Le mappe di Milano dal secolo XIV al secolo XX
di Mauro Colombo
La prima immagine grafica che rappresenta la
città di Milano è un disegno anonimo inserito in un codice della seconda metà del XIV secolo (conservato all’Ambrosiana) che comprende opere di Galvano Fiamma (tra le quali il Chronicon Maius). Si tratta di una raffigurazione circolare della città, col sud posto in alto. Pur essendo poco precisa, soprattutto dal punto di vista delle misurazioni, mostra bene le due cerchie di mura che all’epoca cingevano la città, ossia la romana (tuttavia parzialmente smantellata, dopo aver resistito alle invasioni barbariche e alla violenza del Barbarossa) e la medievale, con l’indicazione delle porte principali e delle porte secondarie (le “pusterle”, presenti solo nella cerchia più esterna).
Nel 1475 circa appare la carta
schematica di Pietro del Massaio, probabilmente derivata da un modello
precedente, disegnato tra il 1404 e il 1420. Tale carta non rappresenta il
tessuto viario, né l’impianto dei quartieri: si limita a raffigurare
esclusivamente le chiese (principali) e i palazzi del potere. La città di Ludovico il Moro appare
circondata dalle sole mura medievali (quelle romane erano state già da tempo
smantellate), delle quali sono indicate le porte. Il Castello è disegnato nel suo culmine di bellezza e potenza,
con la torre del Filerete che svetta su tutti gli altri edifici. Milano si è da poco dotata di uno dei più
grandi ospedali d’Europa (l’ospedale dell’Annunciata, detto Ca’ Granda, voluto
da Francesco Sforza), anche se l’edificio raffigurato nella carta è limitato
alla sua più antica parte, la filaretiana, verso S. Nazaro. Per la parte
centrale, quella del gran cortile, si dovranno aspettare ancora parecchi anni. Essendo tale mappa basata su modelli di inizi
quattrocento, al posto del Duomo, all’epoca in costruzione da quasi cent’anni,
ma ben lungi dall’essere terminato, è rappresentata la cattedrale di Santa
Maria Maggiore, a tetti degradanti e con il suo campanile. Del resto nella
prima metà del quattrocento il Duomo era ancora fermo alla parte absidale e
alle due sacrestie laterali. Si vede molto bene San Lorenzo, con la cupola
in rame (colorata per questo in verde), e Sant’Ambrogio coi due campanili,
tuttavia privo (chissà perché?) dell’atrio di Ansperto. Il
Massaio ha indicato poi la Curia ducis, cioè il palazzo del potere, e
l’Arcivescovado. In alto a destra si nota S. Maria del Carmine, mentre fuori le
mura c’è la chiesa di Santo Spirito.
Del
1567 è una schematica mappa, col Castello posto in basso, inserita nella
“Raccolta de’ disegni delle più illustri città et fortezze del mondo”, edita da
Giulio Ballino a Venezia. Il cartiglio in alto a sinistra riporta: “Il
vero disegno della pianta di Milano sì come veramente oggi dì si ritrova. In
Venezia, all’insegna della colonna, l’anno 1567”. Oltre
alla nuovissima cinta bastionata spagnola, ciclopica opera iniziata intorno al
1550 sotto il governatorato di Ferrante Gonzaga, appare il Castello munito sia
della Tenaglia, sia della Galera, apparati difensivi protesi il primo verso il
borgo degli Ortolani, il secondo verso la chiesa di S. Maria delle Grazie. Non
è però raffigurato, benché ultimato proprio nell’anno di edizione di questa
carta, il primo baluardo del Castello (baluardo Albunquerque). La
mappa del Ballino fu ripresa, studiata, e stampata in facsimile dal Beltrami
(si veda la Bibliografia) che ne rilevò l’incongruenza della scala grafica
riportata in basso a destra.
Nella
stessa epoca circolava pure un disegno di Fernando Bertelli, attivo a Venezia
tra il 1561 e il 1572.
Con
l’avvento della stampa anche la cartografia subì un nuovo e forte impulso
qualitativo. Nel
1572 vede la luce la rappresentazione elaborata da Franz Hogenberg,
stampata a Colonia da Georg Braun, ed inserita nel Civitates orbis terrarum.
La visione è a volo d’uccello, tecnica che consente di rappresentare
realisticamente l’edificato, adottando un punto di vista abbastanza elevato,
cosicché le costruzioni siano visibili fin dalla base. Gli
edifici ritenuti più importanti (quasi tutti religiosi) sono nominativamente
indicati direttamente sulla pianta.
Nel 1573 esce per le stampe la ricca
carta di Antonio Lafrery, a Roma, che tuttavia sembrerebbe rappresentare
la città così come appariva verso il 1560. Anche questa carta è disegnata a volo
d’uccello (tecnica che sarà di seguito una delle più sfruttate), e il Castello
è posto in alto, al centro del disegno. In un cartiglio posto in basso a desta si
legge: “Milano computatovi il castello è di circuito miglia dieci, il castello
solo è di circuito un miglio. Ha una chiesa cathedrale sotto il nome della
gloriosissima Vergine Maria, tutta di marmo bianco, quale è di così
meravigliosa bellezza che è cosa stupenda a vederla. Parrochie novantasei,
monasteri di frati quaranta, e di monache cinquanta, cento scuole di uomini
devoti, uno spedale che ne mantiene nove altri, e poi oltre quello e quelli,
sono molti e altri luoghi pii, e belli e per i poveri comodissimi; d’edifici ne
ha molti, et palazzi bellissimi”. Alla prima edizione muta seguì pochi anni
dopo la versione con una legenda posizionata nella parte bassa e riportante un
elenco degli edifici e delle cose di rilievo. Grande
cura è data nella rappresentazione sia delle mura spagnole e delle porte
medievali (e anche della parte sopravvissuta delle mura medievali, che per
molto tempo convissero con le spagnole) sia delle fortificazioni attorno al
Castello, compresa la tenaglia (poi abbattuta nel 1592 circa). Questo
appare difeso dalla murata della Ghirlanda, con le due torri dette della
Colubrina e della Vittoria. Era invece
già crollata nel 1521, ed ecco perché non è rappresentata, la torre del
Filerete, cosicché d’ora innanzi il Castello sarà sempre disegnato privo della
bella torre ornamentale. Sono anche disegnati (nell’ottica del sistema
difensivo del castello) i baluardi Albunquerque (il primo dei sei, terminato
nel 1569), S.Jago e Padilla. Il
Duomo mostra già la cupola centrale, quella che ospiterà la guglia della
Madonnina, mentre l’Ospedale continua ad essere raffigurato ancora nella sua
più antica parte, la filaretiana. Si nota chiaramente, alla sua destra, il
laghetto, il caratteristico porticciolo per lo scarico dei materiali utili alla
costruzione del Duomo. Unico
edificio esterno alle mura, si nota il Lazzaretto di porta orientale.
Non
affidabile, in quanto disegnata per scopi celebrativi più che cartografici, è
la pianta del 1578 di Nunzio Galiti, edita per “rappresentar la
liberazione di Milano madre comune di tutti i virtuosi dalla mortifera
pestilenza”. Questa,
pur a volo d’uccello, rappresenta approssimativamente gli edifici e non è
veritiera per quanto riguarda la loro grandezza, come il Duomo, nettamente
sproporzionato.
La
prima pianta della città costruita con metodi geometrici è tuttavia quella, un
po’ misteriosa per quanto riguarda l’origine, rinvenuta tra i documenti
dell’architetto bolognese Ottavio Mascarino, conservati presso l’accademia
romana di San Luca. Studi recenti ne attribuirebbero la paternità a Giovan
Battista Clarici, sulla base di una lettera da questi scritta poco prima
del 1580, ove dice di aver eseguito un “Disegno di Milano con tutte le case, e
Palazzi e Chiese e strade”. Tale
mappa planimetrica, databile quindi prima del 1579, è tracciata su un
foglio cartaceo con inchiostri seppia e rosso, e riporta in basso a sinistra il
disegno degli elementi della scala grafica, misurati con precisione
sull’originale, e consistenti in due segmenti: un primo orizzontale di mm 20,
diviso in dieci parti uguali, indicato come misura di cento passi; e un secondo
segmento, sottostante e parallelo, lungo mm 167 e recante la scritta “Misura de
la quarta parte d’un passo”. Pertanto, la mappa è tracciata in scala 1:3340. La rappresentazione ha al vertice il Castello
in posizione centrale, dietro il quale appare indicato lo spazio occupato dal
suo giardino (con superficie di pertiche milanesi 4.900), mentre ancora
sopravvive la Tenaglia. Con grande precisione è indicato il reticolo
viario, e nitidi appaiono i vari isolati. Tuttavia sono tracciati solo gli
edifici più interessanti, quasi tutti chiese, delle quali è indicato sia il
nome (contraddistinto da una “P” se parrocchia) sia la planimetri interna. Non
appaiono i nomi delle vie, ma solo qualche indicazione sporadica di certi
luoghi, e precisamente è segnalato: Castello, piazza del Castello, Broletto
novo, Arcivescovado, Verzaro, Carcere di Porta romana (nella torre della porta
sul Naviglio), Laghetto, Fontana, Hospitale e Molino delle Armi (ma segnato non
presso l’attuale via, bensì all’imbocco di quello che era il borgo di santa
Prassede, ora c.so di Porta Vittoria). In
fondo alla contrada di Porta Comasina, il valico attraverso le mura è segnalato
come Porta Fontana, rifacendosi quindi al santuario di Santa Maria della
fontana, sulla strada per Como.
Nel
1603 appare la carta planimetrica di Francesco Maria Richini,
decisamente più completa dal punto di vista editoriale rispetto a quella del
Clarici (sulla quale probabilmente si basa). Appaiono infatti numerosi cartigli
tutt’attorno la rappresentazione, sia riportanti l’intestazione del lavoro
(“Pianta della città di Milano”), sia il nome dell’autore e l’anno (“Franciscus
Richini filius/extrassiti et delineavit: anno 1603”), sia la scala di
realizzazione (“braccie da muro milanesi mezo miglio da viaggio”), nonché altre
varie informazioni (ad esempio l’elenco degli ospedali cittadini). Fuori
porta Ticinese si vede lo slargo del mercato dei cavalli, all’inizio del borgo
della Trinità (ora c.so S. Gottardo). La scritta “Laghetto” è posta sulla
Darsena, dalla quale si dipartono il “Naviglio Novo” (pavese) e il “Naviglio
del Ticino” (grande).
Nel
1625 inizia a circolare una rappresentazione parziale di Milano,
comprendente la porzione cittadina situata tra S.Ambrogio, S.Vittore e
S.Lorenzo. In questa assai dettagliata carta, l’attuale
via S.Vittore è segnata come Vicus Ocarum. Questo toponimo si trasferirà poi ad
indicare la piccola via costruita sotto Luigi XII (ma già ideata da Ludovico il
Moro) per congiungere la via S.Vittore con il vicus portae vercellensis (ora
c.so Magenta). Tale viuzza, poi allargata e tutt’ora percorribile, verrà
recentemente ribattezzata e dedicata a Bernardino Zenale.
Nel
1629 esce la “Gran città di Milano”, del cartografo Marco Antonio
Baratteri. Dedicata al cardinale Federico Borromeo, riporta una ricchissima
legenda di 256 rimandi numerici ad edifici milanesi, quasi tutti ecclesiastici. La
carta è orientata a nord, e ciò fa perdere al Castello la sua preminenza, che
lo aveva visto per secoli posto sempre al vertice nelle rappresentazioni
cittadine. Grande è la precisione della grafica, cosa che gli permise di essere
riedita numerose volte nel corso del secolo, e venne anche ripresa da uno dei maggiori cartografi europei, Jan Blaeu,
che ne ottenne un’incisione di finissima qualità nel 1672 (stampata poi nel
1704).
Del
1698 è invece la carta di Federico Agnelli, dove l’autore scelse
una rappresentazione planimetrica con qualche realizzazione prospettica
dedicata agli edifici di maggior interesse, i quali si stagliano mostrando la
loro fisionomia (Duomo, Arcivescovado, Palazzo Reale, alcune chiese e il
Lazzaretto).
Del
1704 è la raffinata mappa di Daniel Stoopendaal, compresa
nell’opera di Graevius Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae (Leida 1704). La mappa è in parte a volo d’uccello (per gli
edifici notevoli, contrassegnati ciascuno da un numero, di modo che grazie alla legenda laterale si possa ricavarne il nome) e per il resto mostra il tessuto viario con l’indicazione degli isolati. La
situazione urbanistica è la medesima del secolo precedente: le possenti mura
spagnole, il naviglio della fossa interna con le porte medievali e parte delle
mura coeve. Ora
il Duomo appare completo nella planimetria, anche se ancora ha i tetti
degradanti. La piazza antistante è rallegrata dal coperto dei Figini. Alle
spalle di Sant’Ambrogio è ben delineata la chiesa di San Francesco, destinata
ad essere demolita di lì ad un secolo, con il suo chiostro; si notano poi tutte
le chiese principali (S. Lorenzo, Sant’Eustorgio, San Nazaro, San Babila, San
Marco, Santa Maria delle Grazie circondata dagli orti). L’Ospedale,
ingranditosi, è adesso rappresentato anche con il grande cortile progettato dal
Richini a continuazione della crocera filaretiana (grazie al lascito Carcano). Non
è invece raffigurata, anche se edificata da almeno sei anni, la Rotonda della
Besana (e questo dimostra come spessissimo le carte rappresentavano situazione
urbanistiche precedenti anche di decenni rispetto alla data di loro
pubblicazione). La
mappa indica distintamente tutte le numerosissime croci stazionali volute da
San Carlo e posizionate un po’ ovunque per la città, prevalentemente agli
incroci. Se ne contano qui almeno una quindicina (erano molte di più), ed
alcune esistono tutt’oggi, come quella al Verziere (ora largo Augusto) o quella
(detta di S.Elena) ora posizionata tra le chiese di Santa Eufemia e San Paolo,
ma all’epoca eretta al centro della via antistante, solo un poco più verso il
centro cittadino (allora corso san Celso). Si
nota il nuovo Palazzo del capitano di Giustizia, nella piazza oggi dedicata a
Beccaria, che seppur iniziato nel 1605, all’epoca non era ancora del tutto
terminato. Si
vedono ancora (e lo saranno per poco) le chiese di S. Maria di Brera (che verrà
“inglobata” nell’omonimo palazzo) e Sant’Eusebio (schiacciata dal cantiere per
l’erigendo Palazzo Cusani del Ruggieri). Molto
interessante è la rappresentazione di ciò che stava al di fuori della mura
spagnole (all’epoca, aperta campagna). Oltre al Lazzaretto, che era stato
indicato in tutte le mappe precedenti, lo Stoopendaal traccia distintamente le
due chiese di Sant’Ambrogio ad Nemus e della SS. Trinità. Quest’ultima, fondata
nel 1258 e della quale fu prevosto Bonvesin della Riva, verrà poi
sconsideratamente demolita nel 1968, per far posto ad assurdi progetti viabilistici
mai completati. Inoltre
è tracciato il borgo di San Gottardo e alcune case affacciate sul Naviglio
Grande.
Nel
1718 l’imperatore Carlo VI ordinò la realizzazione di un catasto geometrico
particellare dello Stato di Milano. Il lavoro, dopo una battuta d’arresto
dovuta ad eventi bellici, fu poi completato sotto Maria Teresa nel 1760. Milano
ottenne così una dettagliata mappa nel 1722, ad opera del veneto Giovanni
Filippini.
Successivamente,
nel 1751, viene realizzato (alla ripresa dei lavori catastali) un corpo di sei
mappe, una per ogni sestiere o giurisdizione cittadina (Porte orientale,
romana, ticinese, vercellina, comasina, nuova). Ciascun
edificio è contrassegnato da un numero, col quale era possibile fare un rinvio
al proprietario dello stesso e al suo valore. Dai
lavori per il catasto vennero in seguito realizzate parecchie planimetrie a
stampa, assai diffuse tra il pubblico.
Mentre
i lavori del catasto fervevano per ordine delle autorità, anche gli incisori di
professione si dedicavano alla rappresentazione di Milano. Fu
così che Marcantonio dal Re (famose le sue vedute cittadine e non solo)
editò nel 1734 una carta planimetrica dall’elevata qualità. Per la prima
volta appaiono i nomi di vie, contrade, piazze. Tale carta venne più volte ristampata. Lo
stesso autore disegnò una mappa fluviale del tracciato del Re de Fossi.
Contemporaneamente
a quella del dal Re, usciva la carta di Giovanni Battista Riccardi, la quale,
seppur meno precisa della coetanea, era arricchita da 28 vedute della città. La carta è attualmente esposta al pubblico nella sala di lettura della Bertarelli al Castello Sforzesco.
L’interesse
per la storia patria spinse alcuni cartografi a elaborare mappe non
rappresentanti la situazione contemporanea, bensì quella legata ai secoli
passati. Abbiamo
così l’incisione di Giulio Cesare Bianchi dedicata alla Milano
medievale, e quella del 1776 di Domenico
Aspari riferita all’assedio di Federico Barbarossa del 1158. In quest’ultima sono rappresentate le due
cinte murarie, la romana e la nuova composta dai terraggi. Si notano ancora il
Circo e il Teatro romani, o almeno quello che, secondo l’Aspari, all’epoca ne
restava. Infatti mentre il primo era senz’altro in disuso e gravemente
danneggiato (anche perché col materiale di recupero si andavano edificando
nuove costruzioni in zona, tant’è che l’ultima testimonianza storica circa la
sua presenza è quella dell’incoronazione di re Adaloaldo nel 604 d.C.), il
Teatro era utilizzato all’epoca per le riunioni del popolo, chiamato a
deliberare circa le più importanti decisioni relative al libero Comune.
Nel
1801 esce la carta di Giacomo Pinchetti, molto dettagliata per
quanto riguarda la delineazione degli isolati. Inoltre, essendo appena state
demolite le difese attorno al Castello, l’area immensa lasciata libera risulta
da tale disegno occupata dal progetto dell’Antolini, che però non fu mai portato
a termine. Probabilmente il Pinchetti voleva anticipare una realizzazione che a
suo avviso doveva essere imminente. Resta il fatto che nella zona intorno al
castello tale carta non può dirsi rispondente al vero stato delle cose. Appare
ora l’Ospedale completo, anche nella sua ultima parte verso S. Stefano, la
cosiddetta ala Macchi (dal lascito del notaio Macchi, del 1797).
Nel
1810 fu pubblicata a cura dell’amministrazione municipale la carta di
“Milano capitale del Regno d’Italia” disegnata dagli Astronomi di Brera,
in scala 1:3000. Questa riporta le quote altimetriche di alcuni punti della
città, e in una legenda a margine sono inseriti i nomi delle vie e piazze
cittadine, nonché gli edifici di interesse collettivo. Alcune
curiosità: la villa Belgiojoso (del 1790, ora Villa Reale) risulta ribattezzata
“villa Bonaparte”, essendo a questi stata donata ad opera della Cisalpina, che
l’aveva acquistata nel 1803 per donargliela il giorno stesso in cui avesse
accettato la presidenza della Repubblica Italiana, con capitale Milano. La
adiacente contrada di Porta orientale appare invece indicata quale Contrada
della Riconoscenza, sorte questa (cioè ottenere nomi ispirati alla recente
rivoluzione e al nuovo corso democratico delle cose) che toccò, seppur temporaneamente,
a moltissime contrade cittadine.
L’Ottocento
vide numerose altre carte di Milano, tra le quali quella del 1827 (poi
soggetta a ristampe) disegnata da Giuseppe Pezze, che riporta i numeri
civici di tutte le vie, secondo il nuovo sistema di numerazione unico, voluto
nel 1786 da Giuseppe II. Questi aveva infatti imposto, per la prima volta nella
storia cittadina, il principio secondo il quale su ogni cantonata fosse apposto
il nome della via. Inoltre,
appunto, aveva introdotto la numerazione per gli edifici secondo un sistema
progressivo unico, partendo dal Palazzo Reale (che risultò così essere il n.1),
per poi proseguire in senso circolare a spirale, dal centro alla periferia.
Solo ottant’anni più tardi, di fronte alle difficoltà di una tale numerazione,
il sistema venne concepito secondo la numerazione via per via, coi pari sulla
destra venendo dal centro (il sistema attuale). Nella
mappa del Pezze si notano molto bene le recenti costruzioni dell’Arena
napoleonica (del 1807, del Canonica) e l’Arco della Pace verso il Sempione (del
1806, del Gagnola; poi interrotto, ripreso nel 1826. Ma l’inaugurazione
ufficiale avverrà più tardi). Il
retro del Castello, ove ora si estende il Parco Sempione, è indicato come
enorme “piazza d’armi”.
Nel
1844 esce il curioso lavoro di Leone Zuccoli, il “Nuovo panorama
geometrico-orografico-pittoresco di Milano”, una incisione a colori che
rappresenta, intorno ad una pianta della città che mette in luce le sei porte,
l’arco del Sempione ed altri edifici, una panoramica di quanto si può vedere
dalla maggior guglia del duomo girando lo sguardo nell’orizzonte, fino a quanto
la vista viene intercettata dai monti, dei quali vengono dati i nomi e le
altitudini.
Nel
1850 pubblicano la loro “Pianta della città di Milano” Filippo e Carlo Naymiller
(editore Vallardi) poi ristampata nel 1863 e 1865. La mappa vera e propria, con
i disegni in prospettiva degli edifici monumentali più significativi, è
circondata da disegni raffiguranti i lavori tipici (Lattajo, Lavandaia) e
talune opere d’arte (altare d’oro di Sant’Ambrogio, monumento funebre di
Bernabò Visconti). Si
nota come il Castello venga definito “caserma del castello”. In piazza
Sant’Ambrogio la chiesa di San Francesco non compare più, demolita per lasciare
il posto all’immensa Caserma S.Francesco, tutt’ora esistente e funzionante
(anche se poi prenderà il nome di Garibaldi). Appare
ben delineata la facciata del Teatro alla Scala, e il Duomo risulta ora quasi
completo. Si notano poi alcune novità,
quali la chiesa di San Carlo al Corso,
terminata nel 1847 (architetto Carlo Amati).
Con
lo sviluppo incontrollabile della città, e la maggior facilità ed economicità
della stampa, il numero di carte di Milano crebbe considerevolmente. Del 1880 è la mappa a volo d’uccello dei
fratelli Pensi, “Milano, a colpo d’occhio – guida indispensabile al
visitatore”. Milano dopo l’unità d’Italia si è enormemente ingrandita, anche
con l’annessione del Comune dei Corpi Santi (avvenuta nel 1873). La
città qui disegnata termina ancora (ma lo sarà per poco) entro i bastioni
spagnoli, anche se già appare mancante il tratto tra il Castello e Porta
Magenta. Il Castello è ancora “caserma”, e lo spazio retrostante è la “piazza
d’armi”. Adiacente, nell’attuale piazza Cadorna, si vede la stazione della
Ferrovia Saronno-Erba (del 1878). Dalla
piazza del Duomo (sgombrata sconsideratamente del quattrocentesco coperto dei
Figini) alla Scala è indicata la Galleria Vittorio Emanuele, da poco
inaugurata. Al Re è stata anche dedicata l’arteria che porta a San Babila, fino
a poco prima detta Corsia dei Servi. È
ben tracciata e segnalata la nuova via Torino (con delibera del 1865), nata
dall’unificazione di una serie di antiche vie che andavano dal Duomo al
Carrobio. Non
appare più, interrato nel 1857, il Laghetto del naviglio di via Francesco
Sforza, da sempre adibito allo scarico dei materiali per il Duomo (fu coperto
perché ritenuto malsano dall’allora primario dell’Ospedale, Andrea Verga). Appare
l’edificio della Stazione centrale, nell’attuale piazza delle Repubblica (la
nuova stazione, degli anni trenta, sorgerà un po’ più in fuori, in piazza
Andrea Doria, che la mappa indica come ingresso per il Trotter). Purtroppo la
linea ferroviaria che ne esce taglia a metà, deturpandolo, il Lazzaretto, che
comunque cesserà di agonizzare di lì a pochi anni. È
possibile notare il nuovo Carcere cellulare di San Vittore, vicino al bastione
spagnolo dell’attuale piazza Aquileia. Fuori le mura, è segnata la nuova
costruzione del cimitero Monumentale.
Nel
1900 esce la interessante guida “Le vie di Milano, e l’origine dei loro
nomi”, di Ottone Brentari, per i tipi del Vallardi. Alla
guida è allegata una carta della città, a colori, divisa in un reticolo
alfa-numerico per il reperimento agevole delle vie elencate nella guida stessa. Ora
le mura spagnole le vanno decisamente strette visto che al di fuori di esse nuovi quartieri si sono sviluppati. La
carta in questione, infatti, mostra la città fino alla circonvallazione
esterna, quella nata a confine con la linea ferroviaria che cingeva la città
(c.d. ferrovia di circonvallazione). Il Castello, rinato con gli attenti restauri del Beltrami, ha davanti i nuovi
palazzi del Foro Bonaparte, e alle sua spalle il nuovissimo parco Sempione. La piazza d’armi ora appare molto più periferica, nell’area oggi occupata dalla
Fiera Campionaria. Il Castello è idealmente unito a piazza Duomo grazie alla moderna arteria dedicata a
Dante, realizzata nel 1884 nell’ambito del piano Beruto (ciò comportò però l’abbattimento
di una vasta zona della città antica, e di una parte del palazzo del
Carmagnola). Purtroppo mancano, rispetto alle mappe
precedenti, importanti testimonianza storiche, quali (oltre al già citato
coperto dei Figini) la parte di Naviglio interno detto di San Girolamo,
corrispondente all’attuale via Carducci (interrato da pochi anni), e il
Lazzaretto tanto famoso quanto ultimamente degradato (abbattuto per fare posto
ad un quartiere di edilizia medio-popolare, nonostante la battaglia del
Beltrami). Poco
distante dal Carcere di san Vittore si nota il grande Macello pubblico (piazza
S. Agostino). Infine, il monumento eretto in piazza cinque giornate, a porta
Tosa, dedicato agli eroi del 1848.
Per
finire, vogliamo ricordare l’Annesso al primo volume della Guida d’Italia del Touring
Club d’Italia (1914). Tale annesso, dedicato a Torino e Milano, è
corredato da cartografia delle due città in scala 1:13000, a colori, con i nomi
delle vie e piazze. La
pianta di Milano, divisa per esigenza tipografiche in tre quadri, è molto ben
fatta e dettagliatissima. La
città è disegnata grossomodo fino al limite della ferrovia di circonvallazione,
sulla linea degli attuali viali della filovia 90-91, viali all’epoca solo in
parte costruiti, e in parte tratteggiati in quanto previsti nel piano
regolatore. Le mura spagnole, oramai, appaiono quasi del tutto smantellate. Il
Castello è indicato quale sede dei musei del risorgimento e d’arte. Ora
la vecchia stazione Saronno-Erba è la Stazione delle Ferrovie Nord, ed egual
nome ha il piazzale antistante (poi diverrà Cadorna, dopo la Grande Guerra). La
piazza del Duomo è abbellita dal monumento equestre di Vittorio Emanuele. Molto
ben delineato è il reticolo viario dell’antico quartiere del Bottonuto (via Visconti, via Tre Alberghi o
Tre Re, ricca di storia e abbellita dalla chiesa di S.Giovanni Laterano fondata
nel III secolo d.C.), che verrà sacrificato di lì ad un decennio per
realizzare, in teoria, una sorta di centro commerciale all’americana, con
parcheggio e teatro; in pratica, un cantiere disgraziato che sfocerà negli anni
Cinquanta nella piazza Diaz. La
Ca’ Granda è adesso affiancata, nella sua destinazione ospedaliera, dai nuovi
padiglioni dalla parte opposta della via Francesco Sforza: la “succursale
dell’ospedale” (oggi, Policlinico). Poco
distante, in via Commenda, si nota la nuova struttura della Sinagoga (del 1892, del Beltrami) e la
caserma Eugenio di Savoia, allestita nei locali dell’antichissimo monastero di
Santa Prassede (che tra due decenni lascerà il posto al nuovo Palazzo di
Giustizia). Anche
altri edifici ecclesiastici ospitavano strutture militari: così i chiostri di
San Simpliciano la caserma “Luciano Manara”, mentre quello di Santa Maria del
Carmine (un po’ come oggi) il Comando Militare, quello di Sant’Ambrogio
l’ospedale militare, quello di San Vittore la caserma “Villata” (oggi, il Museo
della scienza e della tecnica). Ai
caselli di Porta Venezia sono indicati i bagni Diana e il Kursaal, in Cairoli
il teatro Eden, mentre il teatro Manzoni aveva ancora sede in Piazza della
Scala, dove, per altro, da pochi anni era stato edificato il colossale palazzo
della banca Commerciale, a rivaleggiare, quest’ultimo, con quello in Monte di
Pietà, della Cassa di Risparmio. L’attuale
Politecnico, allora “Istituto Tecnico Superiore” è indicato in piazza Cavour,
mentre l’università commerciale Bocconi era ubicata all’angolo tra via Palermo
e via Statuto. La
Nuova piazza d’armi è ora indicata come “ex”, pronti i progetti per la
realizzazione dei padiglioni della nuova Fiera campionaria. La
stazione centrale è ancora in piazza della Repubblica, ma adesso in Andrea
Doria è già segnalato il cantiere per l’erigenda Nuova Stazione viaggiatori e
merci.
All’epoca
dunque, oltre alla suddetta stazione e a quella delle Ferrovie Nord, Milano
vantava la stazione Ticinese (porta Genova), la merci di porta Romana, la stazione di smistamento di via
Pallavicino, lo scalo merci Garibaldi. Tutte queste stazioni erano tra loro
unite grazie alla già citata “ferrovia di circonvallazione”. Vediamo
poi alcune stazioni di tram extraurbani: quella dei tram per Pavia (viale di
Porta Lodovica, ang. Via Teulliè), quelle dei tram interprovinciali (viale
Lazio, ang. Viale porta romana – ora Monte Nero), quella del tram per Magenta
(in corso Vercelli, che sarà poi l’ultimo gamba de legn ad essere soppresso),
quello per Gallarate (in via Legnano). Per
quanto riguarda la “navigabilità cittadina”, la Cerchia del Naviglio (la fossa
interna) continua a sopravvivere nelle stesse modalità già segnate nella
precedente carta del 1900 del Brentari. In pratica, risulta sepolto solo nel
tratto ribattezzato via Carducci, e nel primo tratto dell’attuale via De Amicis
(all’epoca, via Vittoria). Per
il resto, esso scorre placidamente per tutta la fossa interna, tranne che in
via Pontaccio. La Martesana arriva fino al “Tombon” di S. Marco, mentre dalla
Darsena l’acqua passa alla fossa interna scorrendo tra le vie Olocati e Vallone
(oggi via Conca del Naviglio). Tutt’intorno
alla città, poi, è uno scorrere continuo di rogge e rigagnoli, all’epoca non
ancora interrati o deviati, e quindi diligentemente segnalati sulla nostra
mappa. Figurano così il fiume Olona che da Cola di Rienzo finisce nella
Darsena, il Lambro meridionale alla Barona, la roggia Boniforti che alimenta il
mulino Traversera, dalle parti dell’odierno viale Liguria, la roggia Stadera
che attraversa via Tibaldi, la roggia Ticinello che scende verso il comune di
Morivione, più una serie infinita (e senza nome) di corte vie d’acqua
disseminate un po’ ovunque.
Bibliografia
Beltrami
L., Un disegno originale del progetto delle fortificazioni di Milano nella
prima metà del secolo XVI, 1890;
Martelli G.,La prima pianta geometrica di Milano, 1994;
Motta
E., Saggio bibliografico di cartografia milanese fino al 1796, 1901;
Savoja
M., L’immagine della città: la cartografia milanese, in Storia illustrata di
Milano, vol. IV, 1993;
Vercelloni
V., Atlante storico di Milano, città di Lombardia, 1987;
Verga
E., Catalogo ragionato della Raccolta cartografica e saggio storico sulla
cartografia milanese, 1911.
Ultima modifica: sabato 24 dicembre 2011
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