Vita e scritti di Costantino Baroni
di
Costantino
Nicola Baroni nacque a Milano il 12 agosto 1905 da genitori di origine
vicentina.
A
causa di gravi problemi di salute, che lo colpirono attorno ai 20 anni di età
non poté seguire gli studi universitari di Architettura presso il Politecnico
di Milano, come avrebbe voluto e si iscrisse, pertanto, alla Facoltà di
Giurisprudenza, che gli consentì di studiare senza essere costretto a pesanti
frequenze. Laureatosi nel 1932 cominciò a frequentare, come volontario, i musei
artistici del Castello Sforzesco di Milano, che già in precedenza lo avevano
avuto fra i più assidui visitatori.
I
suoi primi studi si rivolsero alla ceramica, probabilmente anche perché nella
sua famiglia l’arte ceramica era stata praticata da un avo, Giovanni Baroni, agli
inizi dell’Ottocento ed in casa rimanevano numerosi reperti di questa attività.
Costantino
stesso scrive nel suo Curriculum: “Appartengo
ad una famiglia borghese di origini vicentine, che tra gli ascendenti novera un
noto ceramista bassanese ed un arazziere vicentino del primo ottocento” e
più oltre precisa come gli risultasse molto difficile intraprendere la strada
della critica d’arte a partire dalle grandi opere, ma come, invece le stampe, i
tessuti, le ceramiche gli si offrissero come di più facile accesso: “Di esse si poteva parlare, su di esse dire
qualche cosa di nuovo. Per le ceramiche in particolare, quando presi ad
occuparmene di proposito, poco si faceva in Italia, ad eccezione del centro di
studi creato a Faenza. Gli storici stranieri: il Bode, il Wallis, il Serre, il
Rackham, ne sapevano molto più di noi. E sulle maioliche dell'alta Italia
quanto poco noi si sapesse risultava dalla palese insufficienza critica dei
saggi dovuti al mercante antiquario Genolini ed al noto falsario G.M. Urbani de
Gelthof. Questa la ragione del primo orientamento delle mie ricerche in tema di
storia dell'arte.”
Riuscì, in questo campo, a scoprire
l'esistenza di una ceramica medievale milanese precisando i rapporti tra le
varie manifatture cittadine del Settecento, e nel 1930 presentò, a soli 25 anni,
al concorso per il premio "Arnaldo Segarizzi" indetto dalla Regia
Deputazione di Storia Patria per le Venezie un saggio sulle Ceramiche veneziane settecentesche: Parte I:
Nove, saggio che fu segnalato come meritevole di attenzione e due anni dopo
pubblicato nell'”Archivio Veneto”.
In un saggio apparso su “Dedalo” del 1933, negò
l'appartenenza a Venezia e alla metà del Settecento della importante e
caratteristica produzione di ceramiche a sbalzo in "latesino",
rivendicandola alla produzione bassanese e retrodatandola di quasi un secolo in
armonia con le indicazioni dello stile. La pubblicazione generò larghi consensi
e lo incoraggiò a seguitare negli studi sulla ceramica.
Nel 1934, due anni dopo la laurea, conseguì
il diploma di paleografia, diplomatica e dottrina archivistica, che gli sarebbe
stato molto utile per l'indirizzo di verifica e di esplorazione documentaria,
al quale stava orientando le sue ricerche, ed in particolar modo per la
consultazione delle fonti medievali relative alla storia di alcuni tra i
maggiori monumenti architettonici romanici di Milano.
Frequentando Il Castello Sforzesco venne in
contatto con il Prof. Giorgio Nicodemi, Soprintendente capo degli archivi e dei
musei del Castello, che lo prese sotto la sua guida, seguendolo giornalmente
con il suo consiglio e con l’aiuto pratico. Gli fu così possibile compiere
accurati studi sulla ceramiche medievali a "graffio" (di cui pubblicò
un catalogo critico: Ceramiche italiane
minori del Castello Sforzesco – Edizioni d’Arte Emilio Bestetti - Milano 1934,
con introduzione di Giorgio Nicodemi). Vedi scheda di Enrico Venturelli in questo sito.
Chiamato come segretario a contribuire alla
fondazione della sezione milanese dell'Istituto di Studi Romani, ebbe modo di
avvicinarsi ai problemi dell'archeologia lombarda.
Risultato ne fu la pubblicazione S. Simpliciano Abbazia Benedettina –
Edizioni dell’archivio Storico Lombardo – Milano – 1934 che, unitamente al
progetto per la sistemazione urbanistica della zona, vinse il premio 1934 del
“Concorso di Fondazione Alessandro Picozzi per una memoria su rilievi e
progetti di restauro o di ricostruzione di monumenti antichi”.
A seguito di questi successi divenne socio
corrispondente della Società Storica Lombarda (poi Regia Deputazione di Storia
Patria per la Lombardia)
e segretario della "Raccolta Vinciana" (1936) e fu incaricato di
svolgere alcune lezioni ai Corsi di storia della ceramica italiana, organizzati
a Faenza per conto dell'Istituto Interuniversitario Italiano negli anni
1934-1935 e 1937.
Contemporaneamente partecipava in modo
attivo ai Congressi Storici Lombardi indetti a Como nel 1936 ed a Pavia nel
1939, nonché ai vari Convegni Nazionali fra studiosi di storia
dell'architettura, sempre con la produzione di memorie originali. Sono di questo
periodo, ad esempio Elementi stilistici fiorentini negli studi vinciani di architetture a
cupola - in Atti
del I° Congresso Nazionale di Storia dell'Architettura - 29-31 ottobre 1936
e Il metodo storico ed i problemi di
valutazione critica dell'architettura rinascimentale di Lombardia in Atti e memorie del I Congresso storico
lombardo - Tipografia Antonio Cordani S.A. – Milano. 1937.
La corrispondenza relativa a quest’epoca
della sua vita testimonia dei legami che via via veniva intessendo con i più
importanti critici e cultori d’arte dell’epoca, quali Mario
Salmi, Adolfo Venturi, Gustavo Giovannoni, Pietro Toesca, Roberto Longhi,
Giuseppe Fiocco, Giulio Lorenzetti, Paolo Verzone, Gino Clerici, Ambrogio
Annoni, Giovanni Rocco, Paolo Mezzanotte Gaetano Ballardini, Bernardo Rackham.
Dall'aprile del 1935 Costantino Baroni fu
ufficialmente assunto dal Comune di Milano come catalogatore delle opere d'arte
del Castello Sforzesco e curò il nuovo ordinamento e la presentazione delle
raccolte paletnologiche e archeologiche, il riordino delle ceramiche medievali
e moderne, della Biblioteca d'arte e della "Raccolta Vinciana".
Collaborò, inoltre, all'allestimento delle
mostre di dipinti di Domenico e Gerolamo Induno, Francesco Hayez e di Augusto
Giacometti.
Nel
1937 rinunciò al posto di assistente presso i Civici Musei di Venezia, che
aveva vinto a seguito di pubblico concorso, per essere nominato, l’anno
successivo, Conservatore alle Belle Arti del Comune di Milano, sempre a seguito
di pubblico concorso.
La permanenza nella città natale gli
permise di approfondire ed ampliare le proprie cognizioni artistiche con
maggiore tranquillità e di orientare la sua produzione scientifica verso nuove
mete.
Pur continuando gli studi sulle ceramiche,
anche moderne, e su singole opere d'arte figurativa come, per esempio, la serie
di dipinti manieristici provenienti dalla distrutta cappella di Santa Maria
della Neve o su artisti come Giuseppe Meda, Gerolamo Quadrio ed altri, si
dedicò in particolare allo studio di reperti documentari relativi ad alcuni
monumenti architettonici cittadini, che misero in luce la fallacità di parte
del quadro critico tradizionale dell'architettura lombarda, soprattutto di
quella relativa al Rinascimento e al Barocco. Non soltanto attribuzioni
inveterate crollavano di fronte all'accertamento documentario e alla verifica
delle qualità stilistiche, ma la stessa cronologia monumentale subiva
spostamenti impressionanti.
Un decennio di esplorazioni sistematiche
degli archivi e la contemporanea raccolta di un "corpus" di rilievi
architettonici, di elementi bibliografici ed iconografici relativi alle singole
fabbriche, oltre ad una somma di osservazioni fatte sul posto in base a
pazienti analisi delle strutture, hanno portato ad una vasta produzione di
scritti, da brevi monografie e veri e propri volumi, tra cui il già citato saggio
su Il metodo storico e i problemi di
valutazione critica dell'architettura rinascimentale in Lombardia (1937), in
cui il Baroni esponeva le linee programmatiche di tutto il lavoro, fino ai volumi
di Documenti editi da Sansone -
Firenze nella serie di “Raccolte di fonti per la storia dell'arte diretta da
Mario Salmi” (1940) ed alla
monografia su L'architettura lombarda da
Bramante a Richini – Questioni di metodo - Edizioni
De "L'Arte" - Industrie Grafiche Italiane Stucchi – Milano – 1941.
Costantino
Baroni affrontò in questi anni anche importanti studi su Leonardo da Vinci il
cui valore gli venne riconosciuto quando per la mostra di Leonardo, tenuta a
Milano nel 1939, fu incaricato quale commissario per le sezioni dei documenti
biografici e dell'architettura.
Successivamente
ebbe l’occasione di interessarsi anche a taluni aspetti della scultura lombarda
del Rinascimento, come l'attività milanese di Michelozzo (cfr. Il problema di Michelozzo a Milano
pubblicato dalla Tipografia A Lucini & C. di Milano in occasione del IV
Convegno Nazionale di Architettura – Milano – giugno 1939), l'individuazione
dei maestri che diedero forma alla corrente manieristica o che ad essa si
uniformarono (cfr.Problemi della scultura manieristica lombarda in "Le Arti" - Rassegna bimestrale dell' Arte Antica e
Moderna a cura della Direz. Gen. Delle Arti - Anno V - Fascic. IV-V -
aprile-luglio 1943)
e allo studio critico di alcuni significativi pittori lombardi, come il Bergognone,
il Cesariano, il Peterzano, il Morazzone.
All'inizio
della guerra, trovandosi in Austria il prof. Nicodemi, toccò a lui, in qualità
di pubblico funzionario, organizzare e portare a termine l'immane lavoro di
smontaggio del Museo d'Arte del Castello Sforzesco e della Civica Galleria
d'Arte Moderna, nonché il trasporto di parte delle raccolte nei ricoveri
antiaerei.
Questa attività fu documentata nello
scritto Le
operazioni di sgombero e di ricovero delle civiche raccolte d'arte in
dipendenza dallo stato di guerra pubblicato in
"Almanacco della Famiglia Meneghina" (dell'Istituto Nazionale di
Cultura Fascista) - Casa Editrice Ceschina – Milano – 1941. Contemporaneamente
fu chiamato a collaborare in modo sostanziale alle operazioni provvisionali che
la Soprintendenza
ai Monumenti di Milano andava disponendo a salvaguardia del patrimonio
artistico cittadino.
Nel medesimo periodo Costantino Baroni
dedicava speciali cure alla sezione lombarda del Centro Nazionale di Studi sul
Rinascimento, di cui era segretario ed al gruppo lombardo del Centro di Studi
per la Storia dell'Architettura, alla vita del quale concorreva come delegato bibliografo e
per lo studio dei disegni-progetti.
Collaborava, inoltre, con la Regia Soprintendenza alle Gallerie e Opere d'Arte per la Lombardia come Ispettore onorario, su incarico
del Ministero dell'Educazione Nazionale, occupandosi del catalogo dei monumenti
architettonici di Milano e curava la rubrica delle “Segnalazioni
Bibliografiche” per la rivista "Palladio" di cui era redattore.
Con
questo bagaglio culturale alle spalle Costantino Baroni superò brillantemente,
nel 1941, le prove di libera docenza in Storia dell’arte medievale e moderna e
in Storia di stili dell’architettura. In una biografia autografa scrive: “Debbo confessare che all'atto di tentare
quel cimento mi sentivo piuttosto nervoso. La benevolenza con la quale fui
accolto ed assistito mi rincuorò dunque molto e fu con un senso di gratitudine
e di rinata fiducia nelle poche doti del mio ingegno che subito mi accinsi con
entusiasmo all'esercizio della nuova attività la quale veniva a cumularsi alla
già gravose occupazioni della mia giornata. Da allora come assistente volontario alla cattedra di Storia
dell'architettura presso il Politecnico di Milano e come libero docente presso
l'Università Cattolica io mi prodigai presso studenti e colleghi nell'intento
di riportare l'insegnamento della Storia dell'arte, per lo più impartito in una
pallida specie istituzionale, ad un più mordente e attuale spirito critico, ad
un senso di responsabilità più preciso e prospetticamente inquadrato in un
sistema estetico rispondente alle più ampie convinzioni del pensiero.”
(pubblicato in “Paragone” – rivista
di arte figurativa e letteratura diretto da Roberto Longhi. – ARTE – Anno VIII
– n. 87 – bimestrale – marzo 1957).Questa attività perdurò dal 1943 al 1951.
Nel
1945 Costantino Baroni fu uno dei tre membri che, organizzatisi ufficialmente
in C.L.N. per le Arti, insieme a Pacchioni e Morassi presero contatto,
nell'imminenza della Liberazione, con il Cardinale Arcivescovo e con le
Autorità Alleate per segnalare opere d'arte trafugate in Germania ed altre oggetto
di danneggiamento bellico.
Infine,
dal maggio '45, dal C.L.N.A.I. prima e dalle Autorità municipali poi, gli fu
affidata la reggenza della Direzione Belle Arti del Comune di Milano.
Si
trovò così impegnato, in una situazione di totale collasso e pressoché privo di
mezzi, a organizzare il recupero delle opere d'arte sfollate o comunque rimaste
fuori sede ed a sollecitare dagli organi competenti l'assistenza necessaria ad
un progressivo restauro delle sedi monumentali gravemente colpite dai
bombardamenti e dalle occupazioni civili e militari.
Da
allora lottò coraggiosamente per portare alla ribalta dell'opinione pubblica la
discussione sulla resurrezione, in un immobile di notorietà mondiale come il
Castello Sforzesco, di uno dei più vasti e notevoli musei d'Europa, sostenendo
il concetto che in una società in stato di fallimento quale era la nostra fosse
assurdo “voler ritornare sic e simpliciter
all'antico, anche per ciò che concerne istituti culturali che possono
realizzare una loro utilità pratica solo quando, da uno stato di agnostico
conservatorismo siano recati sul piano di una decisiva efficienza segnaletica
ai fini della formazione e dell'orientamento del gusto, adeguandosi nello
stesso tempo a quel senso di libertà spirituale e di modernità a cui senza
arbitrio può esser rapportata la storia che nei suoi valori più vivi sempre si
definisce attuale e perciò produttiva”.
L'abitazione di Costantino Baroni in Foro Bonaparte 74. [Foto di Enrico Venturelli]
E
il piano da lui proposto per la riorganizzazione dei Civici Musei di Milano riscosse
larghi consensi fra i più sottili esperti ed intenditori. Nell’ambito di questa riorganizzazione promosse anche l’acquisto di numerose opere d’arte. “Chi percorrendo le sale dei due musei, elenchi le cose entrate o pervenute nei dieci anni di direzione di Costantino Baroni, si stupirà e del loro numero e soprattutto dell’altissima qualità” scrive Vittorio Viale
nel discorso tenuto in commemorazione della morte di Costantino Baroni il 4 marzo 1957 presso la Biblioteca d’Arte del Castello Sforzesco e continua così: “Il Museo del Castello si è arricchito di un eccezionale capolavoro, la Pietà Rondanini, che Milano, a sua gloria, ha assicurato per sempre alla città e al patrimonio della Nazione, e quindi di opere di altissimo pregio ed interesse, come il gruppo di 27 sculture romaniche e gotiche già nel parco di villa Tittoni a Desio; il grandioso e attraente complesso degli affreschi con la storia di Ghiselda già nel castello di Roccabianca; di due rari e preziosi crocefissi d’arte tosco-laziale del XIII sec. e di arte umbra del XIV; di dipinti del Bergognone, del Salini, del Del Cairo, del Magnasco e di numerosi quadri fiamminghi ed olandesi; e per le arti minori di due gruppi interessantissimi di stoffe copte e di tessuti medievali: Nello stesso tempo Baroni con avveduta azione costituisce con generosi doni di artisti e collezionisti e con accorti acquisti, il primo importante nucleo della nascente raccolta d’arte contemporanea, con dipinti di Modigliani, Scipione, Tosi, Morandi, Sironi, Campigli, Semeghini e Mafai; con sculture di Medardo, di Martini, di Manzù e di Marini. Quale altro direttore italiano può numerare altrettante grandi, opportune e scelte acquisizioni al patrimonio dei suoi musei e della sua città? E’ un’altra stupenda prova dell’intelligenza, dell’amore, dello spirito d’iniziativa e della capacità di Costantino Baroni, uno fra i più attivi e capaci direttori di musei del nostro tempo”.
La Pietà Rondanini nella collocazione provvisoria nella Cappella Ducale (in alto) e in quella studiata dal gruppo BBPR (in basso).
In
occasione delle mostre d’arte, che nell’immediato dopoguerra segnarono la
ripresa degli scambi culturali internazionali, ebbe parte sostanziale
nell’organizzazione e nell’allestimento delle più importanti esposizioni
all’estero: mostra dell’”Ambrosiana” a Lucerna nel 1946
redigendo il catalogo, mostra "Quarant'anni di pittura moderna italiana
(dal futurismo ai giorni nostri)” (Losanna, 1947); mostra de "L'Ottocento
italiano" (Lugano,1948); mostra "Tesori dell'arte lombarda"
(Zurigo, 1948-49, redigendo anche il catalogo) nonché, naturalmente, di tutte
quelle che ebbero luogo a Palazzo Reale o alla Galleria d’arte moderna di
Milano, dal 1950 al 1954, e, precisamente di “Matisse”,
del “Caravaggio”,
di Van Gogh”,
de “I pittori della realtà in Lombardia”,
di “Rouault”,
della “Pittura olandese del Seicento”
ed, infine, dei “Cento dipinti del Museo di San Paolo”.
Egli
insisteva perché il suo Comune intervenisse direttamente nel processo di
propulsione e di consacrazione delle genialità artistiche: sua, in
particolare,fu l’iniziativa del ripristino di un premio Città di Milano, in
onore di quegli artisti che avessero contribuito a fare della città di Milano una
delle metropoli più vivaci del continente. Erano previsti anche premi
d’incoraggiamento per le giovani speranze dell’arte.
Prestò,
inoltre, attiva consulenza all'ufficio municipale per lo studio del nuovo Piano
Regolatore della città e partecipò alla vita di circoli di artisti e cultori
d'arte come "L'Associazione fra cultori di arti figurative" e il
"Circolo delle Grazie" oltre ad essere tra i soci fondatori del
“Carrobbio”.
Fu
anche membro della Commissione Consultiva Artistica per la Veneranda Fabbrica
del Duomo di Milano e della Commissione Diocesana per l'Arte Sacra.
L'aspirazione
a sostenere e diffondere presso un pubblico sempre più ampio gli interessi per
l’arte lo indusse ad accettare l'offerta dell’ On. Mentasti, a nome dell'allora
direttore On. Guido Gonella, di collaborare al giornale quotidiano "Il
Popolo" come redattore artistico.
Questa
attività lo vide impegnato senza timore di assumersi, quando occorreva, le
ingrate responsabilità di critico schietto e severo, dal 1945 al momento della
sua morte.
I
suoi scritti sulle pagine de “Il Popolo” testimoniano della sua sensibilità ai
grandi assillanti problemi dell’arte moderna: Egli seguì ogni aspetto mondiale della pittura e della scultura nel suo
turbinoso manifestarsi, ne esaminò sul giornale i molteplici aspetti, le
impostazioni dottrinarie, i travagli creativi, le audacie, le inquietudini, i
tormenti mirando a sceverare la serietà degli intenti e i coscienziosi
appassionati propositi. Per questo accanto alla sua profonda cultura storica
egli accompagnò un raro acume di penetrazione nel campo sterminato delle
manifestazioni dell’arte moderna così da ottenere cinque anni orsono, il
maggior premio italiano per la critica d’arte alla Biennale di Venezia (così
scrive di lui sull’Eco di Bergamo del 7 marzo 1957 Luigi Angelini,
commemorandone la figura ad un anno dalla morte.
La
sua attività di pubblicista si estese anche alla direzione presso la Casa Editrice
Martello di Milano delle collane editoriali:"I grandi maestri del disegno”
- "Il fiore della miniatura italiana" - "I sommi dell'arte
italiana" e alla collaborazione alla Storia
di Milano edita a cura dell'Istituto Treccani.
Ai
primi di gennaio del 1955 Costantino Baroni vinse il concorso di Vice-direttore
dei Musei d’Arte, nomina che conferì maggior prestigio alla reggenza del posto
di direttore che gli era stata affidata alla fine di maggio del 1945.
Ma solo un anno dopo, la notte tra il 3 e
il 4 marzo 1956 egli morì, solo cinque settimane prima della solenne inaugurazione,
al cospetto del Presidente della Repubblica, di quel Museo d’Arte Antica del
Castello Sforzesco alla cui ricostruzione aveva lavorato per più di dieci anni.
E’ questa sicuramente l’opera che aggiormente
testimonia la sua forte preparazione, l’originalità creativa e l’indubbio gusto
estetico che mai gli difettò, nemmeno nelle concezioni più ardite, scrisse
Gabriele Fantuzzi nel suo necrologio su “Il Popolo” del 6 marzo 1956
aggiungendo che “mai il Suo spirito, la Sua iniziativa poterono
mortificarsi nelle pratiche funzioni di chi, come Lui, seppe dirigere con salda
mano i Civici Musei. La gioia di fare, di realizzare non seppe mai, non patì la
costrizione e l’inerzia burocratica”.
“L’ultimo scritto di Costantino Baroni: Come
risorge il Museo del Castello Sforzesco fu
terminato pochi minuti prima della morte. Fu trovato, infatti, sul suo tavolo,
con la penna accanto all’ultima cartella: si può dire che sia morto con dinanzi
la visione del Castello Sforzesco nel quale aveva lavorato per tanti anni e col
pensiero al suo museo”, questo è quanto troviamo scritto ne “Il Popolo” del
6 marzo 1956, che lo pubblicò nella pagina dedicatagli, accanto alle
testimonianze di stima e di affetto di molti pittori e critici che lo avevano
conosciuto.
Due filosofie museali: la Pusterla dei Fabbri “ricollocata” da Luca Beltrami (a sinistra) e lo stesso monumento “esposto” da Costantino Baroni nel nuovo allestimento del gruppo BBPR (a destra).
Ultima modifica: lunedì 10 febbraio 2014
giulia_rota.gr@libero.it
|