La Stazione Centrale: un monumento moderno
di
Gian Luca Lapini
Il progetto
Le vicende che portarono al progetto ed alla realizzazione
della Stazione Centrale di Milano, furono piuttosto lunghe, e complesse quanto
questo edificio imponente e variegato, nel quale la monumentalità si doveva e
si deve tutt’oggi coniugare con la funzione a cui esso è destinato. Queste
vicende vengono qui descritte in modo necessariamente molto sommario, ma il
lettore curioso di conoscerle in maggior dettaglio può rivolgersi agli ottimi
riferimenti (1) e (3), ai quali sono principalmente debitore.
La decisione di costruire la stazione scaturì, come si è
visto, dalla necessità tecnica di un complesso riordino delle ferrovie
milanesi, ma l’importanza simbolica dell’opera non sfuggì a chi
ne aveva progettato la funzione, così che fin dagli inizi fu chiaro lo sforzo
di trovare, tramite un concorso pubblico, una soluzione anche esteticamente
degna dell’opera stessa.
Nel dicembre del 1906[1],
fu pertanto lanciato il primo “Concorso per la facciata della nuova stazione
viaggiatori”. Al programma del concorso erano allegati dei dettagliati
progetti dimensionali e funzionali della nuova stazione, predisposti dai
tecnici delle FF.SS., che già definivano gli spazi per gli arrivi e le
partenze, l’atrio centrale della biglietteria, ecc., ed anche la presenza di un
grande albergo: questi piani non lasciavano quindi ai concorrenti molti spazi,
salvo per la parte architettonica/decorativa.
Dopo sette mesi si riunì la commissione designata a
giudicare i progetti, presieduta dall’architetto milanese Camillo Boito,
preside della locale Accademia di Belle Arti; la commissione scartò ben dieci
dei diciassette progetti presentati perché “non soddisfano alle condizioni del
programma… o non rispondono nel loro insieme alle esigenze dell’arte applicata
allo speciale soggetto”, e non aggiudicò né il primo né il secondo premio, pur
segnalandone due progetti come i più meritevoli.
Passarono più di quattro anni prima che fosse bandito, nel
settembre del 1911, un nuovo concorso, e nel frattempo il progetto di base
delle FF.SS. fu rivisto in diverse parti (fu per esempio eliminato l’albergo
incluso nella stazione), anche se rimase una forte definizione degli spazi e
delle dimensioni. Questa volta al bando partecipò anche il Comune di Milano,
che col suo contributo elevò notevolmente il livello dei premi destinati ai
vincitori.
I progetti presentati al secondo concorso furono ben
quarantatre, ed a giudicarli fu una commissione ancora presieduta da Boito;
anche questa volta ne furono selezionati sette, dai quali estrarre i quattro da
premiare. Alla fine degli esami la commissione fu unanime nell’assegnare il
primo premio al progetto intitolato “In motu vita” di Ulisse Stacchini, ed il secondo al progetto “Per non dormire” di Boni e Redaelli. L’anno dopo
(agosto 1912) il consiglio di amministrazione delle FF.SS. fece suo
definitivamente il progetto di Stacchini, ma già da subito i timori che il
tumultuoso sviluppo in atto per il traffico ferroviario portasse alla
costruzione di un manufatto insufficiente fecero scattare una serie di
richieste di varianti ed adeguamenti. Stacchini presentò una prima variante ai
vertici delle ferrovie nel marzo del 1913; in essa era degno di particolare
nota il fatto che veniva eliminata la galleria anteriore per i tram,
inizialmente prevista, e che la facciata, nel primo progetto essenzialmente a
sviluppo orizzontale, acquistava ora anche degli elementi verticali. La
variante ottenne, come previsto, anche l’approvazione del Consiglio Comunale di
Milano, ma nel passaggio alla successiva fase di valutazione dei costi di
costruzione e dei compensi per il progettista, cominciarono a manifestarsi
pesanti divergenze di opinione fra Stacchini e la direzione delle FF.SS, tanto
che nel febbraio del 1914 essa deliberò di abbandonare il progetto di variante,
e di troncare ogni rapporto con il progettista, dando però nel contempo il via
all’esecuzione del fabbricato interno dei servizi tecnici della stazione, con
l’intenzione che essa potesse così entrare in funzione nel 1917. Per quanto
riguardava la parte architettonica, le FF.SS. sostenevano che: “si potrà
provvedere studiando con maggior agio e d’accordo col Comune la forma e la
decorazione del fabbricato esterno… occorrendo mediante un nuovo concorso”. Ma
il Comune non era propenso a questa soluzione riduttiva; dopo una serie di
batti e ribatti e nuove trattative, svolte sia a Milano che a Roma, si arrivò
ad una convenzione definitiva con l’architetto, ed alla redazione di un terzo
progetto (inizi del 1915).
Pochi mesi dopo, l’entrata in guerra dell’Italia provvide a
bloccare l’inizio di concreti lavori di costruzione, dando per altro tempo a
Stacchini di perfezionare il progetto ed i disegni, e di presentare nell’agosto
del 1917 un grande modello in gesso (scala 1:50) dell’intera facciata.
Finita la guerra, superato un lungo periodo di crisi del
paese e delle Ferrovie dello Stato, si arrivò nell'agosto del 1924
all’approvazione del progetto definitivo, non prima di aver tardivamente
inserito una ulteriore, importante variante, cioè la realizzazione delle grandi
coperture a tettoia che oggi caratterizzano la stazione, al posto delle
pensiline che fino a quel momento erano state previste.
I lavori poterono finalmente riprendere nel dicembre del
1924, con la perentoria volontà di concluderli nel giro di cinque anni, per
dimostrare, dopo tanto tempo perduto, “…ciò che possono le virtù del nostro
popolo e dei nostri governanti… uniti in uno sforzo tecnico-finanziario senza
precedenti, degno della tradizione di Roma”.
La costruzione
La costruzione della Stazione Centrale iniziò dagli edifici
laterali, prima l’ala ovest e poco dopo l’ala est. Nel 1926, quando partirono
gli scavi delle fondamenta dell’edificio centrale, le ali erano a buon punto e
ben percepibili nella loro struttura.
I materiali di scavo delle fondamenta servirono in parte a
formare il rilevato su cui sarebbero stati posati i binari, contenuto da due
grandi muraglioni che erano già stati costruiti da diversi anni. La struttura
portante dell’edificio, che sarà poi ricoperta da un imponente apparto
decorativo, era tutta in cemento armato, come si percepisce nelle fotografie
del cantiere, ma anche l’acciaio fu abbondantemente utilizzato,
per le coperture delle gallerie e fu l’elemento dominante, assieme al
vetro, nella costruzione delle tettoie di protezione dei binari.
La prima centina reticolare di questa enorme struttura, la
più grande d’Italia, progettata dall’ingegnere delle ferrovie Alberto Fava, fu
montata nel febbraio del 1929. Le pesanti strutture in acciaio,
realizzate tutte per chiodatura a caldo, furono costruite dalle Officine di Savigliano, vennero messe abbastanza
facilmente in opera con gru e paranchi, anche grazie elle cerniere di cui erano
dotate, al culmine ed alla base.
Il programma dei lavori di costruzione proseguì a ritmi
alacri.
Oltre al più appariscente complesso degli edifici furono
ovviamente costruiti tutti gli impianti primari (binari, scambi, cabine di
controllo, ecc) e secondari (ascensori, montacarichi, impianti
termici, ecc.) che costituivano il cuore tecnologico della stazione. A metà
maggio del 1931 iniziò il trasferimento dei servizi dalla vecchia alla nuova centrale,
e l’imponente edificio fu inaugurato ufficialmente il 1° luglio del 1931.
L’opera “di una vita” di Ulisse Stacchini era
finalmente terminata.
[1] Il 1906 fu
l’anno della Esposizione Internazionale di Milano, particolarmente dedicata ai
trasporti, e dell’entrata in servizio del Sempione, l’ultimo dei grandi trafori
alpini, che avevano esaltato il ruolo di Milano come nodo ferroviario di
importanza internazionale.
Ultima
modifica: lunedì 16 maggio 2005
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