Marinetti e la rivista "Poesia"
di Paolo Colussi
Nascita della rivista “Poesia”
L’avvocato di Voghera Enrico Marinetti, dopo aver sposato la milanese Amalia Grolli, si trasferisce ad Alessandria
d’Egitto e si arricchisce notevolmente aprendo prima uno e poi diversi altri studi di civilista ad Alessandria e in altre città egiziane. Dalla coppia nascono due figli,
Leone, il primogenito, e poi - il 22 dicembre 1876 - Filippo Tommaso. I ragazzi studiano in
Egitto in scuole di lingua francese. Non appena i ragazzi hanno terminato gli studi liceali, forse per consentire loro di frequentare un’università italiana o forse perché
ormai si era arricchita a sufficienza, la famiglia lascia l’Egitto e si trasferisce a Milano in via Senato 2, in un grande appartamento al primo piano della casa all’angolo
con corso Venezia, tuttora esistente. L’appartamento viene arredato in stile moresco con oggetti acquistati in Oriente. I milanesi, colpiti dalle grandi disponibilità
finanziarie dei Marinetti, sostengono malignamente che l’avvocato aveva fatto i soldi con la tratta delle bianche.
Siamo nel 1893, Leone
e Tommaso si iscrivono, su insistenza del padre, alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pavia, ma l’improvviso cambiamento di clima provoca ben presto una
terribile tragedia. Leone, già sofferente di reumatismi, viene colpito da una forma acuta di artrite che gli danneggia il cuore e lo uccide (21 settembre 1895). Per evitare altre tragedie, Tommaso
viene mandato a studiare a Genova dove si laurea nel 1899. Tornato a Milano, Tom (così infatti era chiamato in famiglia) inizia a frequentare letterati e critici come Giovanni e
Francesco Pozza, Sem Benelli, Guido da Verona e Umberto Notari. Il suo interesse va però prevalentemente a quanto sta succedendo a Parigi, fucina dei nuovi movimenti artistici
“simbolista” e “umanista”. A Parigi pubblica nel 1902 un poema epico, La Conquête des Étoiles, che inizia a far circolare il
suo nome in quell’ambiente, seguito a due anni di distanza da Destruction, sempre in francese.
Nel frattempo muore la madre. I due maschi superstiti, padre e figlio, decidono di dividere in due parti il grande
appartamento di via Senato per acquistare entrambi una maggiore libertà d’azione, specialmente in caso di avventure galanti. Tom però non pensa solo alle donne e decide di
utilizzare il suo nuovo spazio per avviare un’iniziativa editoriale di prestigio che gli consenta di essere maggiormente conosciuto in Italia e all’estero. Fonda
perciò nel 1904 una rivista letteraria dal nome molto sintetico e diretto - “Poesia” - il cui primo numero esce nel gennaio 1905. E’ una pubblicazione molto elegante, dal
formato grande, quasi quadrato, stampata su una splendida carta a mano a caratteri grandi. La copertina, che cambia colore ad ogni numero, è disegnata dall’incisore Alberto
Martini di Oderzo. Vi compare raffigurata una rupe che si leva su un piano coperto di sozze figure striscianti nel fango. Sulla vetta una figurina di donna nuda (la Poesia) con
in mano un arco che ha colpito con una freccia il mostro padre-madre che sta allattando un mostriciattolo. Non abbiamo purtroppo riferimenti espliciti sul significato preciso del
mostro a tre teste in lotta con la Poesia. Le illustrazioni nelle pagine interne della rivista sono molto scarse. Compaiono di tanto in tanto dei ritratti a penna realizzati da
Ugo Valeri.
La rivista doveva uscire ogni mese al prezzo di una lira per numero. Di fatto usciranno molti numeri doppi o tripli ma di
notevole spessore per compensare gli abbonati. La rivista, che porta il sottotitolo di “Rassegna internazionale” contiene realmente molti contributi poetici stranieri,
soprattutto francesi e mira principalmente a sprovincializzare l’ambiente letterario italiano, seguendo un filone tipicamente milanese, inaugurato mezzo secolo prima da Carlo
Cattaneo e Carlo Tenca. Malgrado la violenta copertina, mancano invece gli accenti polemici, anzi, Marinetti mira soprattutto a farsi accettare da tutti gli ambienti letterari
italiani ai quali la pubblicazione è diretta ed è molto scrupoloso nell’assicurarsi la presenza di ciascuna delle diverse tendenze.
Sulla
copertina dei primi sette numeri figurano come direttori, oltre a Marinetti, anche Sem Benelli e Vitaliano Ponti, ma la loro collaborazione cesserà a partire dal n. 8 del 1906.
Comunque il lavoro organizzativo è assicurato da due fedelissimi di Marinetti, Elisa Spada per la parte amministrativa e Decio Cinti per quella redazionale.
Pur impegnato in questa iniziativa, Marinetti continua a tenere strette relazioni con Parigi dove nel 1905 viene
pubblicata e rappresentata la sua prima opera teatrale, la tragedia satirica Roi Bombace (Re Baldoria). Il dramma è dedicato “Ai
grandi cuochi della felicità universale: Filippo Turati, Enrico Ferri e Arturo Labriola”. Marinetti aveva partecipato ai grandi comizi di Milano svoltisi in occasione dello
sciopero generale del settembre 1904 e ne aveva tratto una sua filosofia sociale che vedeva il mondo diviso “tra chi mangia troppo e chi mangia troppo poco”. Qualsiasi
rivoluzione comunque avrebbe riportato le cose, prima o dopo, a questo punto di partenza.
Milano in questi anni sta attraversando un periodo di grande travaglio politico. Le lotte sociali portano nel 1906 alla
formazione della Confederazione Generale del Lavoro e della Lega degli industriali. Cominciano a circolare “gli automobili” (allora si usava il maschile) e i primi
aeromobili. Il traforo del Sempione e molte altre innovazioni tecnologiche esplodono nell’Esposizione internazionale del 1906 al Parco Sempione. L’Umanitaria, forte dei
milioni ereditati da Moisè Loria, costruisce il Quartiere Solari, il primo esempio moderno di edilizia popolare mentre al Teatro Dal Verme la borghesia è estasiata dalla Vedova
allegra di Franz Lehar.
Il 1906 è anche l’anno dello scandalo seguito alla pubblicazione del romanzo Quelle
signore di Umberto Notari accusato di oltraggio al pudore. Marinetti interviene al processo come esperto per attestare il carattere artistico dell’opera, mentre tra gli
avvocati difensori si mette in luce Cesare Sarfatti, un socialista veneziano da poco arrivato a Milano con la moglie Margherita (vedi in
questo sito), grande appassionata d’arte. E’ il preludio ad un secondo processo, ancora più famoso, che toccherà direttamente Marinetti nel 1910.
Il primo gruppo di poeti
Tra i primissimi collaboratori di “Poesia” vanno ricordati soprattutto due poeti, che sono ancora oggi figure di
primo piano della letteratura italiana del Novecento: Gian Pietro Lucini e Paolo Buzzi.
Gian Pietro Lucini nasce a Milano nel 1867 e rappresenta un ponte tra la seconda Scapigliatura milanese e le nuove
tendenze di rottura del nuovo secolo. Gravemente ammalato di tubercolosi ossea che lo aveva costretto a farsi amputare una gamba, Lucini è un personaggio anomalo nell’ambiente
milanese, fortemente critico nei confronti della cultura ufficiale. L’incontro con Marinetti lo spinge verso un maggiore sperimentalismo che sfocerà nella sua proposta del Verso
libero, prima pietra fondamentale della futura poesia futurista. Paolo Buzzi, nato nel 1874 e quasi coetaneo di Marinetti, diventa ben presto molto amico dell’estroso poeta
di Alessandria. Laureato in legge e poi avvocato. Entra quasi subito nell’Amministrazione Provinciale di Milano e inizia una brillante carriera di funzionario che lo porterà
in pochi anni a ricoprire la carica di Primo Segretario. Con Marinetti inizia una doppia vita che lo vedrà impeccabile funzionario di giorno e (prudentemente) scatenato
futurista di notte.
Nel 1907 muore il padre di Marinetti e l’appartamento di via Senato 2 viene riunito. In quell’occasione Marinetti fa
togliere dalla casa tutti gli specchi compreso quello dello sportello di un grande armadio che viene sostituito con un pannello decorato. Aveva infatti il terrore degli specchi
rotti tanto che in viaggio portava con sè soltanto uno specchio di acciaio.
Grazie alla maggiore disponibilità economica acquisita in seguito all’eredità, Marinetti può allargare le attività
della rivista, della quale diventa caporedattore l’amico Buzzi. Per aggregare nuove voci attorno al ristretto gruppo degli amici iniziali, organizza concorsi per giovani poeti.
Il premio per il migliore libro di versi era di L. 3000, una cifra molto elevata che corrisponde a più di 50 milioni di oggi. La prima gara è vinta da Emilio Zanetti, la
seconda da Enrico Cavacchioli (vedi scheda) con L’incubo velato.
I testi vincenti vengono pubblicati dalla stessa rivista che inizia così una propria attività editoriale. I libri avevano copertine semplici senza fronzoli, destinate a colpire
con il titolo. A partire dal 1907 uno dei compiti principali della rivista diventa quello di pubblicizzare, anche mediante brevi anticipazioni, le nuove pubblicazioni e
principalmente quelle di Lucini, di Buzzi e di Cavacchioli.
Muore la rivista e nasce il nuovo Movimento futurista
Nella
primavera del 1908, Marinetti accetta l’invito a partecipare ad una manifestazione irredentista a Trieste dove porta tutto il suo entusiasmo e la sua euforia. Al suo ritorno a
Milano decide di prendere la patente di guida e di acquistare un automobile. Alla prima uscita da Milano capita però un incidente che poteva essere molto grave, ma che è
ritenuto da Marinetti il fattore scatenante grazie al quale nascerà il movimento futurista. L’episodio è riportato nel testo del celebre Manifesto
del Futurismo pubblicato in francese sul giornale “Figaro” del 20 febbraio 1909 e ripubblicato da “Poesia” nel numero 1-2 dello stesso anno (vedi Appendice). Nel
Manifesto l’episodio è raccontato con molte “licenze poetiche”. Un racconto più veritiero anche se espresso nel suo geniale linguaggio futurista ce lo fornisce lo stesso
Marinetti nel suo ultimo libro, La grande Milano tradizionale e futurista:
Non sono versi liberi ma parole in libertà i ruggiti del tubo di scappamento della mia centocavalli
che senza sapere guidare guido in vie deserte o spaventate fin in Piazza d'Armi
Velocità crescente e impeto del motore che vuole strapparmi il volante dalle mani mie fragili di
poeta
Nessuno davanti al mio slancio ed è un inaspettato
lirismo che spalanca orizzonti sbaraglia a destra e a sinistra caseggiati che il sogno sonno immensifica
Rasentare un canale di fangosa acqua d'officina e scorgere a 100 metri due incauti ciclisti già
promessi alla furente ingordigia delle mie ruote ed eccomi pietoso al punto di rosicchiare colle mie ruote di destra l'orlo del fosso mentre ricordo d'aver letto la morte del mio
amico Simon parigino sventratosi in un rovesciamento d'automobili
Istintivamente per questo scarto il mio ventre dal volante quando sento planetariamente capovolgersi
lenta meno lenta prestissimo la mia centocavalli su me
Tattilismo olfattivo di mota bava mentastri petrolio untume forfora sudori olio benzina sterpi fieno
moscaio formicaio scorie limature carbone con il corpo inerte di 80 chili del meccanico a caldo liquido premente sempre più quintale
Atroce impasto che spera dispera
E sotto sotto sotto torcersi di una seconda imbottitura tattile di plumbeo destino che ha
sapore-odore di aceto melassa spinaci in bocca e nei bronchi catarri a furente tubo di scappamento e acidi gas fischianti corpo a corpo collo smisurato cetaceo ruote all'aria
roteanti
Pesantissimo cielo che mi schiaccia coi suoi blocchi di cobalto
No no no no non dilaniarmi la schiena
Faticosamente a rantoli mentre operai accorrono
- Prest prest ciapa i cord che se dev tirà su i reud prima che el motor ciapa feug Giovan porta el
cric e i cord
- Sunt mort sotta prest tira su
Mi estraggono straccio fangoso elettrizzato da una gioia acutissima che collauda con spasimosi
rigurgiti di orgoglio volitivo il Futurismo
Orestano la definirà giustamente poesia ad ogni costo
...
(da La grande Milano..., p. 88)
Salvo per miracolo e medicato alla meglio, parte per un lungo viaggio in Europa al ritorno dal quale, l’11 ottobre
1908, riesce a racchiudere le sue idee in un’unica parola: Futurismo. Il primo nome che aveva pensato per il movimento era “elettricismo”, ma temeva che li avrebbero
chiamati “elettricisti”. Poi “dinamismo”, ma anche questo non era proprio soddisfacente.
Il fatto che sia stato pensato il giorno 11 ci ricorda inoltre che questo numero, e i suoi multipli, era considerato
“fausto” da Marinetti. Molte sue successive pubblicazioni, e soprattutto i vari Manifesti, portano infatti la data dell’11. (Manifesti futuristi on line
)
Il
manifesto del nuovo movimento, come si è detto, verrà pubblicato per la prima volta da “Le Figaro” il 20 febbraio 1909. In realtà doveva essere pubblicato prima dalla
rivista “Poesia”, ma il terremoto di Messina (28 dicembre 1908) lo convince a rinviare l’annuncio di un mese perché l’attenzione di tutti era concentrata in quel momento
sul tragico avvenimento. Una preoccupazione superflua perché nessun giornale in Italia registra la nuova iniziativa culturale che fu del tutto ignorata dall’opinione pubblica.
Solo alcuni letterati entusiasti vi aderiscono e inviano alla rivista il loro plauso e le loro opere. Il gruppetto iniziale di poeti si arricchisce così di nuovi nomi, tra i
quali troviamo Aldo Palazzeschi, Luciano Folgore, Auro d’Alba e Libero Altomare. Anche i poeti del vecchio gruppo, come rinvigoriti dalla nascita del movimento, pubblicano in
quest’anno alcune delle loro opere migliori. Paolo Buzzi pubblica Aeroplani, Enrico Cavacchioli Le
ranocchie turchine, Gian Pietro Lucini Revolverate.Quest’ultimo titolo viene suggerito a Lucini da Marinetti che lo convince ad
accettarlo dopo molte insistenze e sapienti “ruffianerie”. Sarà però l’ultima volta che Lucini si farà convincere. Staccatosi dal movimento in disaccordo con la violenta
requisitoria contro gli amati musei e biblioteche, Lucini si ritira a Breglia sul lago di Como dove muore nel 1914 a soli 47 anni.
Marinetti dal canto suo pubblica a Parigi il suo libro più famoso: Mafarka le
Futuriste.
Con il 1909 la rivista cessa le pubblicazioni e si trasforma in Casa editrice mentre il movimento futurista, che
all’estero aveva già cominciato a suscitare un certo interesse, si prepara a decollare.
Il Futurismo
Il 1910 è l’anno del
trionfo futurista. In gennaio Marinetti conosce Umberto Boccioni che porta nel gruppo anche gli amici Luigi Russolo e Carlo Carrà, con i quali frequentava il Caffè del Centro
in via Carlo Alberto. Sempre attraverso Boccioni entreranno nel movimento anche il suo maestro Balla che stava a Roma e l’amico Severini che risiedeva da qualche anno a Parigi.
Il nuovo gruppo firma l’11 febbraio il Manifesto dei pittori futuristi che viene stampato e diffuso in migliaia di copie. Marinetti
intanto, dall’inizio dell’anno ha avviato il programma delle “Serate futuriste”, una serie di interventi provocatori in alcuni dei maggiori teatri italiani per scuotere
l’opinione pubblica ed arrivare finalmente a far parlare i giornali del Futurismo. Il programma inizia il 12 gennaio dal Politeama di Trieste. Il 15 febbraio al Teatro Lirico
di Milano Palazzeschi (vedi scheda) declama le poesie Fontana malata
(vedi testo on line) e L’orologio, ma il putiferio si scatena alla
lettura delle liriche di Paolo Buzzi scritte in onore del tenente generale Asinari di Bernezzo, che era stato messo a riposo per punizione dopo un suo violento discorso
antiaustriaco. La rissa dentro e fuori il teatro non si verifica quindi per motivi estetici, ma tra persone favorevoli o contrarie alle lotta per la liberazione di Trento e
Trieste. Paolo Buzzi in ogni caso, per la carica pubblica che ricopriva, deve tenersi prudentemente tra le quinte.
Il programma delle manifestazioni futuriste continua l’8 marzo al Teatro Chiarella di Torino dove Boccioni declama il Manifesto
dei pittori futuristi al quale seguirà l’11 aprile un testo più dettagliato: il Manifesto tecnico della pittura futurista. Le
manifestazioni pubbliche si concludono con uno spettacolare lancio di volantini dalla Torre dell’Orologio in piazza San Marco a Venezia. Il volantino, intitolato Contro
Venezia passatista è una violenta requisitoria contro la mentalità tradizionalista.
Ormai
il movimento è lanciato. In una piccola sezione di una mostra organizzata dalla Famiglia artistica a Milano compaiono in pubblico i primi quadri futuristi di Boccioni, Carrà e
Russolo, tra i quali spicca Una baruffa, poi intitolato Rissa in galleria (Brera, Collezione
Jesi), ancora post-impressionista nella tecnica ma già influenzato dal Futurismo nella ricerca del movimento e nel soggetto che racconta uno scontro avvenuto realmente tra
pacifisti e nazionalisti. Balilla Pratella completa il quadro scrivendo il Manifesto dei musicisti tecnici, pubblicato l’11 gennaio
1911.
La campagna pubblicitaria a favore del Futurismo è degnamente completata dal processo che si apre l’8 ottobre 1910
contro la traduzione italiana del romanzo Mafarka il Futurista di Marinetti, accusato di oltraggio al pudore. Luigi Capuana interviene
come tecnico citando una serie di classici licenziosi a dimostrazione della possibilità di convivenza tra arte ed erotismo. Tra gli avvocati spicca anche in questo caso Cesare
Sarfatti, che tramite la moglie Margherita (amica, forse amante, di Boccioni) aveva ormai allacciato stretti legami con i futuristi. La stampa dà grande risalto al processo che
si conclude con un’assoluzione in primo grado, seguita da una condanna a due anni e mezzo con la condizionale in Appello e in Cassazione.
Il trasloco da via Senato 2 alla Casa Rossa
Nel
1911 Marinetti trasloca da via Senato in un appartamento al primo piano della Casa Rossa, la grande casa dei fratelli Ciani decorata con modanature e rilievi in cotto di soggetto
risorgimentale. Si trovava al numero 61 di corso Venezia, all’angolo con via Boschetti. Demolita nel 1928, è stata sostituita da un grande palazzo moderno che porta oggi il
numero 37. Qui vengono trasportati anche tutti gli arredi orientali della famiglia compreso il grande armadio ormai privo dello specchio. E’ proprio durante questo trasloco che
Balla vede l’armadio e si offre di ridecorarne il pannello di legno. Oggi questo celebre armadio appartiene ad una collezione americana.
Ormai il Futurismo è un caso nazionale. Il 30 aprile in un padiglione dismesso della ditta Ricordi si apre la Prima
esposizione d’arte libera con 50 quadri futuristi di Boccioni, Carrà e Russolo. Boccioni espone Care puttane (La
retata, Coll. privata) che solleva uno scandalo per il titolo. Espone anche uno dei suoi quadri più noti,
La risata (New York, Museum of Modern Art) (vedi l'interpretazione del quadro), che viene
sfregiato da un visitatore e parzialmente ridipinto. La mostra solleva moltissime critiche denigratorie dal parte della critica tradizionale, accolte con viva soddisfazione dal
gruppo, ma anche critiche spiacevoli.
Il pittore toscano Ardengo Soffici li critica
pesantemente sulla “Voce” del 22 giugno accusandoli di provincialismo e di non conoscere il cubismo, il movimento artistico più interessante sorto in quegli anni in Europa.
“... [i dipinti futuristi] non rappresentano in nessun modo una visione d’arte
personalissima come forse crede qualche intrepido gazzettiere. No. Sono anzi sciocche e laide smargiassate di poco scrupolosi messeri, i quali vedendo il mondo torbidamente,
senza senso di poesia, con gli occhi del più pachidermico maialaio d’America, voglion far credere di vederlo fiorito e fiammeggiante, e credono che lo stiaffar colore da
forsennati su un quadro di bidelli d’Accademia, o il ritirare in piazza il filacciume del divisionismo, questo morto errore segantiniano, possa far riuscire il loro gioco al
cospetto della folla babbea.”
La reazione è rabbiosa. Viene organizzata una spedizione punitiva a Firenze che viene così descritta da Carrà nelle
sue memorie:
“Giunti, ci recammo guidati da Palazzeschi al Caffè delle Giubbe Rosse, dove
sapevamo di trovare il gruppo vociano. Ben presto infatti ci fu indicato Soffici e Boccioni lo apostrofò: E’ lei Ardengo Soffici? alla risposta affermativa volò uno schiaffo.
Soffici reagì energicamente tirando colpi a destra e a sinistra col suo bastone. In breve il pandemonio fu infernale: tavolini che si rovesciavano trascinando con sè i vassoi
carichi di bicchieri e di chicchere, vicini che scappavano gridando, camerieri che accorrevano per ristabilire l’ordine; e arrivò anche un commissario di polizia che si
interpose facendo cessare la mischia.”
L’ostilità tra i futuristi e i vociani perdurerà ancora per due anni e si placherà solo quando alcuni vociani
usciranno dalla rivista per fondare “Lacerba”.
La
critica però ha toccato un tasto dolente che induce i pittori futuristi a prendere atto del cubismo e ad abbandonare le ultime tracce di divisionismo ancora largamente presenti.
Boccioni avvia la preparazione degli Stati d’animo, che alcuni ritengono il suo capolavoro. Anche Marinetti, sull’onda del
successo-scandalo della pittura futurista, rilancia con Uccidiamo il chiaro di luna (vedi testo
on line) e il Manifesto tecnico della letteratura futurista (vedi testo on line)
più avanzate proposte letterarie. Il gruppo dei poeti è cresciuto ed è ormai possibile pubblicare l’antologia I poeti futuristi
che raccoglie il meglio della loro produzione.
Intanto anche la politica italiana sta diventando sempre più “futurista”, vale a dire nazionalista e guerrafondaia.
In settembre inizia la spedizione in Libia alla quale si aggrega Marinetti come corrispondente del giornale parigino “L’intransigeant”.
L’assenza di Marinetti da Milano consiglia di spostare all’anno successivo la grande mostra d’arte che si voleva
organizzare a Parigi e che verrà inaugurata alla galleria Berheim Jeune nel febbraio del 1912. La mostra è accompagnata da un’importante prefazione scritta da Boccioni, Carrà,
Russolo, Balla e Severini, nella quale si sottolineano le differenze rispetto al cubismo, che non conosce il dinamismo.
Boccioni
espone La città che sale, (New York, Museum of Modern Art, bozzetto al CIMAC, Coll. Jesi), dipinto nel 1910-11, il primo suo quadro
che cerca di attuare pienamente il programma futurista, gli Stati d’animo (CIMAC, New York), Visioni
simultanee (Wuppertal, Var der Heydt Museum), La strada entra nella casa (Hannover, Sprengler Museum) tutti dipinti nel 1911.
Lasciata Parigi, la mostra si sposta in tutte le principali città europee - Londra, Berlino, L’Aja, Amsterdam, Monaco, Amburgo - diffondendo sempre più il vangelo futurista,
che ha già raggiunto l’arte della fotografia e che presto si estenderà alla scultura, al teatro e alla danza. La poesia futurista, superato il verso libero che sembra ormai
troppo tradizionalista, scopre le “parole in libertà” una tecnica dove arte e poesia si fondono in un collage di parole e simboli disposti liberamente sul foglio. Carrà nel
1913 arriva a pubblicare La pittura dei suoni, rumori e odori (vedi il testo
on line), dove tutto si mescola nel più assoluto disordine.
Dall’arte alla politica
Finita
la guerra di Libia, una ben più grave tempesta si sta profilando all’orizzonte, non solo per l’Italia. L’anno 1914 segna per il movimento futurista il passaggio dalle
teorie estetiche all’intervento politico. In quest’anno Balla, Carrà, Marinetti, Piatti, Russolo e Boccioni pubblicano il manifesto: Sintesi
futurista della guerra. In settembre Marinetti, Boccioni e altri seguaci del movimento vengono arrestati durante una manifestazione interventista e restano per cinque giorni
in carcere perché avevano bruciato in piazza del Duomo otto bandiere austriache. Nel febbraio del 1915 Marinetti è nuovamente arrestato a Roma durante una manifestazione
interventista davanti al Parlamento. Con lui viene arrestato Mussolini, che Marinetti aveva conosciuto socialista nel salotto della Sarfatti in corso Venezia e che ora da qualche
mese aveva rotto con i socialisti e si era lanciato in una campagna per l’intervento. I due si trovano ora a fianco nella stessa lotta, che li vedrà ancora in guardina assieme
in aprile in seguito ai disordini scoppiati durante un’altra delle tante manifestazioni interventiste che si susseguono in tutta l’Italia.
Quando finalmente l’Italia decide di
intervenire nel conflitto, Marinetti, Sant’Elia, Boccioni, Russolo, Carrà, Funi, Erba, Sironi e Piatti si arruolano nel “Battaglione lombardo volontari ciclisti” e partono
per il fronte. In settembre passano negli alpini o in fanteria. La sorte disporrà molto diversamente per ciascuno di loro. Boccioni, tornato dal fronte in dicembre, utilizza i
primi mesi del 1916 per sperimentare un nuovo tipo di pittura, molto lontana dal Futurismo. Dipinge il Ritratto del maestro Ferruccio
Busoni (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), il Ritratto della Signora Busoni II (CIMAC) e il suo ultimo olio, la
Natura morta (CIMAC) dove è evidente l’influsso di Cézanne. Richiamato alle armi in luglio, muore a Verona il 16 agosto in seguito a una caduta da cavallo.
Carrà, arruolatosi pieno di entusiasmo per la guerra, dopo molte peripezie burocratiche finisce col prestare servizio
presso l’ospedale di Ferrara dove conosce De Chirico, Savinio e De Pisis assieme ai quali elabora la “pittura metafisica”, uno stile artistico agli antipodi del futurismo.
Antonio Sant’Elia, il giovane e geniale architetto che si era rivelato con una serie di disegni nel maggio del 1914,
muore sul campo di battaglia il 10 ottobre 1917, a soli 29 anni. Luigi Russolo viene ferito sul Monte Grappa. Anche Marinetti viene ferito nel 1917 durante la battaglia del Kuk.
Ritorna però a combattere, partecipando all’ultima campagna di Vittorio Veneto che pone termine alla guerra, dove prenderà una seconda medaglia al valore. Tornato a Milano,
scrive il Manifesto del partito futurista italiano che dà il via alla fondazione dei Fasci futuristi a Ferrara, Firenze, Roma e
Taranto.
I
legami con Mussolini “il rivoluzionario” in questo periodo si fanno sempre più stretti fino alla storica manifestazione del 23 marzo 1919 nel palazzo di piazza San Sepolcro,
alla quale Marinetti interviene con un discorso. In seguito Marinetti sarà ancora presente nella cosiddetta “battaglia di via Mercanti” del 15 aprile, culminata con
l’assalto alla redazione dell’Avanti! e nel maggio successivo ospiterà nella sua casa di corso Venezia il primo nucleo milanese degli Arditi fondato da Ferruccio Vecchi,
malgrado le proteste dei condomini e delle sue vecchie cameriere.
E’ candidato (con Arturo Toscanini e altri uomini di cultura) nella lista del Partito fascista alle elezioni politiche
del 16 novembre 1919, ma la lista ottiene pochissimi voti e Marinetti torna alla letteratura. Cerca di riprendere le pubblicazioni di “Poesia”, ma ormai è passato il tempo
dei dibattiti letterari e l’impresa si ferma al primo numero. Ormai il futurismo è un movimento d’avanguardia come molti altri, che non solleva più un eccessivo scandalo,
ma può esplorare molte direzioni espressive grazie anche all’ingresso in campo di nuove leve come Fortunato Depero e altri. Nel 1925, in un’Italia ormai “pacificata” da
Mussolini, Marinetti si traferisce con la moglie a Roma dove vivrà per il resto della sua vita con le figlie Vittoria, Ala e Luce, ricevendo persino nel 1929 il titolo,
paradossale, di Accademico d’Italia.
Lo spirito futurista però non si è affatto spento, e soprattutto la passione per la guerra. Dal 22 ottobre 1935
all’aprile 1936, alla bella età di 60 anni, partecipa come volontario alla guerra d’Etiopia e durante la seconda guerra mondiale, tra il 1942 e il 1943, trascorre alcuni
mesi con l’esercito italiano in Russia. Rientrato in Italia, trascorre l’inverno tra il 1943 e il 1944 a Venezia dove scrive un libro di rievocazioni del suo glorioso passato
milanese: La grande Milano tradizionale e futurista, pubblicato dopo la guerra. Nell’agosto del 1944 si traferisce a Cadenabbia e poi
a Bellagio dove muore colpito da infarto il 2 dicembre dello stesso anno. Pochi giorni dopo si svolgono a Milano i funerali solenni con un grande concorso di cittadini che
accompagnano il poeta fino al Cimitero Monumentale dove viene sepolto. Interpretando questo episodio come un omaggio al fascismo da parte della città, Mussolini decide di tenere
il 16 dicembre al Teatro Lirico quello che sarà il suo ultimo comizio politico.
Bibliografia
Sul web c'è un numero enorme di siti dedicati al Futurismo. Ne abbiamo scelto alcuni:
Vedi anche questo grande sito sul Futurismo in inglese.
Belloli, Carlo (a cura di), Aspetti inediti e meno noti del futurismo in Lombardia, fascicolo speciale della
"Martinella", XXX, fasc. I-II, gennaio-febbraio 1976
Borghese, Alessandra, Intorno al futurismo, Roma, Leonardo-De Luca Illuminato, Sergio 1991
Carrà, Carlo, La mia vita, Milano, Feltrinelli 1981
Coen, Ester, Futurismo, allegato n. 2, maggio 1986, di "Art e dossier"
Grimoldi, A., Il folle palazzo Fidia, in "Ottagono", n. 58, settembre 1980
Marinetti, Filippo, La grande Milano tradizionale e futurista, Milano, Tommaso Mondadori 1969 (Opere
di F.T. Marinetti, vol. III-IV) (Brera T 69 D 174)
Marinetti e Fillia, La cucina futurista, Milano, Longanesi 1986 (Brera Coll. It. P 425/135)
Ravegnani, Giuseppe (a cura di), Poeti futuristi, Milano, Nuova Accademia, 1963
Vaccari, Walter, Vita e tumulti di Marinetti, Milano, Omnia 1959 (Brera Coll. It. P 157/2)
Verzotti, Giorgio, Boccioni. Catalogo completo, Firenze, Cantini 1989
La raccolta completa di "Poesia" dal 1905 al 1909 più il numero unico del 1920 si trova a Brera con la collocazione Per 818.
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Ultima modifica: mercoledì 31 luglio 2002
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