Cicco Simonetta, capro espiatorio di Ludovico il Moro
di Paolo Colussi
I Simonetta e Francesco Sforza prima del loro arrivo a Milano
Nel 1418 Francesco Sforza, figlio diciassettenne del grande
condottiero Muzio Attendolo, sposa Polissena Ruffo e ottiene in dote la
signoria su alcune zone della Calabria, tra le quali i paesi di Rossano,
Policastro e Caccuri. Il giovane è molto impegnato con il padre nelle
innumerevoli campagne militari dell'epoca, per cui affida l'amministrazione di
questi territori ad Angelo Simonetta, un personaggio eminente della zona delle
cui origini poco sappiamo.
Angelo Simonetta riuscirà a conquistarsi pienamente la
fiducia dello Sforza, che si servirà di lui prima e dopo la sua ascesa a duca
di Milano, ma qui ci limiteremo a parlare del nipote di Angelo, Francesco detto
Cecco o Cicco o Ceco.
Dell'infanzia di Cicco Simonetta sappiamo pochissimo. Nasce
forse nel 1410 (la data non è certa) a Caccuri sulle pendici della Sila, vicino
al lago Ampollino. Anche il luogo di nascita è incerto, nel firmare talvolta
Cicco si intitolerà "di Rossano" oppure "di Policastro",
probabili luoghi di origine della sua famiglia. Già dal 1418 o poco più tardi
(nel 1421), giovanissimo, Cicco entra al servizio dello Sforza, ingaggiato
dallo zio Angelo assieme ai suoi due fratelli Andrea e Giovanni. Degli altri
due suoi fratelli - Matteo e Cassandra - non sappiamo invece nulla.
L'educazione di Cicco è molto curata. Studia con i padri Basiliani, impara il greco e l'ebraico. Più tardi darà prova di conoscere anche
lo spagnolo, il tedesco e il francese. Si laurea in diritto civile e canonico,
probabilmente a Napoli.
Difficile capire il suo ruolo a fianco dello Sforza in
questi primi anni, nei quali il grande condottiero, ormai divenuto capo delle
milizie del padre (morto nel 1424) si destreggia tra le diverse leghe
(viscontee e antiviscontee) che si alternano seguendo le sconvolgenti e
tortuose alchimie politiche di Filippo Maria Visconti. Sappiamo che Cicco nel
1435 viene nominato consigliere di Renato d'Angiò nel pieno della lotta con gli
Aragonesi per la successione al trono di Napoli. Molto probabilmente, lasciata
Napoli, avrà seguito Francesco Sforza nelle Marche assieme allo zio e ai
fratelli. Nella guerra tra Milano e Venezia degli anni 1438-41 per il possesso
di Brescia e Bergamo, Cicco Simonetta accompagna Francesco Sforza, acclamato
capo dell'esercito veneziano. I rapporti con Napoli e gli Angioini non cessano
comunque in questo periodo. Nel 1448 Cicco verrà nominato presidente (onorario)
della Camera Summaria di Napoli.
Nel 1444 emerge però la vocazione "burocratica"
del nostro giovane, che si sottoscrive "cancelliere e segretario" di
Francesco Sforza signore delle Marche. Non sembra infatti che alcuno dei
Simonetta abbia manifestato capacità o interesse per la carriera militare,
allora la più ambita, mentre essi dimostrano sempre spiccate e preziose
attitudini al "lavoro d'ufficio", allora appena agli inizi
nell'ambito delle corti, con alcune differenze però tra i numerosi membri della
famiglia. Angelo è un abile amministratore, Giovanni è un estroso e valido
letterato, Cicco è un diplomatico. Andrea, infine, uomo probabilmente di
modesta levatura intellettuale, sarà considerato semplicemente un uomo di
fiducia.
L'anno in cui Cicco ho modo di emergere è il 1449, l'ultimo
dei tre anni della Repubblica Ambrosiana. In quest'anno lo troviamo assieme ad
Alessandro Sforza in un'importante ambasceria a Venezia. Riceve dallo Sforza il
comando civile e militare di Lodi, strappata alla signoria di Milano. A Lodi
conosce una certa Giacobina dalla quale avrà due figli naturali nel 1451 e nel
1453.
I Simonetta diventano milanesi
Il 25 marzo 1450, festa dell'Annunciata, Francesco Sforza
entra a Milano accolto trionfalmente dal popolo che lo acclama duca di Milano
in virtù del suo matrimonio con Bianca Maria Visconti, unica erede del
precedente duca Filippo Maria. Si stabilisce nel Palazzo dell'Arengo (l'attuale
Palazzo Reale) e vi pone la corte in attesa che venga ricostruito il Castello
di Porta Giovia demolito dai "repubblicani" milanesi nemici di ogni
tirannia.
Al suo seguito arrivano molti Simonetta, con uno stuolo di
amici, parenti e conoscenti. Francesco Sforza si dimostra subito riconoscente
con coloro che lo avevano servito sino ad allora collocando ex funzionari ed ex
soldati a lui fedeli in tutti i più importanti posti di comando del ducato.
Tutti i Simonetta ottengono subito la cittadinanza milanese. Angelo ottiene i
feudi di Belgioioso (4370 ducati), Lacchiarella (1250 ducati) e Casteggio, e
molti altri beni e diritti.
Andrea viene nominato (15 maggio 1450) castellano di Monza.
Un incarico molto importante perché le carceri di Monza - i Forni - erano le
più sicure e quindi venivano utilizzate soprattutto per i prigionieri politici.
Con i proventi della sua carica Andrea acquisterà in seguito parecchi beni a
Monza e 859 pertiche ad Arcore.
Giovanni, il letterato, non riceve lauti incarichi ma uno
stipendio che per giunta tarda sovente ad arrivare, consentendogli di esprimere
elegantemente i suoi lamenti sulla perenne penuria di denaro.
Cicco viene nominato "Cavaliere aureato" ed entra
nella Cancelleria che sarà per trent'anni il suo regno assoluto e
incontrastato. Il 1 novembre dello stesso anno riceve dal duca il feudo di
Sartirana in Lomellina. Leonardo della Pergola gli contesta il diritto al
titolo ed inizia una vertenza legale che si concluderà con una transazione dopo
16 anni, nel 1466. Nel frattempo, ed in seguito, Cicco prende molto a cuore
l'amministrazione di Sartirana, sia per quanto riguarda l'amministrazione
economica che giurisdizionale. Ci resta fortunatamente un ampio carteggio con
il podestà di Sartirana dove Cicco dimostra di essere un signore molto attento
ad ogni spesa e ad ogni vertenza giuridica in essere nel suo piccolo feudo.
Ormai sistemata la sua posizione economica e il suo ruolo
nel ducato, Cicco può finalmente pensare ad avviare su binari adeguati anche la
sua vita privata. Si sistema nel palazzo di fronte a Brera, che tenterà via via
di ampliare acquistando alcune case vicine, dove in seguito sorgerà il palazzo
Medici. Nel 1452 sposa Elisabetta Visconti, figlia di Gaspare Visconti
segretario ducale e inizia le serie dei figli legittimi che si snoda nel modo
seguente:
- 29 settembre 1452: Nasce
a Cremona Giovanni Giacomo
- 26 ottobre 1456: Nasce
a Milano Margherita che sposerà G.G. Torelli di Guastalla
- 23 dicembre 1457: Nasce
a Milano Antonio
- 27 maggio 1459: Nasce
a Milano Sigismondo
- 14 settembre 1460: Nasce
a Milano Ludovico
- 12 agosto 1461: Nasce
a Milano Ippolita, sposerà un Colonna
- 12 gennaio 1464: Nasce
a Milano Cecilia, sposerà un Gaspare Visconti
Il 21 settembre 1457, per rendere più visibile la sua
presenza nel sestiere di Porta Comasina, organizza e finanzia la Festa
dell'Oblazione della Porta, un grande corteo con carri allegorici che porta le
offerte al Duomo e all'Ospedale Maggiore, i cui lavori erano iniziati l'anno
precedente.
Gli anni passati al fianco di Francesco Sforza sono davvero
splendidi per i Simonetta. Anche Giovanni, intento ormai a scrivere la sua
celebre Vita di Francesco Sforza, riceve da Ferdinando re di Napoli dei feudi
in Calabria. Angelo e Cicco si dedicano alla ricostruzione della chiesa del
Carmine dove realizzano due cappelle, una della famiglia dedicata a S.
Francesco e un'altra di Angelo dedicata all'Annunciata (1457).
Negli anni 1462-63 il castello di Sartirana viene
fortificato in rispondenza alle nuove esigenze belliche sopraggiunte in seguito
all'uso sempre più diffuso delle bombarde. Si costruisce la nuova torre
angolare a solidi sovrapposti che ricorda i modelli del Filarete e che oggi
viene attribuita ad Aristotele Fioravanti di Bologna.
La fama di Cicco è ormai affermata: oltre a dirigere la
Cancelleria fa parte anche del Consiglio segreto, riceve la cittadinanza
onoraria di Novara (1456) alla quale seguiranno quelle di Lodi (1469) e di
Parma (1472). Francesco Sforza afferma pubblicamente che se Cicco non ci fosse
stato avrebbe dovuto costruirsene uno di cera.
La fama e la fiducia sono dei resto ben meritate. A
coronamento di questi primi anni di attività al seguito di Francesco, Cicco
dona alla corte un lavoro fondamentale per il ducato: le Costitutiones et ordines della Cancelleria segreta. Pone così le
basi della burocrazia di Corte, un tassello della nuova concezione dello Stato
che in quelli anni stava emergendo in varie regioni d'Europa.
Nuove responsabilità di governo dopo la morte di Francesco Sforza
L'8 marzo 1466 muore Francesco Sforza in seguito ad un forte
attacco di idropisia. Il figlio legittimo primogenito, Galeazzo Maria, rientra
precipitosamente dalla Francia per assumere i poteri del padre. Galeazzo Maria
ha soltanto 22 anni ed è un ragazzo indocile che ha già dato numerosi
grattacapi ai genitori nel corso dell'adolescenza. Cicco Simonetta, per conto
di Bianca Maria, si era già occupato più volte di sorvegliare l'educazione del
giovane. A questo punto la situazione si fa delicata e Cicco si trova ad
affrontare problemi nuovi e molto più spinosi. Galeazzo Maria ha un momento di
esitazione prima di riconfermarlo nelle cariche precedenti, ma è per lui
impossibile privarsi di un aiuto così valido. Per meglio accattivarselo,
Galeazzo Maria, affascinato dagli usi cavallereschi francesi e borgognoni, gli
dona un'"Arma", simbolo di fedeltà feudale: un leone rampante con
corona in campo azzurro che tiene una croce latina rossa.
I problemi più seri vengono dal progressivo acuirsi del
conflitto tra il nuovo duca e la madre Bianca Maria. Cicco si trova proprio nel
mezzo della bufera. Bianca Maria ha molta fiducia in lui e lo considera quasi
un secondo tutore del figlio. Lo costringe a seguire ovunque il figlio per
sorvegliarne le mosse e per informarla, anche perché Galeazzo Maria spesso non
risponde alle sue lettere. L'apprensione materna diventa ancora più forte
l'anno successivo, nel 1467, quando Galeazzo Maria con le sue truppe è a fianco
di Federico da Montefeltro in Romagna per combattere il Colleoni a capo
dell'esercito veneziano. Il Colleoni è un condottiero temibilissimo ed ha
inventato per l'occasione una diavoleria del tutto nuova: schierare le
artiglierie nel corso di una battaglia campale. Bianca Maria è terrorizzata
all'idea di vedere il proprio figlio preso a cannonate e riesce (molto
probabilmente grazie a Cicco) ad allontanarlo con uno stratagemma dal campo di
battaglia facendolo convocare a Firenze proprie nei giorni della vittoria di
Riccardina (presso Mazzolara in Romagna, 25 luglio 1467). Galeazzo Maria,
sempre ansioso di dimostrare di essere un condottiero degno di suo padre, resta
molto amareggiato.
Il momento cruciale arriva l'anno successivo. All'inizio
dell'anno, molti personaggi influenti tra cui il re di Napoli e il Colleoni
cercano di convincere Bianca Maria ad esautorare il figlio e di sostituirlo con
un altro meno instabile e capriccioso. Decisivo a questo punto è il parere di
Cicco Simonetta, che si schiera con l'erede legittimo mettendo fuori gioco la
madre. In pochi mesi, dopo il matrimonio tra Galeazzo Maria e Bona di Savoia (4
luglio 1468), Bianca Maria è costretta a lasciare Milano. Morirà il 28 ottobre
dello stesso anno a Melegnano, per molti avvelenata dal figlio. Il giallo non
verrà mai chiarito, certamente né allora né dopo si è mai parlato di
un'implicazione del Simonetta nella oscura faccenda.
A questo punto l'atmosfera a Milano si modifica sensibilmente.
Galeazzo Maria, trasferitosi nel 1469 con la corte nel Castello ormai
terminato, inizia a organizzare una vita fastosa degna di un grande signore,
forse di un re. Cicco è sempre al suo fianco, a Milano, a Pavia e nelle diverse
altre residenze dove il duca si reca, secondo un modello francese di re
itinerante da castello a castello. Nel 1471 è ancora Cicco a organizzare la
nuova Cappella musicale nel Castello di Porta Giovia che dal luglio 1474 avrà tra i suoi cantori
addirittura il giovane Josquin des Prés. Sempre in merito alla Cappella, Cicco
deve anche inoltrare più di una lettera di scuse a Ferdinando re di Napoli,
furibondo perché Galeazzo Maria gli aveva rubato i suoi migliori musicisti.
Il breve sogno regale di Galeazzo Maria
Per il giovane duca, in un raro periodo di pace com'è
questo, la politica è soprattutto una "questione d'immagine" e quindi
bisogna curare l'aspetto del Castello con affreschi e decorazioni e bisogna
anche migliorare l'aspetto generale della città. Nel 1471, durante un sontuoso
viaggio a Firenze, Galeazzo Maria arriva sulle "prime pagine" di
tutta Europa per la ricchezza del suo seguito. Approfitta del viaggio per farsi
ritrarre dal Pollaiolo. Nel 1472 altre grandi feste per il fidanzamento del
figlio Gian Galeazzo (3 anni) con la cugina Isabella d'Aragona (2 anni), figlia
di Alfonso, erede al trono di Napoli e di Ippolita, sorella di Galeazzo Maria.
Cicco si occupa di tutto. Prende le difese del Filelfo, il
più noto umanista residente a corte, scusandolo per le sue dissolutezze col dire
che "per la vecchiezza hormai è fora del birlo"; riceve (1476) la
dedica del primo libro stampato in greco in Italia, gli Erotemata di Costantino Lascaris;
fa venire a Milano Antonello da Messina (nel 1476, peccato non avere dei
ritratti milanesi di questo grande pittore!); tesse soprattutto vaste trame
diplomatiche scrivendo persino nel 1474 uno dei primi saggi di crittografia - le Regule ad extrahendum litteras ziferatas - ad uso dei suoi emissari nella varie corti d'Europa.
Milano, grazie soprattutto a Cicco, è ormai strettamente
alleata a Firenze e imparentata con gli
Aragonesi, si tratta di legarsi anche con Roma. Il 1473 vede il culmine della
sua azione diplomatica: arriva a Milano Pietro Riario, nipote di papa Sisto IV,
per fissare le nozze tra il fratello Gerolamo e Caterina Sforza, nozze che
avrebbero assicurato al papa il possesso di Imola e la possibilità di una
penetrazione dei Della Rovere in Romagna.
Cicco è l'unico ad essere ammesso agli incontri segreti tra
Galeazzo Maria e Pietro Riario, durante i quali i due giovani, egualmente
ambiziosi e stravaganti, discutono seriamente del futuro Regno d'Italia con a capo re Galeazzo I. I Diari di Cicco,
che iniziano quest'anno, sono pieni di annotazioni sui re d'Europa,
sull'etichetta regale, sulle formule liturgiche da pronunciarsi durante la
messa del re, ecc. ecc.
Nel 1474, al culmine della sua fama, Cicco viene nominato da
Galeazzo Maria, gravemente ammalato, addirittura tutore dei suoi figlioli
"come Houmo non solamente dell'imperio milanese, ma anche tra tutti i
latini, et esterni, di somma esperienza, et fedelissimo a suoi figlioli"
(Corio, p. 417). Due anni dopo Ludovico, il figlio di Cicco destinato alla
carriera ecclesiastica, viene eletto Canonico della Metropolitana a soli 16
anni.
Il tragico epilogo
Da alcuni anni Cicco però non è più quello di prima. Nel
1470, all'età di sessant'anni, soffre
di gotta. Fa voto alla Madonna delle Grazie di Monza di non mangiare
grassi il mercoledì e il venerdì. Da Sartirana, dove i suoi possessi terrieri
si sono notevolmente allargati, arrivano troppi capponi dei quali il nostro
cancelliere non può fare a meno. Le preoccupazioni maggiori, a partire dal
1474, vengono però dalla politica. I tradizionali alleati - Napoli e Firenze -
stanno arrivando allo scontro e non è facile capire come reagire. Galeazzo
Maria non è il solo a coltivare sogni di gloria. Anche Ferdinando d'Aragona
vorrebbe diventare re d'Italia e, assieme al papa, pensa di liquidare
facilmente l'ancora giovanissimo Lorenzo de' Medici, da poco arrivato al
potere.
Galeazzo Maria e Cicco si schierano dalla parte di Firenze
secondo il tradizionale schema di riequilibrio delle forze ormai collaudato da
decenni. I fratelli di Galeazzo Maria e il partito ghibellino di Milano (molto
legato agli Aragonesi) sono favorevoli a Napoli e cominciano a guardare con
odio la politica ducale e Cicco. I fratelli (Sforza Maria, Ludovico e
Ottaviano) vengono perciò allontanati da Milano. Le cose sembrano aggiustate
quando il 26 dicembre 1476, nella chiesa di Santo Stefano in Brolo, Galeazzo
Maria viene ucciso da tre giovani congiurati che intendono sollevare la città
contro il tiranno e restituire a Milano le libertà repubblicane. Questa almeno
è la versione della vicenda confessata da uno dei tre congiurati - Girolamo
Olgiati - che chiama in causa l'umanista Cola Montano, maestro dei tre giovani,
come ispiratore del delitto.
La città comunque non si solleva. Bona di Savoia, validamente
aiutata da Cicco, prende una serie di misure che scongiurano il peggio.
Entrambi tuttavia capiscono che la città va pacificata e che in qualche modo
bisogna trovare un compromesso con le più importanti famiglie ghibelline. Cicco
è subito riconfermato Segretario generale, ma i fratelli del duca defunto
devono essere fatti rientrare non solo in città, ma anche nell'amministrazione
della cosa pubblica. A metà gennaio questi tornano a Milano e, per
accontentarli, vengono creati due Consigli, uno nel Castello che si occupa
delle cose dello Stato e un altro nell'Arengo, presieduto da Sforza Maria e
Ludovico, per le cause civili. Anche in questo Consiglio minore, tuttavia, i
fratelli sono in qualche modo subordinati al controllo di Cicco Simonetta.
A questo punto, per la maggior parte delle famiglie milanesi
e per gli altri signori d'Europa, Cicco Simonetta dovette apparire come l'unico
e vero duca di Milano. Questi però non doveva sentirsi molto sicuro della
propria posizione e decide di far costruire molto in fretta nel Castello la
cosiddetta "Torre di Bona" che forse sarebbe meglio chiamare
"Torre di Cicco", dal momento che proteggeva la Rocchetta dove Cicco
aveva sistemato i propri uffici.
I fratelli, apparentemente pacificati grazie anche all'intervento
di Ludovico Gonzaga, vengono sistemati in vari palazzi di Milano e presto
spediti a sedare la rivolta di Genova fomentata dagli Aragonesi. Tornati da
Genova in maggio ricominciano però a complottare, o almeno così sembra a Cicco,
che, per saperne di più, fa incarcerare Donato del Conte, comandante militare
molto vicino ai fratelli. Impauriti, o indignati, questi ultimi tentano una
maldestra sollevazione che il Simonetta, con l'aiuto delle famiglie guelfe
(Trivulzio, Lampugnani, Birago), riesce facilmente a sedare. Roberto di
Sanseverino scappa ad Asti; Ottaviano, il minore dei fratelli, di soli 18 anni,
scappando tenda di guadare a nuoto l'Adda e annega. Sforza Maria, Ludovico e
Ascanio si rifugiano a Chiaravalle (Ascanio ne era l'abate) e qui decidono di
accettare l'offerta di confino (retribuito) offerta da Bona.
Il 28 ottobre 1477, ormai padrone incontrastato di Milano,
Cicco riceve una splendido diploma miniato che lo nomina Segretario ducale, di
fatto Primo Ministro, di uno stato retto da un duca di 8 anni e da una vedova
piuttosto sprovveduta. Nel settembre 1478, i firmatari della Lega con il re di
Francia sono, secondo il Corio (p. 429), Bona e "Ceco governatore".
Il 1478 per Milano è un anno abbastanza tranquillo, ma all'esterno le cose
continuano e preoccupare seriamente la Corte. Soprattutto preoccupa la Congiura
dei Pazzi a Firenze, una mossa arrischiata del papa e del re di Napoli che
costringe il Simonetta a colpire più duramente la fazione ghibellina di Milano,
ormai apertamente ostile all'alleanza con i Medici. A Milano comunque
l'equilibrio si è rotto e si parla di una nuova lega con l'Angiò per
riconquistare Genova in perenne subbuglio.
Nel 1479 le cose precipitano, Sforza Maria e Ludovico il Moro
abbandonano le città dov'erano stati confinati e, assieme a Roberto di
Sanseverino, compiono scorrerie in Toscana e in Liguria schierandosi con il re
di Napoli. In marzo vengono dichiarati ribelli. La città, apertamente divisa, è
in fermento. Cicco, seriamente preoccupato per la propria sorte fa sposare a
Pentecoste la figlia Ippolita con Gaudenzio, comandante dell'esercito del duca
d'Austria, nella speranza di ricevere un aiuto militare in caso di bisogno.
Nell'estate l'esercito dei ribelli è in Liguria quando muore improvvisamente
Sforza Maria (29 luglio) a Varese Ligure. Secondo il Corio (p. 430)
"dicesi che fu avelenato, altri dissero esser proceduto per l'incredibile
grassezza". Il mistero non venne mai completamente chiarito, è certo però
che il presunto avvelenamento di Sforza Maria fu il principale capo
d'imputazione contro Cicco nel processo che lo condannò a morte l'anno
successivo.
Da questo momento Ludovico il Moro diventa il protagonista della
storia. Inizia la sua scalata al potere, una scalata condotta con decisione e
grande abilità, che deve obbligatoriamente "passare sul cadavere" di
Cicco. Il momento decisivo arriva a settembre. Il giorno 7 settembre Ludovico
entra segretamente nel Castello e si accorda con Bona per una pace tra le
fazioni in armi. Cicco, appena lo viene a sapere, capisce subito che la svolta
è ormai avvenuta e pronuncia la celebre profezia: "Duchessa Illustrissima,
à me sarà tagliato il capo, e voi in processo di tempo perderete lo
stato". Tre giorni dopo, al termine di una serie di trattative e di
minacce tra le fazioni guelfa e ghibellina, Ludovico acconsente all'arresto del
Simonetta con grande gioia del papa e del re di Napoli, che vedono finalmente
aperta la loro strada verso Firenze. Assieme a Cicco vengono arrestati il
fratello Giovanni e tutti i suoi amici, parenti e sostenitori. La casa viene
saccheggiata e i beni espropriati. Si è calcolato che il valore dei beni di
Cicco ammontasse a circa 200.000 ducati (oggi potrebbe essere qualcosa come 20
miliardi, ma il confronto è del tutto indicativo).
Tradotto dopo pochi giorni nel castello di Pavia, Cicco
resterà in carcere più di un anno in attesa del processo mentre il fratello e
la maggior parte dei suoi sostenitori vengono quasi subito liberati. Ludovico il Moro è
incerto sulla condotta da tenere nei confronti delle fazioni e preferisce
attendere. Molti guelfi potenti (il Trivulzio soprattutto) sono a favore di
Cicco. Anche il duca d'Austria e gli Estensi sono con lui, ma non hanno
abbastanza forza per imporre la sua liberazione. Nel frattempo l'occupazione di
Otranto da parte dei Turchi scombina tutti i progetti di Napoli e del papa e le
loro mire su Firenze svaniscono. Cessata la guerra, l'1 ottobre 1480 Roberto di
Sanseverino torna a Milano accompagnato da molti esponenti di famiglie
ghibelline. Ludovico deve accontentarli nei confronti di Cicco se vuole
prendere stabilmente il potere. La sorte di Cicco è segnata. Mentre il giovane
duca Gian Galeazzo viene segregato nella Rocchetta (7 ottobre) si apre il
processo a Pavia contro l'ex Segretario ducale. Il 30 ottobre, dopo la sentenza
emessa da un tribunale composto interamente da persone a lui ostili, Cicco
viene decapitato sul rivellino del castello di Pavia dalla parte del giardino.
Verrà sepolto nel chiostro di S. Apollinare (a Pavia?) tra il cordoglio degli
amici che pongono sulla tomba epitaffi in sua memoria tra i quali viene
ricordato questo che gioca sul nome Ceco:
Principis
insubrium fidus quia sceptra tuebar
Acephalon tumulo gens nimica dedit.
Me Cecum dicunt vidi qui multa superstes
Crede mihi sine me patria ceca manes.
Pochi giorni dopo - il 3 novembre - anche Bona viene
segregata ed esautorata da ogni potere mentre Ludovico il Moro, nuovo tutore di Gian
Galeazzo, inizia il suo ventennio di potere incontrastato a Milano.
Bibliografia
Documenti sui Simonetta nell'Archivio di Stato di Milano
ARCHIVIO DIPLOMATICO (SEZIONE STORICO-DIPLOMATICA)
FAMIGLIE
422. Famiglie, selezioni: Cart.176. Simonetta Angelo, Cicco, Giovanni ed altri (1438, 1466-68, 1470-72, 1474-80, 1483, 1491, 1497, 1499, 1513-14, 1521, 1530, 1532, 1549, 1552, 1560, 1580, 1583, 1593 + non datato).
MISCELLANEA STORICA
423.1. Cart. 9A. Cicco Simonetta, documenti biografici (varie date).
423.2. Cart. 9B. Cicco Simonetta, Quaderni di conti (1452-1479).
ARCHIVIO SFORZESCO DUCALE
CARTEGGIO INTERNO
MILANO CITTA'
447.1. Cart.1083 (1453-54), 1456-57, 1461-65, 1468, 1474-76, 1478, 1479 Gen. - Dic. + non datato; carte di Cicco Simonetta).
Scritti di Cicco
Simonetta
I diari di Cicco Simonetta
(1473-76 e 1478), Milano, Giuffrè, 1962
(Trivulziana Arch C 595/1) anche in Archivio
Storico Lombardo, Serie VIII, vol. I (1948-49), pp. 80-114; vol. II (1950),
pp. 157-80; vol. III (1951-52), pp. 154-187; vol. IV (1953), pp. 186-217.
Costitutiones et
ordines della Cancelleria sforzesca, 1465
Regule ad extrahendum litteras ziferatas, sine exemplo, Paris, Biblioteque Nationale, Fonds Italien, Cod. 1595,
foll. 441r-441v-442r-442v
Ordini perché in casa
soa se viva regulatamente et con bono ordine, in Redaelli, G., cit., in "Annali Universali di
Statistica", vol. XXI (1829), pp. 26-28.
Scritti su Cicco
Simonetta
AA.VV., Gli Sforza a
Milano e in Lombardia e i loro rapporti con gli Stati italiani ed europei
(1450-1535), Milano, Cisalpino-Goliardica, 1982
Catalano, Franco, Francesco
Sforza, Milano, Dall'Oglio, 1983
Catalano, Franco, Ludovico
il Moro, Milano, Dall'Oglio, 1985
Corio, Bernardino, L'Historia
di Milano, Milano 1554 [Reprint Studio Editoriale Insubria, Milano 1978]
Covini, Maria Nadia, L'esercito del duca. Organizzazione militare e istituzioni al tempo degli Sforza (1450-1480), Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo 1998
Pizzagalli, Daniela, Tra
due dinastie. Bianca Maria Visconti e il ducato di Milano, Milano, Camunia,
1988
Redaelli, G., La vita
di Cicco Simonetta, in "Annali Universali di Statistica", vol. XX
(1829), pp. 263-78; vol. XXI (1829), pp. 25-39; vol. XXII (1829), pp. 194-233;
vol. XXIII (1829), pp. 84-?; vol. XXIV (1830), pp. 181-192. Manca la
conclusione.
Santoro, Caterina, Gli
Sforza, Milano, Dall'Oglio 1968
Storia di Milano,
vol. VII, Milano 1957
Inizio pagina
Ultima
modifica: martedì 30 luglio 2002
paolo.colussi@rcm.inet.it
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