L’ubicazione
La storia di palazzo Bolagnos, poi
Viani, ed infine Visconti di Modrone-Grazzano, comincia all’inizio del Settecento, in Porta Orientale,
nella contrada della Cervietta (poi via Cerva 44, e oggi, come ribattezzata recentemente
nella sua ultima parte, via Cino del Duca).
Portale e Cortile del Palazzo
La zona era caratterizzata per la
presenza di quattro chiese: San Babila, San Romano, Santo Stefano in Borgogna e
San Damiano. Le ultime tre persero la loro funzione religiosa tra la fine del
settecento e la metà dell’ottocento, e vennero poi demolite negli anni
successivi.
Nell’isolato compreso tra la via
Cerva, il corso di San Romano (oggi Monforte), la via di Santo Stefano in
Borgogna (oggi solo Borgogna), e il terraggio di San Damiano (oggi via Ronchetti), si
trovavano alcune abitazioni nobiliari: casa Pieni, casa Figini, casa Masserati,
e casa Serponti.
La casa da nobile Figini, d’origine secentesca, è il nucleo principale della costruzione
di palazzo Bolagnos, ed era descritta come una grossa casa civile che si
sviluppava su due livelli, e che poteva godere di un vasto giardino annesso.
L’edificio passa nei primi anni
del settecento al conte Boselli, la cui figlia, Isabella, sposa nel 1708
Giuseppe Bolagnos, che ottiene così l’edificio quale bene dotale.
Giuseppe Bolagnos
Navia
Giunto in Italia al seguito di
Carlo VI, dal 1710 ottiene la reggenza del Consiglio d’Italia e la luogotenenza
della Regia Camera di Napoli.
Ottenuto il diploma di
cittadinanza milanese, entra a fare parte del patriziato della città con tutti
i privilegi conseguenti. Dal
1717 al 1727 è reggente togato per lo Stato di Milano all’interno del Supremo
Consiglio di Spagna (nuovo organo che riunì il Consiglio d’Italia e la Giunta d’Italia).
Nel 1718 è nominato decurione.
Nello stesso anno l’imperatore gli dona i feudi di Fracchia, Pizzighettone,
Regona ed
altre terre, col titolo marchionale nella sua persona e con diritto di
trasmissione del feudo.
I lavori su casa Figini-Boselli
All’inizio del Settecento, nell’atto
costitutivo di dote di Isabella Boselli, l’edificio è descritto come una casa
grande da nobile con almeno due appartamenti al primo piano e uno al piano
terreno, giardino, stalla, cucine e cantina. L’esistenza del giardino, che
occupa la parte di lotto verso il terraggio, è desumibile dall’atto di acquisto
della casa Pieni , tanto che al marchese Giovanni Antonio Serponti che intende estendere la propria residenza
sino al confine con la proprietà Boselli, è consentita l’apertura di due
finestre, una per piano, con il solo diritto di luce e aria ma non di vista.
Il palazzo che andava così
formandosi si estendeva verso la contrada della Cervietta, con una corte
d’onore, sicuramente una corte di servizio oltre che un giardino verso il terraggio
di San Damiano.
Giuseppe Bolagnos non solo migliorò la proprietà avuta dal
suocero, ma iniziò anche ad ingrandirla, rivolgendo le sue mire alle proprietà
confinanti.
Nei costumi d’epoca, infatti, il
palazzo di città occupava un posto privilegiato tra i monumenti famigliari
(palazzi, cappelle gentilizie e ville) che assumevano il valore di segni
tangibili di autocelebrazione, monumenti che potessero testimoniare l'antichità
e la continuità della presenza della famiglia in quel ristretto gruppo elitario
che aveva le credenziali per continuare a occupare o per aspirare a occupare le
cariche pubbliche di maggior prestigio, e potere.
Si consideri che un ricco e
prestigioso palazzo in città conferiva credibilità e credito al proprietario,
consentendogli di ospitare personalità di rilievo, per intrecciare una rete di
relazioni ai più alti livelli che potevano fruttare privilegi di varia natura.
La casa Pieni
La casa da nobile Pieni confinava
per un lato con la casa Figini-Boselli e come quest’ultima occupava un lotto
con due affacci verso strada, sul terraggio di San Damiano e sul corso di Santo
Stefano in Borgogna. L’ultimo confine è adiacente da una parte alle proprietà
del marchese Serponti e del
monastero di Santa Marcellina.
L’immobile, acquistato nel 1713
dal marchese Serponti, viene poi diviso tra il conte Boselli e lo stesso
marchese Serponti.
La proprietà Bolagnos si amplia
così arricchendosi della quasi totalità della casa Ponti, ad esclusione della
corte rustica, del portichetto, della stalla e di un cortiletto di servizio, che
restano ai Serponti.
La residenza dopo tali
acquisizioni appariva disposta con una pianta a C intorno alla corte nobile di
forma quadrilatera e regolare. Il corpo di fabbrica verso il corso di Santo
Stefano in Borgogna comprende un tinello,
la rimessa e la dispensa . Le stanze dedicate al
soggiorno sono situate al piano terreno nella parte più privata del lotto, tra
la corte e il giardino, nel corpo di fabbrica parallelo al corso di Santo
Stefano in Borgogna.
Qui una saletta e due sale allineate comunicano con l’andito che porta al giardino e con un’altra sala in
posizione secondaria rispetto alla corte nobile. Verso quest’ultima si affacciano
altre due stanze che con la saletta già citata, costituiscono un’altra sequenza
verso il giardino, posta perpendicolarmente al corso Santo Stefano.
La corte principale presenta due
lati porticati ad arco su colonne in pietra, il primo libero addossato al
confine di proprietà con il giardino Bolagnos, mentre il secondo serve la parte
di corpo di fabbrica che dà verso la strada della Cervietta. La colonna posta
all’incrocio dei due portici in corrispondenza dell’andito di ingresso è stata
levata per consentire l’ingresso delle carrozze. La scala principale, in
pietra, che conduce al piano superiore è posta nell’angolo sinistro della
corte, in asse con il portico.
L’andito d’ingresso al palazzo,
collocato nell’estremo destro della fronte verso la contrada della Cervietta, è
in asse con un altro andito che introduce al giardino. I due accessi sono
collegati mediante uno dei lati porticati della corte, in quattro campate, che
mantiene la stessa loro profondità.
La casa Banfi
L’espansione delle proprietà
prosegue con l’acquisto da parte di Giuseppe Bolagnos dei lotti contigui alla
residenza principale. In questa situazione si può comprendere l’acquisto nel 1726
della casa d’abitazione con prestino di miglio, situata
all’angolo tra la Cervietta e il corso di San Romano dai fratelli De Banfis.
La proprietà acquistata consta di
due corpi edilizi di due piani oltre al sottotetto, organizzati intorno a due
corti. L’ingresso, che avviene dal corso di San Romano, immette nella prima
corte con un lato porticato al di sotto del quale si trovano le scale che
conducono ai piani superiori e alla piccola cantina. I locali al piano terreno
(cucina, bottega, forno), sono destinati alla fabbricazione e alla vendita di
pane di miglio.
Al primo piano si trovano cinque
camere, così al secondo.
Una piccola porta consente il
passaggio dalla prima alla seconda corte, dove si trovano la stalla, la rimessa
e altre due stanze al di sotto delle
quali sono situate le cantine con volte di cotto. Anche nella seconda corte si
trova un portichetto sostenuto da una colonna in pietra, al di
sotto del quale vi sono il pozzo e le scale per il primo e il secondo piano,
entrambi percorsi per due lati da un loggiato.
Carlo Bolagnos
Dopo l’acquisto di casa Banfi,
Giuseppe Bolagnos si trasferisce a
Venezia come ambasciatore imperiale, e nella città
lagunare muore qualche anno più tardi, nel 1732. La presentazione delle credenziali al doge, il 29 maggio 1729, viene immortalata dal Canaletto in un celebre dipinto eseguito su commissione del Bolagnos. Sempre per il Bolagnos, Canaletto esegue nel 1729 uno dei suoi massimi capolavori: Il ritorno del Bucintoro al molo il giorno dell'Ascensione (collezione privata).
Gli succede, come da testamento,
il figlio Carlo, già Questore del magistrato delle entrate ordinarie, e, occupando
il posto del padre secondo le nuove regole di trasmissibilità delle cariche, Decurione.
Come primo intervento sul palazzo
di famiglia, egli porta a compimento i lavori finalizzati all’assorbimento
delle varie precedenti acquisizioni.
Suoi sono poi gli interventi per
dare maggior risalto e prestigio al palazzo così ottenuto.
Approfittando delle ricchezze
ottenute, Carlo acquista anche, nelle campagne di Milano, una villa per i
soggiorni estivi, che oggi può essere ammirata nel comune di Brugherio, in
frazione Moncucco.
Carlo muore senza eredi e senza
testamento.
Per espressa disposizione del
padre, il palazzo di Milano passa dunque, in assenza di discendenza,
all’ospedale Maggiore, che ne diventa proprietario nel 1758.
Il marchese Giuseppe
Viani
L’anno successivo l’ente
ospedaliero lo cede al fine di ottenere liquidità al migliore offerente (137.000 lire
imperiali), il marchese Giuseppe Viani, originario di Pallanza, che entrato a
far parte della nobiltà cittadina, ha la necessità, come del resto avevano
avuto i Bolagnos e come era usanza invalsa nel periodo, di dotarsi di un
palazzo rappresentativo che gli permettesse di mettersi in risalto e di ricevere
nei propri saloni gli altri membri dell’aristocrazia cittadina.
Anche il nuovo proprietario,
pertanto, inizia ad effettuare una serie di acquisti mirati, cercando di
entrare in possesso dei lotti confinanti col palazzo ex-Bolagnos, al fine di
aumentarne ulteriormente la superficie.
Il marchese Viani muore nel 1783, lasciando un’unica figlia, Maria
Teresa, la cui tutela passa alla madre, che ne amministra il patrimonio
immobiliare con l’obbligo di redigere un inventario completo di tutti i beni
caduti in successione.
Maria Teresa sposa un Dugnani, e
lascia il palazzo per trasferirsi nella residenza del marito.
I Visconti di Modrone
Nel 1834, Maria Teresa Viani
Dugnani vende il complesso immobiliare a don Carlo Finelli, il quale però,
pochi anni dopo (è il 1840) lo rivende, per 750.000 lire milanesi, ad Uberto
Visconti di Modrone, di nobili origini (i Visconti di Modrone sono un ramo collaterale
dei Visconti, signori di Milano) ed affermato imprenditore tessile, nonché
mecenate della Scala.
Dopo una serie di spese per
ammodernamenti e migliorie, il palazzo diviene fonte di reddito per la nobile
famiglia, che decide di affittare i vari appartamenti ricavati nel palazzo.
Tra le opere per rendere più
appetibili i sontuosi spazi all’alta borghesia, ricordiamo il riscaldamento
degli ambienti e gli impianti idrico-sanitari: ai camini si affiancano le stufe
Franklin, nella cucina viene posto
un camino con tubi per portare l’aria calda all’appartamento, i bagni sono
dotati di latrine, di rubinetto per l’acqua fredda e di impianto per l’acqua
calda.
Anche le variazioni del gusto
dell’arredamento e del modo di abitare hanno influito sulla differente
destinazione di alcuni locali. Il frazionamento in unità abitative ha portato
ad alcune modifiche nelle parti adibite ai servizi, ma complessivamente nelle
descrizioni degli appartamenti si ritrovano ancora in parte gli ambienti
dell’articolazione settecentesca.
Tra il 1907 e il 1908 Giuseppe
Visconti di Modrone,
intraprende ulteriori lavori edili di notevole importanza, sia per dividere
diversamente le varie unità abitative, sia per migliorarne la fruizione alla
luce dei nuovi standard abitativi. I lavori sono progettati dall’architetto
Alfredo Campanini.
Inoltre, affida a Gersam Turri,
pittore legnanese molto conosciuto e apprezzato per la sua abilità
nell’interpretare lo stile barocco, l’incarico di affrescare il soffitto del
salone da ballo.
Tra le numerose opere pittoriche
che l’artista legnanese eseguì in quegli anni in palazzi nobiliari e edifici
religiosi, questo è ritenuto il suo capolavoro.
La seconda guerra mondiale
Durante l’ultima guerra,
l’edificio venne seriamente danneggiato dai bombardamenti aerei dell’agosto
1943, soprattutto nell’ala verso via Ronchetti.
Nel 1947 i Visconti di Modrone presentano
al Comune di Milano un progetto per il recupero funzionale del palazzo nel corpo
centrale interno e nell’ala verso la via Ronchetti. Nella richiesta del nulla
osta si dichiara che le opere consistono nella ricostruzione di solai,
coperture, tavolati e relative rifiniture in modo tale da rendere godibile lo
stabile come lo era di fatto prima del crollo.
Della parte di palazzo che si
affacciava verso il giardino e verso via Ronchetti in realtà non si è conservato
nulla; sull'area si trova ora un edificio contemporaneo che dell’antica
fabbrica ha mantenuto solamente una balaustrata di pietra.
I lavori apportano sostanziali
modifiche ad alcuni corpi scala dell’intero palazzo, per l’installazione di ascensori,
d’impianti di riscaldamento e di canne di caduta per la raccolta dei rifiuti.
Il 21 ottobre 1958 avviene l’atto
di vendita da Edoardo Visconti di Modrone ed eredi, alla immobiliare Lonate
S.p.a.
Con quest’ultimo atto notarile la
proprietà del palazzo cessa di essere, dopo più di 250 anni, motivo di orgoglio
e vanto per le varie famiglie del patriziato milanese.
Bibliografia
Mascione, Maria, Palazzo Bolagnos, Viani, Visconti di Modrone a
Milano (testo on line molto ricco di notizie storiche e immagini)
Bascapè, Giacomo C., I palazzi
della vecchia Milano, Milano, Hoepli 1945
De Carlo, Valentino, Le strade
di Milano, Milano, Newton & Compton 1998
Lanza, Attilia - Somarè, Marilea, Milano
e i suoi palazzi, Milano, LIbreria Milanese 2001
Latuada, Serviliano Descrizione
di Milano – tomo primo, Milano 1737
Mezzanotte, Paolo, Itinerari
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Pedrocco, Filippo, Canaletto, Firenze, Giunti 1995, Dossier n.102, pp. 19-20
Pellegrino, Bruno, Così era Milano - Porta Orientale, Milano, Libreria Milanese, 1991
Porta, Carlo, Poesie edite ed inedite, Milano, Hoepli 1946