa erbacea livellata, con una modesta pista di 600 m.
tracciata quasi in direzione est-ovest, ed un modesto piazzale in cemento, di
fronte all’aerostazione.
Per quanto riguarda quest’ultima, nel marzo del 1934 il
Ministero dell'Aeronautica bandì un concorso, dal quale risultò vincente il
progetto dell'arch. Gianluigi Giordani, di Bologna. Egli concepì un edificio a
due piani, in stile modernissimo, con il piano terra riservato a
vari servizi, ed il primo piano, destinato ai passeggeri, dove si trovavano la
biglietteria, il servizio informazioni, l'edicola, l'ufficio postale, lo
smistamento bagagli, il bar-ristorante e un albergo.
L’accesso al primo piano
avveniva attraverso due rampe di raccordo dal piazzale antistante
l'aerostazione, mentre per l'imbarco e lo sbarco i passeggeri percorrevano due
pensiline inclinate raccordate con il piazzale di sosta degli aeromobili. Per
determinare il dimensionamento volumetrico dell’Aerostazione, che era concepita
per essere in grado servire contemporaneamente l’idroscalo e l’aeroporto, il progettista era partito dall’analisi dei dati relativi ai modesti
traffici passeggeri-merci in arrivo ed in partenza dall’Aerodromo di Taliedo
nel periodo 1929-1932, ma il progetto era stato concepito in modo tale da
soddisfare per molti anni le esigenze del più intenso traffico aereo allora
prevedibile, dal momento che sarebbe stato attrezzato con tutti i più moderni
dispositivi per una utilizzazione sia diurna che notturna.
Nel 1936 si diede inizio alla costruzione anche della grande
aviorimessa, progettata dall’ingegnere Danusso. Si trattò di un'opera di
dimensioni notevoli ad unica campata sostenuta da due travature metalliche
paraboliche di 235 metri di ampiezza e di 64 metri di profondità con apertura
totale mediante portali in ferro scorrevoli e sovrapponibili. Ai lati
dell'hangar furono sistemati i magazzini delle parti di ricambio, l'officina,
gli alloggi e la mensa del personale militare, nonché gli uffici per le
aviolinee.
L'aeroporto,
intitolato a Enrico Forlanini, fu inaugurato il 21 ottobre 1937, a
sessant’anni dal giorno in cui questi aveva sperimentato il suo primo modello
di elicottero, e fu completato con destinazione esclusivamente civile nel 1938
alla vigilia della seconda guerra mondiale.[5]
Esso consentiva l’operabilità a tutti i tipi di aeromobili
in servizio a quell'epoca[6] che avevano autonomia sufficiente per volare, senza scalo intermedio, da Milano
fino alle principali capitali europee, nord africane e mediterranee. Milano
venne così collegata con Francoforte, Colonia, Amsterdam, Venezia, Torino,
Parigi, Londra, Zagabria, Belgrado, Bruxelles e Monaco, mediante servizi di
linea delle compagnie italiane ALI e Ala Littoria, in accordo con
vettori stranieri come Air France, KLM e Lufthansa. La frequenza minima dei
voli era trisettimanale, ma molte linee offrivano frequenze giornaliere, mentre
in primavera ed in estate il collegamento con la Capitale diveniva
bi-giornaliero. Le rotte interne si snodavano lungo la dorsale della penisola,
congiungendo Milano a Bologna, Roma, Napoli, Palermo, e sulla trasversale
Torino-Venezia, fino ad Ancona; esistevano inoltre dei collegamenti sull'alto
Adriatico gestiti ancora con idrovolanti.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’aeroporto di Linate,
come tutti gli scali italiani, venne completamente militarizzato. L'esercizio
regolare delle nostre aerolinee fu sospeso e gli aeromobili vennero requisiti
per missioni di soccorso.
Nella primavera del 1947, dopo la firma del Trattato di Pace
che restituiva piena sovranità all’Italia, l'attività aeronautica riprese
gradualmente[7]. Con il
rinascere delle attività industriali e commerciali e con l'intensa attività di
ricostruzione del Paese che seguì alla fine del secondo conflitto mondiale, si
evidenziò la necessità di creare una moderna rete nazionale di aeroporti
civili. Quelli esistenti, nella maggior parte dei casi non erano dotati di
collegamenti adeguati con i centri abitati; inoltre le piste, anche se non
danneggiate dalla guerra o ripristinate, risultavano di scarsa o di nessuna
utilità ai fini civili. Tutti gli aeroporti erano soggetti al controllo
dell'Autorità Militare ed i tentativi per convertirli ad uso commerciale si
scontravano con ogni sorta di impedimento burocratico.
Nonostante tutte le difficoltà, al centro della penisola
entrò in funzione lo scalo di romano di Ciampino, mentre sull'ubicazione di un
aeroporto in grado di soddisfare le esigenze dell'Italia settentrionale si
prospettavano diverse soluzioni. Alcuni proponevano l'utilizzo del campo di
Bresso, nel quadro di una rivoluzionaria trasformazione dei nodi
ferroviari e delle grandi vie di comunicazione facenti capo alla città; altri
invece, in alternativa a Linate, auspicavano lo sfruttamento della più lontana
Malpensa, dove esisteva una pista inutilizzata e di notevole dimensione, che
era servita durante la guerra ai tedeschi e successivamente agli Alleati.
In ogni caso, a
Milano, l'aeroporto di Linate riprese a funzionare
nell'aprile del 1947 con un
collegamento per Roma operato dalla compagnia aerea LAI. La pista originaria
era stata velocemente prolungata da 600 a 900 metri mediante l'utilizzo di
“grelle” metalliche, cioè di pannelli d’acciaio perforati e componibili,
introdotti dagli americani, che in tempo di guerra venivano usate per
l'approntamento di campi d'atterraggio di fortuna. La modesta pista non
consentiva però l’atterraggio dei più moderni quadrimotori.
Gli
esordi di Malpensa
Ci sembra a questo punto necessario lasciare momentaneamente
le vicende di Linate, per accennare agli esordi dell’aeroporto di Malpensa,
perché la storia dei due aeroporti nel dopoguerra si intreccia fortemente.
Il destino aeronautico di Malpensa, e più in generale della
brughiera gallaratese, era stato segnato già attorno al 1910 dagli
esperimenti di Giovanni Agusta e di Gianni Caproni, che vi avevano
fatto volare i loro prototipi, e si era andato rafforzando con una serie di
attrezzature militari sorte su aree demaniali attorno alle Cascine Costa e
Malpensa.
Durante la Prima Guerra Mondiale, Malpensa era divenuta una
importante scuola di volo e nel corso del tempo, gli iniziali otto hangars di Cascina
Costa e i dodici sorti in località Malpensa erano stati modificati ed ampliati
sino a costituire una base importante della Regia Aeronautica; in
ogni caso non si deve immaginare la presenza di chi sa quali infrastrutture, in
quanto come per molti degli aeroporti militari di quel tempo, si trattava solo
di una vasta area livellata, tenuta a prato, dalla quale gli aeroplani potevano
decollare nella direzione più opportuna a seconda del vento. Caduto
in mani tedesche dopo l’armistizio del 1943, il campo di Malpensa fu oggetto
di notevoli lavori e vi fu realizzata una pista in asfalto e calcestruzzo, che
fu assai danneggiata dai bombardamenti alleati nelle ultime fasi della Seconda
Guerra Mondiale.
Finita la guerra, i
lombardi dovettero dedicarsi ai compiti più urgenti della ricostruzione.
Inoltre le attività aeronautiche erano pesantemente limitate dalle condizioni
imposte dalla Resa, ma dopo l’entrata in vigore del Trattato di Pace nel 1947,
per iniziativa della società aerea belga Sabena e di un gruppo di
imprenditori di Busto Arsizio fu attivato un collegamento aereo verso
Bruxelles, che riallacciò la Valle Padana e Milano alla rete aerea
europea. I voli anticiparono i tempi di una attività che l'aeroporto di Linate
per la sua eccessiva vicinanza alla città sembrava non avrebbe mai potuto
svolgere; decolli e atterraggi avvenivano dalla pista erbosa dell’ex aeroporto
militare di Lonate Pozzolo, molto vicino a quello di Malpensa, che per
concessione statale fu riaperta all'attività civile.
Da quel primo tentativo si passò nel 1948, su proposta
dell’architetto milanese De Finetti, alla costituzione della società “Aeroporto
di Busto Arsizio S.p.a.- Aeroporto Intercontinentale della Malpensa”, che si
fece carico della riparazione e riattivazione della pista in cemento di 2000
metri per 60 con orientamento sud-est nord-ovest, danneggiata durante la guerra.
L’area di Malpensa fu preferita a quella di Lonate Pozzolo,
per la presenza della pista in cemento (anche se danneggiata), che non esisteva
invece a Lonate, e che ormai diveniva indispensabile per l’atterraggio dei più
moderni, e pesanti, velivoli civili. In quest’ultima area si sarebbe in
prospettiva potuto avere migliori possibilità di futuri ampliamenti, ma la
scarsità di risorse disponibili rendeva allora impossibile iniziare da zero la
costruzione di nuove piste.
La Società cercò subito di ottenere dallo Stato una
convenzione che garantisse la sopravvivenza economica dell'attività. Pur senza
un preciso riconoscimento giuridico, l'aeroporto fu ufficialmente aperto
all’attività civile il 21 novembre 1948. Rapidamente si avviarono i
lavori per dare all’infrastruttura una parvenza di scalo commerciale. Vennero
realizzati il piazzale per la sosta degli aeromobili, il raccordo alla pista di
volo e un minimo di strutture operative e ricettive, ricorrendo a baraccamenti
che sarebbero restati in funzione sino agli anni sessanta.
In poco tempo le infrastrutture tecniche dell'aeroporto
vennero migliorate con la costruzione di una torre di controllo e la
installazione del radar e delle luci di pista per il volo notturno. Il 2
febbraio del 1950 la compagnia aerea americana TWA vi effettuò il primo
collegamento aereo intercontinentale con New York.
Dal 1949 al 1952 gli aerei assistiti annualmente passarono
da 683 a 1.736 e i passeggeri da 11.401 a 56.963. Il riconoscimento giuridico
alla gestione arrivò solo nel 1952 allorché la società stipulò con lo Stato la
“Convenzione 23 aprile” che, per la durata di vent’anni, avrebbe regolamentato
la costruzione, l’allestimento e l'agibilità dell'aeroporto, che venne
considerato civile e privato. Nel 1952 operavano a Malpensa, oltre alla LAI e
all'Alitalia, una decina fra le principali compagnie straniere e, benché i voli
giornalieri non superassero la dozzina, tutto stava ad indicare, con
l'importanza che andava assumendo la città di Milano nella ricostituita
comunità internazionale, la buona intuizione dei promotori dell'iniziativa.
Ma Malpensa aveva un grosso inconveniente: distava quarantacinque chilometri
da Milano. Per questo motivo l’opinione pubblica cominciò a reclamare la
costruzione di un aeroporto più vicino al centro cittadino. A questa difficoltà
i sostenitori della Malpensa, ribattevano facendo presente la possibilità di
creare un collegamento ferroviario veloce con la città, che avrebbe presentato
il vantaggio di svincolare il tempo di percorrenza dalle condizioni
atmosferiche: proponevano dunque un raccordo tra Cascina Costa e la linea
Milano-Domodossola con l'inserimento di corse frequenti a servizio esclusivo
dell'aeroporto. Già dagli anni del dopoguerra il dibattito su Malpensa si
incentrò dunque sulla necessità di adeguati collegamenti ferroviari e stradali
con Milano, un problema che sarebbe ritornato d’attualità cinquant’anni più tardi
col progetto Malpensa 2000.
Gli Enti Pubblici milanesi, che sino a questo momento si
erano tenuti in disparte, non poterono ulteriormente sottrarsi alla discussione
del problema aeroportuale. Fu così che il Comune di Milano, nel 1950, espresse
la volontà di mantenere agibile l'aeroporto di Linate per renderlo atto ad
accogliere continuativamente il traffico continentale, mentre si faceva strada
l'idea di studiare la realizzazione di un nuovo grande aeroporto nel raggio di
una trentina di chilometri dalla città.
L’anno prima, nel 1949, il prof. Aimone Jelmoni, titolare
della cattedra di “Costruzione di strade, ferrovie ed aeroporti” del
Politecnico di Milano, aveva elaborato per conto della Società Aeroporto di
Busto un progetto di fallibilità di un nuovo scalo aereo intercontinentale in
Alta Italia. Dopo aver passato in rassegna tutte le potenzialità esistenti
(furono valutati i siti di Ponte S. Pietro, Bresso, Arcore, Taliedo, Bariano di
Crema, Orio al Serio, Venegono, Vergiate, Linate, S. Damiano e Novi),
scartandole per i più disparati motivi, lo Jelmoni aveva polarizzato la sua
attenzione su tre località: Cameri sulla destra del Ticino a nord di Novara,
Malpensa, sulla sinistra dello stesso fiume, ad ovest di Gallarate, e Lonate
Pozzolo, pure sulla sinistra dei fiume, un po’ più a sud rispetto alla
Malpensa. Lonate era stata identificata come la località più idonea per la
nuova infrastruttura, che secondo i progetti di Jelmoni doveva comprendere due
coppie di piste parallele con direzione nord-sud ed est-ovest,
perpendicolari tra loro. Questa idea sembrava però a molti, poco percorribile,
per lo sconvolgimento che avrebbe determinato al territorio della Lombardia:
l’opinione pubblica si divise quindi, prevalentemente, tra i sostenitori di
Linate e quelli di Malpensa.
In questo clima di contrapposizione, nel 1951,
l'Amministrazione Comunale di Milano optò per l'ingresso nella Società
Aeroporto di Busto con un primo apporto di trenta milioni di lire; nel 1952,
inoltre, nominò una Commissione Tecnica che, nel gennaio del 1954 concluse che
“la soluzione più opportuna per dare a Milano entro un temine relativamente
breve un’adeguata attrezzatura aeroportuale, non poteva essere che quella che
contemperasse i vari elementi funzionali, economici e di pratica realizzazione
progettati in precedenza”. All'atto pratico si ritenne dunque opportuno
perfezionare e ampliare le attrezzature dell'aeroporto Forlanini, conferendogli
la funzione di polo dei traffici nazionali e, comunque, a breve raggio, ed
adeguare le attrezzature del campo della Malpensa alle esigenze del traffico
intercontinentale, migliorando le sue comunicazioni con Milano e la regione
circostante.
L'integrazione dell'aeroporto di Linate con quello della
Malpensa prevedeva la ristrutturazione del Forlanini come prima tappa verso la
definitiva soluzione del problema aeroportuale di Milano resa sempre più
urgente ed improrogabile. II Consiglio Provinciale sottolineava, però, anche
l'urgenza di dar vita ad una commissione che studiasse la possibilità di un terzo
aeroporto[8].
Nascita
del sistema aeroportuale milanese
Dunque, nei primi anni ’50 nonostante Milano avesse urgenza
di disporre di uno scalo aereo moderno, l'infrastruttura della Malpensa
continuava a versare in condizioni di scarsa efficienza, sia per i limiti
dell'iniziativa che l'aveva promossa, sia per gli ostacoli burocratici che
incontrava, mentre sull’aeroporto di Linate gravavano ancora le mire
dell'Aeronautica Militare che, a seguito dei decreti del periodo bellico, lo
considerava di sua esclusiva competenza. Questo faceva sì, anche a causa
dell'indecisione della classe politica milanese circa i programmi di sviluppo
futuro degli aeroporti[9],
che esso rimanesse inagibile; agli ostacoli burocratici, si aggiungevano quelli
tecnici, sia perché la pista esistente era troppo corta rispetto alle esigenze
dei più recenti aeroplani da trasporto, sia perché vari incidenti l’avevano
ripetutamente funestato. Ma le compagnie aeree straniere, che intuivano le
grandi potenzialità dell'aeroporto di Linate data la sua vicinanza al centro
cittadino, ne chiesero l'ammodernamento[10].
Da parte sua lo Stato, a cui sarebbe spettato l’onere di adeguamento della
infrastruttura, si trovava a corto di risorse finanziarie, tanto che nel 1953
sollecitò “un intervento economico dell'Amministrazione Civile e di Enti locali
atto a coprire la metà della spesa prevista (1.500 milioni)”.
Sullo scenario delle aerolinee italiane, nel frattempo,
comparivano l'ATI e la SA.M, sussidiarie dell’ALITALIA (nel segmento domestico
la prima, in quello del trasporto a domanda la seconda) nonché l’ITAVIA
(società privata e concessionaria dei servizi interni a carattere locale) che
in un solo anno incrementarono il traffico del 37% anche su percorsi nazionali
che, trascurati dalle ferrovie, bene rispondevano alle prestazioni dal mezzo
aereo.
Il Comune e la Provincia di Milano, che nel frattempo erano
diventati possessori di gran parte delle azioni della Società Aeroporto di
Busto, nel 1955 vennero definitivamente coinvolti nella amministrazione della
Malpensa e modificarono in “Società Esercizi Aeroportuali-S.E.A”, la ragione
sociale della vecchia società, chiedendo nel novembre dell'anno successivo
l'abbinamento della gestione della Malpensa con quella del Forlanini.
Contemporaneamente l’Amministrazione Comunale milanese si dichiarava
disponibile ad adeguare Linate, sollecitando dallo Stato un contributo
finanziario o un adeguato prolungamento del periodo di concessione “onde
assicurare l'ammortamento del capitale investito”. Il consenso statale, che
dopo travagliate vicende, arrivò nel maggio 1957, era subordinato all'impegno
di dare inizio alla costruzione della pista di Linate contemporaneamente ai
lavori per l'ammodernamento di Malpensa.
Linate doveva servire soprattutto il traffico nazionale ed
altri traffici europei, ma poneva una serie di problemi di natura ambientale e
urbanistica: il rumore avrebbe disturbato i cittadini dei quartieri periferici
e dei paesi limitrofi e si temeva inoltre che la costruzione di un grande
aeroporto di carattere intercontinentale, con una lunga pista, ricreasse la
strozzatura rappresentata in passato dalla cintura ferroviaria, ostacolando nuovamente l'assetto urbanistico della
città. Comunque dopo lunghe discussioni l’ampliamento di Linate fu deciso: la
pista avrebbe avuto una lunghezza di 2.200 metri e una larghezza di 60 metri,
con un orientamento nord-sud, e sarebbe stato inoltre ampliato il piazzale di
sosta degli aeromobili e completamente risistemata l’aerostazione.
A Malpensa le piste sarebbero state due, parallele e
sviluppate anch’esse all’incirca secondo l'asse nord-sud: quella ad est,
attrezzata per il volo strumentale, e lunga 3.915 metri, e quella ad ovest
lunga 2.628 metri; le piste sarebbero state tra loro raccordate da un raccordo
di rullaggio e sul piazzale di sosta aeromobili, a forma di U, si sarebbe
affacciata l'aerostazione passeggeri. Con una simile struttura Malpensa sarebbe
così diventata non solo l'aeroporto principale della Lombardia, ma avrebbe
servito anche tutta l'Italia Settentrionale.
Gli incarichi per il progetto delle piste e per il piano di
sviluppo e di ammodernamento dei due aeroporti furono affidati rispettivamente
al prof. Aimone Jelmoni e all'architetto Vittorio Gandolfi, entrambi del
Politecnico, e l’avvio dei lavori avvenne nel medesimo giorno, il 19 aprile
1958[11].
La S.E.A. ottenne il riconoscimento del carattere
privatistico dei due aeroporti ed una durata trentennale della Convenzione con
lo Stato per la loro gestione. Solo al termine del periodo di concessione le
opere realizzate sui terreni già demaniali e su quelli espropriati dalla S.E.A.
sarebbero diventate proprietà dello Stato. Per avviare la realizzazione
dell'ampliamento della Malpensa nella zona sud ovest dell'aeroporto, la
Convenzione fu poi prorogata di altri trenta anni nel 1971 ed, infine, nel
1985, di altri trenta, onde poter realizzare il progetto che, aggiornato e
finanziato in parte dallo Stato, prese il nome di “Malpensa 2000".
Elaborando il progetto delle aerostazioni di Malpensa e di Linate
l'architetto Gandolfi studiò a fondo la distribuzione sia degli organismi che
dei percorsi. Purtroppo, le precarie condizioni finanziarie in cui versava la
S.E.A. non consentirono una completa realizzazione del progetto. A Malpensa fu
dato preliminarmente il via ad un primo edificio prospicente il piazzale
aeromobili collocando ai piani superiori il gruppo dei ristoranti e al piano
terra alcuni punti di imbarco. L'aerostazione, che era collocata fra le due
piste, a nord del raccordo centrale e del piazzale di sosta, risultò costituita
da quattro corpi, con strutture in calcestruzzo per il piano interrato ed in
acciaio e vetro per i piani superiori, destinati ai viaggiatori delle linee
nazionali.
Ultimata la nuova pista ovest di 2.600 metri,
realizzata in conglomerato bituminoso con testate in calcestruzzo, che si
aggiungeva alla pista preesistente, l’aeroporto divenne pienamente agibile nel
dicembre 1958; furono velocemente conclusi anche i lavori di rifacimento e di
prolungamento della pista ad est, realizzata con le stesse caratteristiche
della precedente.
A completare la funzionalità dello scalo, nel 1962,
entrò in funzione il raccordo con l’autostrada Milano-Varese, realizzato
dall’Amministrazione Provinciale di Varese a spese della S.E.A..
Nel corso del 1959 avvenne una svolta fondamentale nella
storia dell'aviazione: entrarono in funzione i primi aeroplani da trasporto
civile con propulsione a reazione, e cominciò così l'era del “getto”. Nel
giugno 1960 anche l’ALITALIA aprì il collegamento Malpensa-New York con
quadrigetti DC 8, seguita, in novembre, dalla TWA con i similari Boeing 707.
Nel settembre del
1960 fu inaugurata ufficialmente la pista del nuovo aeroporto di Linate, su cui
nel frattempo erano state completate le attrezzature per l'assistenza al volo
e per i voli notturni. Nelle vecchie strutture del Forlanini fu
sistemata un’aerostazione di fortuna, dotata comunque di tutti i servizi
essenziali. Al piano terra venne ospitato provvisoriamente il traffico
nazionale e, al primo piano, quello internazionale. L’unico blocco della
stazione era articolato su due corpi, uno con asse principale nord-sud e fronte
maggiore ad ovest ed uno poligonale verso il piazzale aeromobili;
la costruzione, come quella di Malpensa, aveva strutture in calcestruzzo per il
piano seminterrato, in acciaio e vetro per i piani superiori e seguiva i
medesimi concetti distributivi ed architettonici che avevano ispirato la prima.
L'ampio piazzale antistante costituiva lo snodo di traffico verso il viale
Forlanini, ancora una volta allargato, e sistemato su due corsie, dal Comune di
Milano[12].
Tra l’agosto e il settembre del 1960 fu trasferito a Linate tutto il
traffico nazionale ed europeo, e Malpensa si ridusse ad assistere solo i pochi
voli per il Nord e Sud America. Questo trasferimento avvenne con notevoli resistenze da
parte di ALITALIA, che frappose molte remore
a trasferirvisi da Malpensa. Solamente dopo che a una compagnia straniera, la
libanese LIA, furono offerte condizioni di privilegio per iniziare i suoi voli
su Linate, l’ALITALIA e tutte le altre compagnie straniere lasciarono Malpensa
dove continuarono ad operare solo i voli intercontinentali.
Nuove sfide alla ricettività aeroportuale venivano nel
frattempo poste dalla continua evoluzione del mezzo aereo. Nel luglio 1970, sull’aeroporto della Malpensa debuttò il primo
aviogetto “wide body” Boeing 747 (Jumbo jet) dell’Alitalia, utilizzato sulla
rotta del Nord Atlantico. Il favore del pubblico nei confronti del mezzo aereo,
anche grazie a questi nuovi velivoli, stava intanto crescendo rapidamente,
tanto che i collegamenti con New York, sia per ALITALIA, sia per TWA, divennero
ben presto quotidiani. La grande concentrazione di passeggeri in partenza e in
arrivo alle stesse ore, pose all'aeroporto seri problemi di ricettività che si
acuirono alla fine degli anni ‘80 allorché ai primi due vettori se ne
aggiunsero altri, la Pan Am e la United (e poi anche la Delta Airlines, la
Japan Airlines e la South African Airlines), e i collegamenti con gli USA si
intensificarono con le rotte dirette alla costa del Pacifico.
Entrambi gli aeroporti di Linate e di Malpensa dovettero
adeguarsi alla domanda di espansione, sia in conseguenza dell'aumento del
traffico prodotto da un bacino quale quello lombardo, sia per corrispondere
alle nuove tipologie di aeromobili. A Linate e a Malpensa le aerostazioni
passeggeri subirono, perciò, a partire dal 1967, nuove modificazioni ed
ampliamenti. A Linate, nel 1968, anche la pista fu prolungata di 200 m verso nord.
Una radicale trasformazione delle aerostazioni si ebbe in
conseguenza di due leggi (legge 22/12/73 n.825 e legge 27/07/79 n.299) che
prevedevano stanziamenti a carico dello Stato per l'ammodernamento della rete
aeroportuale nazionale.
La ristrutturazione di Linate portò ad un ulteriore
raddoppio della sala transiti e alla separazione dei flussi dei passeggeri in
partenza ed in arrivo su due piani distinti.
A Malpensa l'esistente aerostazione, ristrutturata ed
ampliata, fu destinata ai soli flussi in uscita, mentre venne costruito un
nuovo edificio per i passeggeri in arrivo e furono installati nuovi sistemi di
smistamento bagagli.
L'inizio degli anni ‘90 venne caratterizzato da ulteriori
piani di sviluppo con una fase di adeguamenti che ha compreso:
- a Linate, la realizzazione di una nuova aerostazione
partenze nazionali servita da passerelle telescopiche, l'ampliamento del
magazzino merci e il riordino della viabilistica,
- a Malpensa, un ampliamento dell’atrio aerostazione partenze,
oltre all’acquisizione di nuovi spazi per le attività commerciali, mediante la
copertura delle terrazze verso il piazzale aeromobili est.
Nuovi parcheggi
autoveicoli furono inoltre acquisiti sui due scali attraverso la creazione di
una società partecipata da S.E.A., la SEA Parking.
Il Ministero dei Trasporti avrebbe dovuto assicurare un
graduale trasferimento a partire dal 1986 del traffico internazionale da Linate
a Malpensa sino a lasciare a Linate solo il traffico nazionale. Si riteneva anche improrogabile il collegamento ferroviario tra Milano, Malpensa e Linate.
I dibattiti circa la definizione dei problemi di inserimento della nuova
struttura nel territorio, con particolare riguardo alla viabilità e al
collegamento su ferro, sono stati una delle connotazioni positive della
successiva fase di maturazione del progetto del nuovo aeroporto
intercontinentale della Malpensa, Malpensa 2000, che ha visto la realizzazione
di una grande aerostazione, completamente nuova, nell’aera ad ovest delle due
piste (è stata inaugurata nel 2001). Ma questa è storia recente, che lasciamo
volentieri alle cronache quotidiane.
L’Aeroporto
di Orio al Serio
Dopo Linate e Malpensa un terzo aeroporto, quello di
Bergamo, ha assunto, negli anni recenti un ruolo sempre più importante nel
sistema aeroportuale milanese, sia come aeroporto alternato nel caso di
inagibilità di Linate, sia come scalo preferito da compagnie aeree
specializzate. Sorta nel 1970 per iniziativa della Camera di Commercio di
Bergamo, su suggerimento dei soci del locale Aeroclub, la Società per
l'Aeroporto Civile di Bergamo - Orio al Serio - S.A.C.B.O. S.p.A. conta tra i
suoi azionisti, il Comune e la Provincia di Bergamo e la Banca Popolare di
Bergamo e, dal 1990, anche la S.E.A. che ha assunto una partecipazione azionaria
del 20%, con previsione di elevarla al 40.
Nel 1971 lo Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare
consentì, nell’aeroporto militare che occupava una vasta area di terreno fra
Bergamo e Seriate, la riqualificazione della pista esistente di 1.500 metri,
successivamente prolungata a 1.850, la realizzazione di un piazzale per la
sosta degli aeromobili e la costruzione di una aerostazione provvisoria in
modo da rendere l'aeroporto operativo per i voli civili dal 21 marzo 1972. Nel
comprensorio che va dal Lago di Garda al Lago Maggiore si è così completato un
complesso di quattro piste, ben integrate tra loro per locazione e
specializzazione, in grado di servire un traffico di venti milioni di
passeggeri.
Analogamente alla S.E.A, la S.A.C.B.O. ha ottenuto dal
Parlamento il riconoscimento dello status giuridico privato dell'infrastruttura
ed ha affrontato l’impresa di far convergere su Bergamo linee internazionali
economicamente e commercialmente valide.
L’iniziativa non ha avuto all’inizio vita facile, sia nella
stessa Bergamo, sia in ambito regionale, dove le ambizioni del nuovo scalo
furono subito guardate con sospetto. In particolare le opposizioni vennero
proprio dalla S.E.A., in quanto la presenza del nuovo aeroporto con rotte in
entrata ed in uscita a pochi chilometri da Milano, creava alcune limitazioni
operative a Linate. Inoltre le spinte della Regione Lombardia, al cui interno
esponenti di spicco delle forze politiche bergamasche occupavano posizioni di
rilievo, “in favore di un servizio più articolato e distribuito su più sistemi
aeroportual” e il richiamo insistente alla “esigenza obiettiva di un terzo
aeroporto primario”, nel quale non era difficile individuare Orio al Serio,
fecero temere che si volesse insabbiare il progetto di Malpensa 2000.
La volontà di addossare, inoltre, costi di gestione e oneri
di completamento dello scalo di Orio alla S.E.A., in un momento ancora di bassa
redditività di Linate e Malpensa, accrescevano le preoccupazioni della società
milanese. Alla fine comunque ci si mise d'accordo; in particolare un Convegno
tenutosi alla Camera di Commercio di Bergamo il 10 agosto 1987 rappresentò il
riconoscimento di fatto di Orio come “terzo polo” aeroportuale lombardo.
La S.A.C.B.O. procedette al potenziamento operativo dello
scalo durante gli anni '80 con l'ampliamento del piazzale aeromobili, il
prolungamento della pista sussidiaria e la realizzazione di un'aerostazione
passeggeri più confortevole. La deregulation e la liberalizzazione dovute
all'introduzione del mercato unico europeo destarono l'interesse per Orio di
compagnie aeree straniere, sicché iniziarono ad operare a Bergamo Swissair e
British Airways. In tal modo l'integrazione di Orio con Linate e Malpensa è
diventata effettiva, con la specializzazione dei ruoli: intercontinentali e
internazionali a Malpensa, nazionali a Linate, charters e negli ultimi anni
anche il crescente settore del “basso costo” a Orio; ciò ha consentito una
simbiosi dei tre scali, che tra qualche anno potrebbe essere ancora maggiore se
verranno completati i collegamenti ferroviari verso l’aeroporto bergamasco.
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