Margherita Sarfatti e il
"Novecento"
di Paolo Colussi
La vita di Margherita
Sarfatti può essere disegnata come un'ampia parabola che sale lentamente verso
l'alto, sempre più in alto, fino a quando comincia a scendere, prima in modo
incerto, ma poi rapidamente e bruscamente fino all'umiliazione e all'isolamento
quasi assoluto.
Oggi quasi completamente
dimenticata, la Sarfatti raggiunse negli anni '20 di questo secolo una
notorietà enorme in tutto il mondo grazie alla sua biografia di Mussolini, data
alle stampe nel momento dell'ascesa al potere del fascismo. Poi, stordita dal
potere e dalla fama inaspettata, cominciò ad essere combattuta da potenti
nemici interni al regime, e infine, umiliata per le sue origini ebraiche,
dovette fuggire all’estero e trascorrere oscuramente gli ultimi anni della sua
vita.
Nata a Venezia l'8 aprile
1880 da una ricca famiglia ebrea, Margherita Grassini (questo era il suo nome
da nubile) trascorre un'adolescenza dorata. A 14 anni inizia la sua istruzione
superiore con l'aiuto di alcuni dei più noti studiosi della città. Si
appassiona alla storia dell'arte e alla poesia del Carducci. L'anno seguente un
quarantenne professore socialista, conosciuto al mare, la corteggia e la spinge
a leggere le opere di Marx e di altri teorici socialisti, con grande scandalo
della famiglia. Nello stesso anno conosce l'avvocato ebreo Cesare Sarfatti,
allora quasi trentenne, anch'egli socialista. La simpatia tra i due, osteggiata
dalla famiglia, si trasforma presto in amore e non appena Margherita compie 18
anni hanno luogo le nozze.
Durante il viaggio di
nozze a Parigi, la competenza artistica di lei si dimostra già molto matura.
Compera una serie di litografie di Toulouse-Lautrec, un artista ancora
sconosciuto in Italia e appena comparso sulla scena parigina.
Dal 1898, anno del
matrimonio, al 1902, quando i coniugi si trasferiranno a Milano, si delineano
già chiaramente i due grandi interessi della Sarfatti: l'arte e la politica.
Scrive infatti sulla stampa socialista locale articoli sul femminismo e sugli
artisti moderni che espongono alla Biennale. Conosce inoltre Gabriele
D'Annunzio, vecchio amico del marito, e mette al mondo i due primi figli,
Roberto e Amedeo.
A Milano
Il 15 ottobre 1902,
Margherita e Cesare, oppressi dall'ambiente culturalmente ristretto di Venezia,
arrivano a Milano e prendono casa in un piccolo appartamento in via Brera 19.
Frequentano assiduamente la casa di Turati e della Kuliscioff che si affacciava
sulla Galleria e diventano amici di Luigi ed Ersilia Majno. Quest'ultima era
presidente della Lega femminista milanese.
In questi anni la
formazione politica socialista dei due diventa sempre più ampia, anche se molti
criticano l'eccessiva eleganza di Margherita che non fa nulla per nascondere la
propria ricchezza. Il tenore di vita dei coniugi diventa ancora più elevato
dopo il 1908, quando arriva la cospicua eredità del padre di Margherita. E' in
quest'anno che si trasferiscono nel lussuoso appartamento di Corso Venezia 95,
aprendo agli amici il salotto che diventerà presto noto a tutti gli artisti
italiani. Sempre in quest'anno viene acquistato il "Soldo", la casa
di campagna di Cavallasca, sul lago di Como, (già appartenuta a Carlo Imbonati) dove i Sarfatti trascorreranno le
loro vacanze e dove Margherita vivrà gli ultimi anni della sua vita.
L'interesse per l'arte
moderna, intanto, si sta trasformando in professione. Compaiono regolarmente
articoli di Margherita sull'"Avanti della Domenica". Nel 1909 conosce
Boccioni e nasce subito una grande simpatia e probabilmente anche qualcosa di
più. Boccioni è assiduo al Soldo dove dipinge molte opere ancora oggi di
proprietà dei Sarfatti. Quando, l'anno dopo, esplode il Futurismo, il salotto
di Corso Venezia diventa il centro dell'avanguardia artistica: Marinetti, Carrà, Boccioni e Russolo
alternano le loro riunioni tra casa Sarfatti e casa Marinetti, anch'essa in
Corso Venezia. Dai Sarfatti, però, in quegli anni eccitanti e movimentati, si
possono trovare anche altri personaggi, giovani per lo più, interessati a tutto
il nuovo che la Milano di inizio secolo sembra proporre. Tra gli artisti ci
sono gli scultori Adolfo Wildt e Arturo Martini, i pittori Tallone, Sironi,
Funi, Tosi, il giovane architetto Sant'Elia; Palazzeschi, Panzini, Sem Benelli,
Mario Missiroli e Ada Negri completano il quadro. Ada Negri, la "zia
Ada", diventa subito amica inseparabile di Margherita e non ci sarà
soggiorno al Soldo che non la veda presente come un membro della famiglia.
L'impegno politico non è
comunque trascurato. Quando Anna Kuliscioff fonda nel 1912 "La difesa
delle lavoratrici", Margherita si impegna con scritti e con denaro alla
riuscita dell'iniziativa. L'anno 1912 è l'"anno fatale". Il 1
dicembre Mussolini assume la direzione dell'“Avanti!” e si trasferisce a
Milano. Margherita, turatiana e quindi avversa alla vincente corrente rivoluzionaria
di Mussolini, si presenta per dare le dimissioni da collaboratrice del
giornale. Nasce subito una simpatia reciproca che si trasforma presto in
relazione amorosa. Scoppiano però anche furiose liti di gelosia perché
Mussolini, ultramaschilista dichiarato, non intende interrompere le altre sue
relazioni amorose. I rapporti tra i due restano così su un piano di
"libertà socialista" per alcuni anni.
Quando scoppia la guerra
Mussolini, divenuto interventista ed espulso dal partito socialista, si arruola
e combatte in prima linea restando gravemente ferito durante un'esercitazione.
Margherita segue invece a Milano l'evoluzione dei "suoi" artisti che
prendono direzioni opposte, chi verso un'arte astratta influenzata dai cubisti,
che verso un maggiore realismo neoclassico.
L'evento più importante
nella vita dei Sarfatti è però di ben altra natura e tocca tragicamente la loro
vita familiare. Il primogenito Roberto, dopo molte insistenze e tentativi,
riesce ad arruolarsi e nel luglio 1917 parte per il fronte. Muore in battaglia
sul Monte Baldo il 28 gennaio 1918, a 18 anni. Per Margherita e per Cesare è la
prova più dura dell'intera loro vita.
Alla fine della guerra,
Margherita, espulsa anche lei dal partito socialista per interventismo,
collabora attivamente al “Popolo d'Italia”. Il legame con Mussolini si fa
sempre più stretto, in politica e in amore. Nella riunione del 25 marzo in
piazza San Sepolcro, Margherita è al suo fianco. Affronta con Mussolini le
delusioni dei primi anni, i successi del '21 e '22, e la terribile prova del
'24 in seguito al delitto Matteotti.
Durante tutti questi anni
la loro relazione resta però ufficialmente segreta. Sposati entrambi, anche se
nessuno dei due nasconde al rispettivo coniuge la relazione, ritengono tuttavia
opportuno non ostentarla. A Milano, escono separatamente dalla redazione del
“Popolo d'Italia” in via Paolo da Canobbio per ritrovarsi in Corso Venezia e da
lì raggiungono un rifugio segreto.
Nasce intanto il gruppo
“Novecento”. E' composto inizialmente dai pittori Leonardo Dudreville, Achille
Funi, Gianluigi Malerba, Piero Marussig, Ubaldo Oppi, Anselmo Bucci e Mario
Sironi.
I motivi per cui viene
scelta questa denominazione del gruppo sono stati spiegati dalla stessa
Sarfatti nel suo libro Storia della
pittura moderna, alle pagg. 123-126.
“Ora accadde che un gruppo di artisti amici
discutesse un giorno, in Milano, dell’arte italiana e delle sue tradizioni.
Fra questi artisti, uno - Anselmo Bucci - che per
essere più vissuto all’estero più aveva dei fatti di casa nostra una visione
larga e panoramica, si attardò a spiegare lungamente il carattere
inconfondibile (come oggi si dice) dell’arte plastica italiana nei secoli: nel
Quattrocento, nel Cinquecento, nel Seicento. Nomi intraducibili, come la
fisionomia dei nostri più intimi e cari. Non sono cifre soltanto aritmetiche,
non sono termini vaghi, che designino soltanto un’epoca composta di 100 anni,
ma concretano una realtà tangibile nel tempo e nello spazio. Non vi è
ascoltatore distratto, che all’udirle non evochi una visione storica
sfolgorante e completa, per quanto riguarda la vita dello spirito e del
pensiero, ancor più che le vicende politiche. E, nella vita spirituale, la
evocazione contempla specialmente la vita dell’arte, e, in modo particolare, la
creazione plastica.
...
“Quattrocento” e “Cinquecento” designano periodi
dell’egemonia italiana nel mondo del pensiero.
Disse allora qualcuno, a questo proposito, a
Milano, nel 1920, in quel cerchio di amici: “Il nostro secolo sento che vedrà
ancora il primato della pittura italiana. Sento che ancora si dirà nel mondo e
nel tempo: Novecento italiano”.
Per questo, più piacque ai giovani artisti di
avanguardia, molti dei quali erano stati soldati e continuavano ad esserlo nel
Fascismo militi di punta dell’Italia.
Così sorse in Milano il gruppo del Novecento
italiano, con quel nome come parola d’ordine. Gli si rimproverò persino di aver
voluto ipotecare tutto per sè un secolo nuovo, appena cominciato. In realtà,
quegli artisti volevano soltanto proclamarsi italiani, tradizionalisti,
moderni. Affermavano fieramente di voler fermare nel tempo qualche aspetto
nuovo della tradizione.”
Nel 1920 la prima idea,
nel 1922 la vera e propria fondazione del gruppo. Il 26 marzo 1923, il gruppo
apre la sua prima esposizione alla galleria Pesaro. Mussolini visita la mostra,
ma il suo discorso rivela una scarsa convinzione e un certo sconcerto per i
soggetti poco “impegnati” delle opere esposte, ma la Sarfatti insiste e
propaganda l'iniziativa come modello di "arte fascista". Questo slogan
procura le prime defezioni da parte di alcuni artisti che non accettano di
essere strumentalizzati. Quando però si calmerà la bufera seguita al delitto
Matteotti e Mussolini prenderà saldamente il potere in Italia saranno in molti
ad aggregarsi al gruppo attirati dai vantaggi offerti dal regime. La grande
mostra del '26 alla Permanente vede la partecipazione di tutti i maggiori
artisti italiani. Dei primi sette restavano legati a Margherita solo Funi,
Marussig e Sironi, ma tra i nuovi arrivati troviamo De Chirico, Campigli,
Casorati, Guidi, Licini, Morandi, Severini. Alla mostra sono presenti anche i
futuristi Balla, Depero, Prampolini e Russo. L'unico gruppo dissidente è quello
toscano di Strapaese guidato da
Soffici e Rosai, ma in questa mostra alcuni di loro sono egualmente presenti.
La terza Biennale di
Monza del 1927 è dedicata a "Il Novecento e il Neoclassicismo nella
decorazione e nell'arredamento". Questa mostra, che si teneva nella Villa
Reale di Monza dal 1923, è fortemente sostenuta dalla Sarfatti che riesce in
quest'anno a farne una vetrina per i suoi protetti che ormai vogliono
influenzare ogni tipo di produzione artistica, dai vetri alle ceramiche, dalla
fotografia ai merletti. La forza di questa iniziativa porterà nel 1931 alla
costruzione a Milano del nuovo Palazzo dell'Arte destinato ad ospitare quella
che ormai è diventata la Triennale, regno incontrastato dei novecentisti fino
alla caduta del fascismo.
Anche in campo
architettonico accadono fatti nuovi. Nel 1925, all'Esposizione internazionale
di Parigi, l'Italia è presente con il modesto padiglione dell'architetto romano
Arnaldo Brasini. Margherita, vicepresidente dell'Esposizione, scontenta del
padiglione italiano, resta affascinata dai nuovi architetti razionalisti,
soprattutto dai primi lavori di Le Corbusier. Incoraggia perciò i giovani che a
Milano intendono seguire questa strada tra i quali emergono subito Figini,
Pollini e soprattutto Giuseppe Terragni. A Parigi frequenta l'amica Colette, ma
stringe anche ottimi rapporti con Josephine Baker, che sarà sua ospite al
Soldo.
Dux
Negli anni ‘20 Margherita
raggiunge il massimo della sua fama. Morto il marito Cesare nel 1924, inizia a
scrivere la biografia di Mussolini. L'idea era stata di Prezzolini che aveva
pensato a un lavoro in inglese capace di illustrare al mondo le caratteristiche
del nuovo Primo Ministro italiano. Il libro esce infatti in Inghilterra nel
settembre 1925 come The Life of Benito
Mussolini. L'anno dopo la Mondadori lo stampa in italiano col titolo Dux. Seguiranno ben 17 ristampe in
Italia mentre all'estero verrà tradotto subito in 18 lingue comprese il turco e
il giapponese. In Giappone ne verranno vendute più di 300.000 copie.
I rapporti con Mussolini
sono sempre molto stretti. Margherita è ormai per tutti "la donna del
Duce". Alla fine del 1926 si trasferisce a Roma dove incontra
sistematicamente Mussolini nella sua prima abitazione di via Rasella. Nel 1928,
quando Mussolini va ad abitare nella Villa Torlonia, Margherita lascia
definitivamente la casa di Milano e trasloca con la figlia Fiammetta nelle
vicinanze della Villa. I tempi però stanno cambiando. Le trattative per il
Concordato con la Chiesa consigliano Mussolini di sposare in chiesa Rachele e
poi di far arrivare a Roma questa famiglia "dimenticata". Nel '29,
quando Rachele e i figli arrivano a Villa Torlonia, assistiamo alla buffa
commedia delle due "mogli" che entrano ed escono alternativamente da
porte diverse, guidate dall'abile regia del maggiordomo che deve impedire che
si incontrino. Ormai però Margherita ha 50 anni, è ingrassata, ha un carattere
dispotico. Dopo la morte di Arnaldo Mussolini, consigliere ascoltato di
moderazione, il clima cambia e si involgarisce. Emergono gli Starace e i
Farinacci che impongono al regime tutta la retorica "imperiale" che
Margherita e altri avevano cercato di combattere. Toscanini, seguace di
Mussolini dai tempi di San Sepolcro, lascia l'Italia. Margherita viaggia negli
Stati Uniti tentando di allontanare Mussolini dalle seduzioni hitleriane per
avvicinarlo a Roosevelt. Le cose però precipitano e, con l'entrata in famiglia
di Galeazzo Ciano, la freddezza di Mussolini nei suoi confronti diventa
ostilità, mentre si avvicina il momento delle leggi razziali.
Ritratti di Margherita e Cesare Sarfatti di Adolfo Wildt
L'esilio
L'anno 1938 è dedicato
alla fuga dall'Italia. Il figlio Amedeo, con l'aiuto di Raffaele Mattioli,
trova una sistemazione in Uruguay. Margherita, dopo aver portato al sicuro in
Svizzera le lettere di Mussolini, si trasferisce in novembre a Parigi e l'anno
seguente raggiunge il figlio a Montevideo. Evita così, nella disgrazia, la ben
più grave sventura che colpirà la giovane Claretta Petacci, entrata al suo
posto nella vita del Duce a partire dal 1936.
Rientrata a Roma nel
1947, morirà al Soldo il 30 ottobre 1961 lasciando nel suo ultimo libro Acqua passata le memorie della sua vita
e dei suoi amici. La parola "fascismo" compare nel libro una sola
volta.
I maggiori esponenti del "Novecento"
Achille Funi
Virgilio Socrate Funi (in
arte Achille) nasce a Ferrara nel 1890 (clicca qui per una biografia) e si trasferisce a Milano nel 1906 per
studiare a Brera. Frequenta presto i Futuristi con i quali si arruola tra i
volontari ciclisti nel 1915. Nel 1919 è uno dei più attivi seguaci di Mussolini
ed uno dei pochi, con Marinetti, a partecipare allo storico raduno di Piazza
San Sepolcro. I rapporti con la Sarfatti, che risalivano a prima del 1920, si
fanno sempre più stretti dopo la fondazione del gruppo Novecento, al quale Funi
aderisce pienamente eliminando gli ultimi residui di Futurismo dalla sua
pittura, che si rifà in quest’epoca a Ingres, Tiziano e Leonardo, rivisti però
alla luce di quello che allora fu definito “realismo magico”. Negli anni Trenta
sottoscrive con Campigli e Carrà il Manifesto
della pittura murale di Sironi (1933) dedicandosi ad opere di pittura
monumentale, soprattutto affreschi. Le più importanti tra queste grandi
decorazioni murali sono quelle realizzata nelle sale della Guerra e della
Vittoria alla Mostra della Rivoluzione
Fascista a Roma (1932), nel Palazzo Comunale di Ferrara (1934), nella
chiesa di San Giorgio in Palazzo a Milano (coro e cupola) e nella chiesa di San
Francesco a Tripoli (1936-39). Dal 1939 insegna affresco a Brera e dal 1945
pittura a Bergamo. Muore nel 1972 ad Appiano Gentile.
Piero Marussig
Piero Marussig nasce nel
1879 a Trieste, studia a Vienna e a Monaco aderendo al movimento artistico
della Secessione. Dal 1903 al 1905 è a Roma, poi, dopo un soggiorno a Parigi,
torna a Trieste dove rimane fino al 1920, quando si trasferisce a Milano
aderendo al nuovo movimento della Sarfatti, del quale divenne uno dei membri
più importanti anche dopo la defezione di Dudreville e Bucci. Dipinge in questi
anni soprattutto bambini, nature morte, strumenti musicali, ritratti di donna.
Nel 1930 fonda con Funi e lo scultore Bortolotti in via Vivaio 10 una Scuola
d’arte aperta a tutti che cercava di recuperare l’idea della bottega artistica
quattrocentesca. Muore a Pavia nel 1937.
Mario Sironi
Mario Sironi
(clicca qui
per una biografia) nasce a
Sassari nel 1885 da una famiglia comasca, che si trasferisce subito dopo a
Roma. Qui Sironi compie gli studi e si lega d’amicizia con Balla attraverso il
quale conosce Boccioni e Severini. Dopo qualche anno di esitazione, nel 1914 si
trasferisce a Milano e aderisce al movimento futurista. La parentesi futurista
è però piuttosto breve e nel 1917 esegue il celebre quadro - Il camion giallo - che segna l’avvio del
nuovo e personale genere di pittura che l’artista poi seguirà in tutti gli anni
a venire. Nel frattempo inizia una nuova carriera di illustratore che
proseguirà con grande successo per tutta la vita collaborando soprattutto con
“Il Popolo d’Italia” al quale fornisce ben 969 illustrazioni. Negli anni Venti
è uno dei più attivi partecipanti al gruppo Novecento della Sarfatti, pur
mantenendo sempre un proprio distinto e inconfondibile tratto pittorico,
scarsamente influenzato dal Realismo magico presente in tutti gli altri pittori
del gruppo. Sono di questi anni i celebri Paesaggi
urbani, dove le periferie milanesi mal si conciliano con l’incipiente
trionfalismo militaresco del Fascismo, al quale tuttavia Sironi aderisce con
convinzione. Più vicini allo spirito del Novecento sono in quest’epoca i quadri
L’architetto (1922), L’allieva (1924) e la Solitudine (1925) dove si evidenziano
numerosi richiami classici, addirittura raffaelleschi. Nel 1932, in occasione
della grande mostra sulla Rivoluzione fascista alla Quadriennale di Roma, si
converte ad un’arte collettiva, non più privatistica, che viene teorizzata nel Manifesto della pittura murale al quale
aderiscono anche Campigli, Carrà e Funi. Nel 1931 aveva già disegnato i cartoni
per l’enorme vetrata del Ministero delle Corporazioni (ora dell’Industria)
progettato da Piacentini. Nel 1935
esegue l’affresco con L’Italia fra le
arti e le scienze nell’aula magna dell’Università di Roma e nel 1936
disegna per la Triennale il grande mosaico L’Italia
corporativa attualmente nel salone all'ultimo piano del Palazzo dei
Giornali in piazza Cavour a Milano. In questi ultimi anni del regime fascista
esegue molte altre opere di grande impegno in edifici pubblici in diverse città
italiane. A Milano esegue ancora il mosaico La
giustizia tra la legge e la forza nel nuovo Palazzo di Giustizia.
Nel dopoguerra, messo in
disparte per i suoi trascorsi fascisti, ritorna ai temi più intimi delle sue
opere degli anni Venti, dipinti spesso con toni cupi e angosciosi. Muore a
Milano nel 1961.
Bibliografia
AA. VV., L’idea del classico 1916-1932. Temi classici
nell’arte italiana degli anni Venti, Milano, Fabbri 1992 (catalogo della
mostra)
AA. VV., Da Boccioni a Sironi. Il mondo di Margherita Sarfatti, Milano, Skira 1997 (catalogo della
mostra)
Bossaglia, Rosanna, Il "Novecento italiano". Storia,
documenti, iconografia, Milano, Feltrinelli 1979 (Brera Coll. It. M
170/328)
Bossaglia, Rosanna, Sironi e il Novecento, "Art e
Dossier", Inserto redazionale
allegato al n. 53. Firenze, Giunti 1991
Burg, Annegret, Novecento milanese, I novecentisti e il
rinnovamento dell'architettura a Milano fra il 1920 e il 1940, Milano,
Motta 1991
Cannistraro, Philip V. -
Sullivan, Brian R., Margherita Sarfatti.
L'altra donna del Duce, Milano, Mondadori 1993
Capone, Goffredo,
Tre circoli milanesi. Clara Maffei - Anna Kuliscioff - Margherita Sarfatti, Milano 1998 (stampato in proprio). Per l'acquisto rivolgersi a: gabriella.capone@inwind.it
Sullivan, Brian - Lyttelton, Adrian,
The 'Other Woman'
(discussione sul libro di Cannistraro nella "New York Review of Books", in inglese)
Marchesoni, Dario, La Triennale di Milano e il Palazzo
dell'Arte, Milano, Electa 1985
Marzorati, Sergio, Margherita Sarfatti: saggio biografico,
Como, Nodo libri 1990 (Sormani GEN G 695)
Passerini, Luisa, Mussolini immaginario: storia di una
biografia 1915-1939, Bari 1991 (Brera Coll. It. P 424/164)
Pica, Agnoldomenico, Mario
Sironi, Milano, Il Milione 1962 (Brera Misc S 2357)
Pica, Agnoldomenico, Storia della Triennale 1918-1957, Milano, Il Milione 1957
Saggio, Antonino,
Sarfatti versus Marinetti
Sarfatti, Margherita, Deità lungamente profughe
Sarfatti, Margherita, Dux, Milano, Mondadori 1926 (Brera 31 N
9)
Sarfatti, Margherita, Storia della pittura moderna, Roma,
Cremonese ed. 1930 (Brera N S R 1027)
Sarfatti, Margherita, Scritti vari on-line a cura di Benedetto Brugia
Urso, Simona, La formazione di Margherita Sarfatti e l'adesione al fascismo, in "Studi storici", 1994, 1, p. 153
Link: Biografia di Margherita Sarfatti Biografia con foto Uno scritto sul movimento artistico "Novecento" (in inglese) Fotografia Ritratto di Margherita con la figlia Fiammetta del pittore Carlo Socrate Susan Sarandon nella parte della Sarfatti nel film Cradle Will Rock di Tim Robbins del 1999
Opere di Margherita Sarfatti reperibili nella biblioteche lombarde
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Ultima modifica: martedì 30 luglio 2002
paolo.colussi@rcm.inet.it
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