Ahi
valorosa vipera gentile,
per tua forza oltra
mar già navigasti,
ogni onda grossa a te
parea sottile
e per vento mai vela
non calasti
Or ti convien, se mai virtù mostrasti
ch’or la mostri, e che
stanca
non ti trovi, ma
franca,
chè al punto se’
d’Italia dominare.
Canzone
di anonimo
Capitolo I
Cos'è un'impresa
Nel misterioso e complesso mondo dei simboli, l’impresa occupa un posto
tutto particolare. Il simbolo, dice Jung, traduce in modo visibile ciò che il
linguaggio umano non sa esprimere, ed è questo il caso degli emblemi araldici,
che racchiudono nelle loro immagini la storia e i sentimenti collettivi di intere generazioni. Tra i vari tipi di emblema,
l’impresa si colloca però con un suo carattere peculiare, perché non si
riferisce alla famiglia nel suo insieme, ma a un singolo personaggio, e spesso
a un singolo fatto della sua vita. Non prescinde dall’universale, ma risponde
nello stesso tempo all’insopprimibile necessità umana di sentirsi definiti
nella propria identità, codificando attraverso un segno gli impegni e il senso di tutta un’esistenza.
Con queste caratteristiche, le imprese compaiono nel XII secolo,
all’epoca dei tornei, quando fu necessario individuare attraverso un codice il
cavaliere prode e generoso nella mischia; prima di questo periodo esistevano
solo insegne militari, atte a individuare gli
schieramenti in battaglia e l’appartenenza ad una determinata nazione oppure la
sudditanza ad un signore e ad un sovrano.
L’impresa consiste di un “corpo” e di un’ “anima”.
Il corpo raffigura animali o piante scelti in un universo più
o meno fantastico, strumenti musicali, oppure i quattro elementi
fondamentali (acqua, aria, terra, fuoco), a dimostrazione di un contenuto
esoterico ed alchemico. Il corpo, per vivacità di colore, è sempre assai
gratificante alla vista. L’anima consiste nel motto, conciso ed efficace,
spesso forgiato appositamente in una lingua straniera
per essere comprensibile a pochi eletti. Nel caso di imprese
amorose, il motto risulta addirittura oscuro, dovendo essere inteso solo dalla
dama del cuore, la cui identità si voleva celata all’indiscrezione altrui. Il
successo delle imprese non conosce declino: chi va in guerra o si cimenta in un
torneo attraverso il loro linguaggio può, in caso di sorte nefasta, affidare ai
posteri la propria memoria storica e sperare in un’onorevole collocazione
nell’universo mitico. I Francesi fecero grandissimo uso di imprese,
adornandone abiti e berretti oltre che regolamentari vessilli; in Italia
durante il periodo delle Signorie, quindi in un clima acceso dalle rivalità
politiche, pullularono imprese spesso concorrenziali, per pubblicizzare le
qualità di questo o quel Signore. Per chi ama la storia costituiscono materiale
insostituibile, proprio perché, essendo legate a momenti particolari di
un’esistenza, ci permettono di scoprire l’umanità di
personaggi storici spesso lontanissimi da noi nel tempo.
Le imprese Visconti-Sforza costituiscono un caso notevole, perché, pur
essendo state ideate in circostanze e tempi diversi nel corso di quasi due
secoli, appaiono spesso coordinate in un unico ciclo, come a voler marcare la
continuità della famiglia ducale in luoghi fortemente
segnati dalla sua presenza; tali sono ad esempio, il cortile della Rocchetta e
numerose sale del castello di Milano; L’abside di S. Maria delle Grazie; la Piazza ducale a Vigevano;
il coro e la porta del chiostro di S. Sigismondo a Cremona. Proprio per questa
loro intima coerenza nel presentarsi ad un pubblico ormai lontano nel tempo e
disabituato a cogliere il loro messaggio segreto, ci sono sembrate degne di
considerazione e di studio.
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