La borghesia conquista la zona: palazzi e case liberty
di Paolo Colussi
Il Palazzo Serbelloni
, e ancora prima il Palazzo Bovara dell’architetto Soave, segnano l’ingresso dei ceti più elevati nel Borgo di Porta Orientale, quel tratto di Corso Venezia che andava dalla
cerchia dei Navigli fino ai Bastioni. Alla fine del Settecento in tutto il Borgo si susseguono lavori di abbellimento e ammodernamento: i Giardini Pubblici
, i Boschetti, l’interramento dell’Acqualunga che scorreva al centro della strada, l’asportazione dell’antica crocetta di San Dionigi, la demolizione dei portoni e delle
torri della porta medievale. In via Palestro, a maggior lustro della zona, sorge la Villa Belgioioso, poi Villa Reale, mentre il Collegio Elvetico si trasforma nel prestigioso
Senato del Regno d’Italia napoleonico.
Da
quest’epoca abitare nel Borgo di Porta Orientale, che la Cisalpina ribattezza Corso della Riconoscenza, è dunque un privilegio ambìto da chi vuole dimostrare di possedere
prestigio e ricchezza. Il primo a sfruttare questa opportunità e a stupire i milanesi è Gaetano Belloni, arricchitosi grazie alla
gestione del gioco d’azzardo del Ridotto della Scala, che si fa costruire quel maestoso edificio che prenderà in seguito il nome di Palazzo Rocca-Saporiti. Accanto a questo
sorgono nel periodo della Restaurazione altri più modesti edifici neoclassici che si mantengono sempre al livello dello stile elevato della strada. Sorge anche all’angolo con
la via Boschetti la casa Ciani, che poi diventerà la Casa Rossa dalle terracotte che la decoravano, un autentico motivo di attrazione “turistica” nella Milano del
Risorgimento.
Nella seconda metà dell’Ottocento la borghesia milanese, diventata ormai padrona della città, sembra dimenticarsi di
questa illustre arteria, distratta dai lucrosi affari offerti dai lavori in corso nella zona del Castello. L’apertura di Via Dante e la grande lottizzazione della via XX
settembre segnano infatti il trionfo del nuovo ceto di banchieri ed industriali, che mirano ad un lusso di facciata e ad un rapido ritorno economico dei loro investimenti.
Soltanto verso la fine del secolo questo ceto, o almeno i più raffinati tra i borghesi, ritrovano il gusto per le
atmosfere rarefatte di Corso Venezia. Gli esempi più rilevanti di questa nuova ondata di costruzioni sono il Palazzo Chiesa, i Palazzi Bocconi e il Palazzo Castiglioni, che
segna l’avvento del nuovo stile liberty a Milano prima che questo stile ottenesse il suo effimero trionfo con l’Esposizione Internazionale del 1906.
A completare l’opera con un’ultima rifinitura, arriveranno in seguito le opere del Portaluppi: Palazzo Crespi, il
Planetario e il grande arcone di via Salvini. L’ultimo sigillo, alla fine della strada, sarà la Torre di Lancia e Ponti, un piccolo capolavoro di ispirazione futurista.
Per aiutare nella lettura del corso con le sue varie stratificazioni edilizie, diamo qui l’elenco degli edifici più
significativi con i relativi numeri civici:
Numeri pari:
16
Palazzo Serbelloni (1770-93, arch. Simone Cantoni)
18
Edificio collegato a Palazzo Serbelloni (1770-93, arch. Simone Cantoni)
22
Palazzi Crespi (1927, edificio antico ristrutturato dal Portaluppi e nuovo edificio del Portaluppi)
24 e 26 Casa ad
appartamenti fine ‘800 (arch. Bianchi e Cavazzi)
30
Edificio neoclassico oggi Della Valle
32
Palazzo Invernizzi
36
Palazzo Chiesa (1899, arch. Savoldi e Borsani)
40
Palazzo Rocca Saporiti (1812, arch. Perego)
42
Edificio in stile patriottico
Tra il 42 e il 44 c’è il grande arcone del Portaluppi
44
Palazzetto del Pozzo-Benni, settecentesco
46
Palazzo Bocconi (fine ‘800, arch. Savoldi)
48
Palazzo Bocconi (fine ‘800, arch. Citterio)
50-52-54 Palazzi ottocenteschi
in stile neoclassico
56
Palazzo di Interbanca (1880 ca., ristrutturato da Gardella)
Numeri dispari:
dal 23 al 33 Case ottocentesche
35
Palazzo Besana (1910, arch. Bianchi e Cavallazzi)
37
ex Casa Ciani (1837, arch. Casati) e Casa Rossa (1862) rifatta nel Novecento
39
Casa liberty
41
Edificio moderno (anni ‘50)
43
Palazzo dell’Automobil Club
45
Casa ottocentesca
47 e 49 Palazzo
Castiglioni (1901-4, arch. Sommaruga)
s.n. Palazzo
Dal Pozzo, ottocentesco
51
Palazzo Bovara-Camozzi (1787, arch. Soave)
53
Casa fine Ottocento (arch. Savoldi)
55
Museo di Storia Naturale (1892, arch. Ceruti)
57
Planetario (1929-30, arch. Portaluppi)
59
Casa neoclassica già Lechi-Batthyanyi
61
Casa a torre (1933-4, arch. Lancia e Ponti)
Le case liberty della zona
Il liberty si afferma a Milano, come nel resto d’Italia e soprattutto a Torino e a Palermo, con l’inizio del nuovo
secolo. Antesignani del nuovo stile a Milano sono gli architetti Sebastiano Locati (1861-1939) e Achille Manfredini, artisti già affermati con altre opere in stile eclettico
degli ultimi decenni dell’Ottocento. Anche Luigi Broggi, protagonista del rifacimento di piazza Cordusio, aveva mostrato di accogliere alcuni degli elementi del nuovo stile
proveniente dalla Francia e dal Belgio e con il Broggi aveva lavorato il giovane Sommaruga nel Palazzo Broggi che si trova all’angolo tra via Meravigli e via Dante, inserendovi
alcuni elementi decorativi di gusto più moderno.
Palazzo Castiglioni
Giuseppe
Sommaruga, nato a Milano l’11 luglio 1867, è il vero protagonista del nuovo stile e la sua affermazione è legata alla costruzione di Palazzo Castiglioni in Corso Venezia
(vedi schede
). Molti dati sul palazzo si possono desumere da una recensione
apparsa in “Edilizia moderna” nel 1905 a firma M.F.(vedi Bibliografia) L’articolo riporta
anche le piante dei vari piani del palazzo con la distribuzione dei locali. Poiché il piano terreno
e il piano nobile dell’edificio dovevano servire come abitazione del committente, l’ingegner
Ermenegildo Castiglioni, questi dati ci consentono di capire come viveva una famiglia facoltosa agli inizi del secolo.
La
felice collaborazione con il Castiglioni fornì al Sommaruga la grande opportunità per mettere in mostra le sue idee. Il palazzo ricevette molte critiche dai colleghi più
conservatori e gli elogi dei più innovativi. La gente si scandalizzò per le due sculture seminude del Bazzaro messe ai lati del portone principale e il Castiglioni, turbato da
queste voci, chiese la loro soppressione, cose che il Sommaruga, a malincuore, dovette fare. Le statue sono state in seguito riutilizzate ed ornano la Clinica Columbus, sempre
del Sommaruga, in via Buonarroti 48.
Morto ancora giovane nel 1917, il Sommaruga ha lasciato altri edifici meno importanti a Milano e nella zona di Varese
dove ha lavorato molto per la famiglia Faccanoni. Il suo capolavoro, oggi purtroppo notevolmente modificato, resta probabilmente il Grand
Hotel a Campo dei Fiori (Varese) realizzato intorno al 1908.
Le case Berri-Meregalli dell’Arata
Giulio
Ulisse Arata, nato a Piacenza nel 1881 e morto a Milano nel 1962, rappresenta la chiusura dell’esperienza liberty a Milano con due episodi molto significativi: la grande casa
Felisari (1910) all'angolo tra via Settembrini 11 e via Boscovich 28, 30, 32 e le tre case Berri-Meregalli nell’isolato compreso tra via Serbelloni, via Cappuccini, via Barozzi
e via Mozart.
Le
due case su via Mozart 21 e via Barozzi 7 vengono costruite tra il 1910 e il 12. La prima, decorata sulla facciata da affreschi di Pietro Adamo Rimoldi, non è firmata
dall’Arata ma gli viene fondatamente attribuita. Entrambe fanno sfoggio di un sapiente uso della pietra e del cemento lavorato, specialità del nostro architetto e in genere
dell’architettura liberty. La casa su via Cappuccini 8 (1911-14) è il suo capolavoro per la ricchezza delle decorazioni e le volumetrie volutamente asimmetriche delle
facciate. Siamo ormai quasi fuori dallo stile liberty, che si trasforma in uno stile misto tra tentazioni neobarocche e un incipiente razionalismo. In seguito il razionalismo
verrà abbracciato con decisione dall’Arata fino alla sua opera più complessa che è il nuovo ospedale di Niguarda.
Gli artisti che hanno collaborato nella casa di via Cappuccini sono: Prandoni e Calegari per le sculture esterne, Pietro
Adamo Rimoldi per gli affreschi, Angiolo d’Andrea per i mosaici esterni e nell’atrio, Alessandro Mazzucotelli per i ferri. Una stranissima scultura di Adolfo Wildt aggiunge
mistero al tenebroso ingresso.
Il liberty fuori dai Bastioni
Tra il piano Berruto del 1894 e il piano Masera del 1911 la città si espande continuamente in varie direzioni e con
particolare violenza verso nord. Dopo la lottizzazione del Lazzaretto che mirava a sistemare gli immigrati più poveri in grandi case d’affitto, la zona attorno al Corso Loreto
diventato ormai Corso Buenos Ayres tende a salire di tono sia con la grande lottizzazione Ingegnoli e
Ceriani, sia con altre lottizzazioni minori, tutte rivolte comunque al ceto medio o medio alto. E’ già un’anticipazione della futura Città degli Studi.
In
questo contesto sorgono nei primi anni del secolo numerose case liberty che attraverso elementi prefabbricati in cemento danno agli acquirenti un’impressione di lusso,
consentendo un maggior guadagno alle imprese costruttrici. Sono queste ultime infatti le protagoniste delle più significative innovazioni edilizie e in prima fila tra queste
troviamo l’impresa dei fratelli Galimberti, costruttrice del palazzo Castiglioni, che pubblicizza la propria immagine con la casa di via Malpighi 3 (Casa Galimberti, 1902-5)
costruita negli stessi anni da Giovan Battista Bossi, autore anche della vicina casa Guazzoni (1903-6) di via Malpighi 12. Il Bossi
costruisce nella zona anche la Casa Centenara (1907) in corso Buenos Aires 66 e la casa di viale Piave 11,13 (1911-13). Con la casa dei fratelli Conti di corso Magenta 84 (1913)
la sua esperienza liberty può dirsi conclusa.
Altre case liberty sorgono in zone di espansione della città di maggiore o minore livello, sempre comunque rivolte al
nuovo ceto medio di impiegati e piccoli imprenditori. Data la limitata durata della “moda” liberty nell’edilizia (nelle arti minori questo stile avrà una vita meno breve)
le zone di Milano dove si possono vedere i migliori esempi di questo stile sono piuttosto limitate e si riducono in pratica all’area di corso Indipendenza (M. Melloni, Pisacane,
G. Modena) e di via XX settembre (L. Ariosto, T. Tasso, G. Revere).
Molto
diffuso fuori dai Bastioni, il liberty non riuscì invece ad espugnare il centro storico che mantenne ancora per anni un compassato stile neorinascimentale. Fanno eccezione le
case di Alfredo Campanini in corso Monforte 32 (1911) e in via Bellini 11 (1904-6) e la casa Ferrario del Pirovano in via Spadari. L'edificio liberty più famoso del centro
storico era però l’Hotel Corso di Cattaneo e Santamaria (1902-5) in corso Vittorio Emanuele 15, che includeva al suo interno la sala del teatro Trianon. Danneggiato dai
bombardamenti, venne demolito dopo la guerra; furono salvati solo alcuni elementi della facciata che si possono vedere in piazza Liberty 8 sul fronte del moderno palazzo della
Società Mutua Assicurazioni.
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(1903)(libro raro)
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Ultima modifica: lunedì 29 luglio 2002
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