Origini della tecnologia televisiva
Come per altre invenzioni degli ultimi 100-150 anni (il
telefono, l’elettricità, l’aeroplano, l’automobile, ecc.) anche per la
televisione non è facile individuare un singolo inventore, ed uno degli sforzi
nel raccontarne le origini è perciò quello di far cogliere la complessità e
lunghezza del processo che dalle iniziali idee ha portato alla realizzazione
dei primi oggetti funzionanti, e poi alla nascita di un complesso sistema
tecnologico. Tralasciando volutamente i “rivoli” secondari e seguendo solamente
lo sviluppo dei due filoni tecnologici principali, quello “elettromeccanico” e
quello “elettronico”, che hanno prevalentemente caratterizzato la nascita della
televisione, per brevità concentrerò l’attenzione sulle vicende accadute nelle
due nazioni, Inghilterra e Stati Uniti, che hanno fatto da battistrada allo
sviluppo delle televisione come mezzo di comunicazione di massa. Lo sviluppo
della TV ha, come è ben noto, forti intrecci con quello della radio (vedi pagina),
ed il navigatore più curioso potrà quindi leggere anche l’articolo ad essa
dedicato.
La maggior parte degli storici concorda nell’attribuire
all’ingegnere russo-tedesco Paul Nipkow (1860-1940), il merito di aver
per primo concepito, se non l’idea, per lo meno un metodo pratico per
effettuare la “scansione” delle immagini, un’operazione che sta alla base di
tutti i sistemi televisivi, e di aver brevettato il primo sistema di ripresa e
trasmissione a distanza di immagini. Egli fu l’iniziatore del filone che
abbiamo definito “elettromeccanico”, in quanto nel suo apparecchio la scansione
(o scomposizione) dell’immagine avveniva interponendo un disco, dotato di
numerosi fori disposti a spirale e messo in rapida rotazione, fra l’immagine
che si voleva trasmettere e un rivelatore fotoelettrico al selenio. Per effetto
della rotazione e della disposizione dei fori, al rivelatore perveniva la luce
proveniente, uno dopo l’altro, dai singoli punti dell’immagine, che veniva
“letta” per righe, o per colonne. Si otteneva così un segnale elettrico
trasmissibile a distanza (via cavo, non ancora via etere), che veniva
utilizzato per riprodurre l’immagine, tramite una speciale lampada, alcune
lenti ed un secondo disco, in rotazione sincronizzata con il primo. La lampada
produceva una luce modulata in intensità dal segnale trasmesso; essa veniva
proiettata verso un piccolo schermo, con l’interposizione del secondo disco
rotante, e la combinazione della modulazione della luce e della rotazione del
disco permetteva di proiettare i chiaroscuri che riproducevano l’immagine
originale.
Il dispositivo di Nipkow, che egli concepì quando era ancora
uno studente a Berlino e che fu brevettato nel 1884, non ebbe peraltro utilizzi
pratici, fino a quando, una quarantina di anni dopo, l’idea fu ripresa
dall’ingegnere scozzese John Logie Baird (1888-1946), che
sviluppò un apparecchio chiamato Radiovision, nel quale usava il disco
rotante forato di Nipkow, ma nel contempo faceva tesoro dei grandi progressi
che l’elettronica aveva nel frattempo compiuto, usando quindi le onde radio per
trasmettere le immagini a distanza. Baird iniziò le sue esperienze nel 1923,
con scarsissimi mezzi, ma riuscendo comunque a procedere con l’aiuto di un
amico; le sue prime dimostrazioni pubbliche avvennero fra la fine del 1925 e
l’inizio del 1926. Dopo una iniziale ostilità nei suoi confronti, nel 1929 fu l’ente radiofonico inglese, la BBC, a realizzare la prima trasmittente
televisiva elettromeccanica, utilizzando la tecnologia di Baird (nello
stesso anno analoghe trasmissioni furono fatte anche in Germania, e Baird trovò
molto credito presso il Reichpost, che controllava le comunicazioni
radio tedesche).
Nei primi apparecchi di Baird[1]
la scansione (verticale) delle immagini era solo a 30 linee, ma il
sistema negli anni subì continui miglioramenti (si riuscì per esempio a
sincronizzare suoni ed immagini), e con la collaborazione della BBC rimase in
uso fino al 1936. A questa data la tecnica elettromeccanica aveva forse
raggiunto il suo limite intrinseco, ma era già stata tecnicamente superata
dalla televisione elettronica, e fu abbandonata anche dalla BBC che pure
l’aveva a lungo sperimentata.
Il sistema televisivo elettromeccanico, aveva dei limiti intrinseci
(scarsa risoluzione, impossibilità di aumentare le dimensioni dello schermo)
che lo rese abbastanza rapidamente obsoleto; l’idea fu però molto utile per
preparare il terreno alla televisione a scansione elettronica dell’immagine,
quella che noi ancora oggi usiamo, il cui cammino si svolse quasi parallelo
alla prima pur giungendo a maturazione qualche anno più tardi.
Le prime idee di televisione elettronica sono ascrivibili
all’inglese A.A. Campbell-Swinton ed al russo Boris Rosin. Il primo si limitò,
a dir la verità, solo a proporre, fra il 1908 ed il 1908, delle idee e degli
schemi di principio; è però importante la sua idea di riprodurre le immagini
utilizzando il tubo catodico[2],
cioè il dispositivo che, in seguito perfezionato come “cinescopio”, sarebbe
effettivamente divenuto un componente chiave della televisione elettronica. Il
secondo, assieme al suo allievo Zworykin che ebbe più tardi un ruolo
fondamentale nello sviluppo delle televisione, realizzò nel 1911 un rudimentale
dispositivo di scansione di immagini stazionarie, basato su un sistema
elettromeccanico a specchi ed un sistema di riproduzione basato sul tubo
catodico.
Rosin non ebbe fortuna, e finì la sua vita miseramente
senza poter sviluppare le sue idee, mentre Vladimir Cosma Zworykin
(1889-1982), emigrato negli Stati Uniti dopo la rivoluzione russa del
1917, ebbe modo di coltivare l’idea della televisione mentre lavorava per la
Westinghouse, e poi di svilupparla compiutamente dopo il suo passaggio, nel
1929, alla grande compagnia radiofonica RCA (Radio Corporation of America).
Per questo Zworykin viene da molti considerato il padre della televisione, ma
come ho accennato all’inizio, sulle origini ci sono molti contrasti, ed altri
considerano invece l’americano Philo Farnsworth il vero inventore della
televisione. Le diverse caratteristiche e collocazioni di questi due
personaggi, sembrano fatte apposta per alimentare le polemiche e dividere le
fazioni, in quanto Farnsworth è l’archetipo dell’inventore povero, geniale,
tenace, sempre in lotta contro l’incomprensione dei suoi contemporanei,
costretto a difendere le sue idee dalla prevaricazione delle grosse compagnie,
e quindi quasi un’icona del “sogno americano”. Zworykin, invece, nonostante la
sua condizione di immigrato, è un simbolo dello strapotere del capitale e delle
grosse corporations, e molti non gli perdonano la sua amicizia con David
Sarnoff (anche lui russo), il potente manager della RCA, iniziatore di uno dei
primi imperi mediatici mondiali.
Zworykin realizzò nel 1931 lo “iconoscopio”, il
componente chiave per lo sviluppo delle telecamere da ripresa televisiva,
totalmente funzionante in modo elettronico[3]. Era però stato il giovane inventore americano Philo Taylor Farnsworth
(1906-1971) a realizzare nel 1927 il primo sistema completamente
elettronico di scansione e riproduzione di immagini in movimento, e sette anni
dopo, nel 1934, a dimostrare ampiamente le potenzialità di un sistema
televisivo a 220 righe e 30 immagini/secondo, che egli aveva sviluppato a partire
da quel primo prototipo.
Zworykin aveva visitato il laboratorio di Farnsworth nel
1930, in vista di un possibile accordo con la RCA, ed è quindi possibile che
abbia tratto ispirazione dal lavoro di Farnsworth per la realizzazione del suo
iconoscopio, che aveva funzioni analoghe, ma era comunque abbastanza diverso
dall’analogo dispositivo che Farnsworth aveva concepito ancora molto giovane,
brevettandolo con il nome di image dissector[4].
In esso venivano raccolti gli elettroni emessi da una superficie fotosensibile
all’ossido di cesio, sulla quale veniva focalizzata l’immagine da riprendere.
Farnsworth era nato a Rigby, uno sperduto villaggio
dell’Idaho, in una zona abitata dai Mormoni, ed ebbe le sue prime idee sulla
televisione all’età di 14 anni, leggendo una rivista di fantascienza; ne parlò
con il suo insegnante di chimica, che lo incoraggiò a proseguire. Verso il 1930
Philo aveva depositato una serie di brevetti relativi ai componenti principali
del suo sistema televisivo, ma un verdetto negativo della FCC (Federal
Commission on Communications), gli impedì di iniziare delle trasmissioni
regolari. Entrato in un periodo di depressione dovuto a vicende familiari, si
riprese nel 1934, dopo un accordo con l’azienda PHILCO, per la produzione di
apparecchi televisivi, e cominciò a dare dimostrazioni pubbliche del suo
sistema, trasmettendo piccoli eventi locali nella zona di Philadelphia, dove
ancora pochissimi possedevano gli apparecchi ricevitori che aveva iniziato a
produrre. Ma non riuscì in ogni caso a far decollare la sua impresa, e sulla
questione dei brevetti iniziò una defatigante controversia legale con la grande
compagnia radiofonica RCA, da lui accusata di aver rubato le sue idee, dopo
avergli fatto alcune proposte di collaborazione. La RCA fu alla fine costretta
dai tribunali a riconoscergli una grossa somma di denaro, ma questo non impedì
che la RCA entrasse pesantemente nel business della televisione, trasformandolo
nel giro di una decina d’anni, con la sua forza tecnica ed economica, in una nuova
potenziale industria, il cui boom sarebbe scoppiato nel dopoguerra, dopo una
lunga stasi dovuta alla seconda guerra mondiale.
La rilevanza sociale della televisione cominciò in effetti
solo nel dopoguerra, a partire dagli Stati Uniti, ma già prima della guerra non
erano mancati gli esempi e le occasioni di far conoscere questa invenzioni al
pubblico. Ho già accennato al fatto che la BBC inglese fu la prima ad iniziare
nel novembre del 1936 trasmissioni televisive regolari col sistema
elettronico (definito allora ad alta definizione per distinguerlo da quello
precedente elettromeccanico)[5]. Il 1936 fu anche l’anno delle Olimpiadi di Berlino che furono
ampiamente riprese sia con telecamere Telefunken (realizzate con
tecnologia RCA), sia con telecamere Farnseh[6]
(che usavano la tecnologia di Farnsworth); si trattò di un evento ampiamente
sfruttato dal governo nazista, che vide nella televisione, oltre che nel cinema
e nella radio, un potenziale grande mezzo di propaganda[7].
Un altro evento importante per la televisione fu l’esposizione mondiale del
1939 a New York, dove la RCA presentò con grande risonanza il suo sistema
televisivo, nel suo padiglione dove veniva mostrato uno studio televisivo con
molti schermi e telecamere; per l’occasione fu trasmesso anche il discorso
inaugurale del presidente Roosevelt, in visita alla fiera.
Negli Stati Uniti, l’evento che preparò la grande diffusione
della televisione fu la definizione, nel 1941, dello standard di
trasmissione NTSC (National Television System Committee), da parte
dell’FCC, l’ente americano di controllo delle telecomunicazioni. Alla fine di
quell’anno furono rilasciate le prime licenze commerciali di trasmissione alle
società radiofoniche NBC e CBS che cominciarono trasmissioni regolari dalle
loro stazioni di New York, ed alla PHILCO che trasmetteva da Philadelfia. Le
trasmissioni e la tecnologia rimasero comunque sostanzialmente congelate fino
alla metà del 1945, quando, con la fine della guerra che si prospettava ormai
imminente, i tecnici della CBS decisero di bruciare le tappe e nel giro di poco
più di sei mesi portarono a compimento una serie di perfezionamenti che diedero
al sistema televisivo americano quelle carte che ancora gli mancavano per
essere un sistema ad alta qualità dell’immagine, relativamente economico e
diffondibile fra il vasto pubblico. A partire dal lancio del sistema CBS (Columbia Broadcasting System), nel febbraio del 1946, negli Stati Uniti si
verificò un poderoso boom che nel giro di solo otto anni, dal 1946 al 1954,
portò i televisori ad invadere la metà delle case americane. In
America fu disponibile abbastanza presto anche la televisione a colori (le
prime trasmissioni con lo standard NTSC-RCA, che era compatibile col precedente
standard in bianco e nero, sono dell’estate del 1954), ma l’elevato costo
iniziale degli apparecchi e la scarsità delle trasmissioni, resero la
diffusione della televisione a colori più lenta di quella in bianco e nero. La
situazione cominciò a cambiare dopo il 1964-65, quando la emittente nazionale
NBC aumentò notevolmente le sue trasmissioni a colori, seguita a breve anche
dalle altre emittenti[8].
La tecnologia televisiva continuava intanto a compiere
progressi, migliorando la qualità delle immagini e degli apparecchi, il cui
costo scese rapidamente, divenendo disponibile a strati sempre più vasti della
popolazione. Mi sembra anche interessante ricordare che i primi apparecchi di
videoregistrazione professionale a nastro magnetico furono realizzati nel 1956
dalla società americana AMPEX, fondata dall’ingegnere russo Alexander
Pontiatoff[9];
la disponibilità dei registratori diede un contributo notevole all’incremento
dell’offerta di programmi, in quanto consentivano di scindere i tempi della
trasmissione da quelli della preparazione dei programmi, di fare repliche,
ecc..
La televisione a Milano: dai pionieri ai magnati dell’etere
Forse alcuni ricordano che la data cruciale per la
televisione in Italia fu il 3 gennaio del 1954, quando iniziarono le
trasmissioni regolari della RAI. In realtà nel nostro paese si era iniziato a lavorare alla
televisione ben prima, e Milano, insieme a Roma e Torino, fu uno dei luoghi
fondamentali per l’introduzione della TV in Italia.
Fin dal 1928-29 gli ingegneri Alessandro Banfi e
Sergio Bertolotti avevano dato avvio, proprio a Milano, al primo laboratorio
italiano di televisione (elettromeccanica) presso la sede della EIAR (Ente
Italiano Audizioni Radiofoniche) in corso Italia, un’esperienza poi proseguita
presso la sede di Torino, dove fu allestito il primo elementare impianto di
ripresa, trasmissione e ricezione. Successivamente nel 1931 e nel 1933, durante due edizioni della Mostra Nazionale delle Radio che si svolgeva nella nostra città, erano stati presentati al pubblico i primi esperimenti di televisione in Italia (sia a scansione meccanica che elettronica). Negli anni successivi, sempre a Milano la società Magneti Marelli, molto attiva nel campo della radio (vedi pagina), svolse un buon lavoro di sviluppo e prove sotto la guida del prof. Francesco Vecchiacci del Politecnico, che al Politecnico diede pure inizio ai corsi di Comunicazioni Elettriche e Radiotecnica.
Anche la SAFAR (Società Anonima Fabbricazione Apparecchi Radio), sotto la guida dell’ing. Arturo Castellani, svolse una notevole attività di sviluppo in proprio. Tuttavia, agli occhi esperti dell’ing. Banfi, che si muoveva nell’ottica di chi pensava all’inizio di un potenziale servizio televisivo, la tecnologia nazionale appariva ancora piuttosto indietro, rispetto a quello che aveva visto chi come lui aveva visitato i laboratori dove stava nascendo la tecnologia televisiva tedesca e inglese. Nonostante il clima autarchico l’industria milanese cominciò quindi a guardare anche all’estero, e dopo il 1936 la Marelli iniziò una collaborazione con la RCA, che portò in Italia lo stesso Zworykin. Arrivò così a produrre telecamere e apparecchi televisivi a scansione elettronica, mostrati al pubblico in più occasioni, ad esempio alla XI Mostra Nazionale della Radio del 1939 e alla Fiera di Milano dell’aprile del 1940, quando furono effettuate regolari trasmissioni giornaliere irradiate dalla Torre Littoria (Torre del Parco) con uno standard a 441 righe.
Si ripeteva in tal modo, e si perfezionava, a Milano (due mesi prima dell’entrata in guerra) l’esperienza condotta nel luglio dell’anno prima a Roma, dove era entrata in funzione la
prima stazione sperimentale televisiva della EIAR, che trasmetteva da Roma
Monte Mario. Alla realizzazione di questo impianto lavorò lo stesso ing. Banfi,
che aveva iniziato la sua attività pionieristica a Milano. I
programmi romani venivano realizzati nello studio televisivo di via Asiago,
dove per le riprese si utilizzavano telecamere tedesche FERNSEH; da qui i
segnali erano trasmessi su cavo coassiale all’antenna di Monte Mario, collegata
a un trasmettitore realizzato dalla società milanese SAFAR, che aveva una
potenza di 2 kW a 50 MHz. Una serie di apparecchi televisivi FERNSEH e SAFAR (utilizzavano lo standard tedesco a 441 linee con 21-42 immagini secondo) erano stati sistemati in un apposito padiglione al Circo Massimo e nelle vetrine di alcuni negozi del centro, in modo che il pubblico potesse liberamente seguire le trasmissioni sperimentali, realizzate con la partecipazione di noti attori del tempo. L’esperimento romano proseguì per quasi un anno, ma fu interrotto dall’inizio delle vicende belliche.
Nonostante alcune ottimistiche previsioni, che davano per
probabile l’inizio del servizio televisivo in Italia per la fine del 1940[10],
anche a Milano la guerra fermò tutto, e le apparecchiature sperimentali
milanesi dopo l’armistizio finirono in Germania.
Nell’immediato dopoguerra, gli sforzi iniziali della RAI
(l’erede dell'EIAR) andarono tutti alla ricostruzione del servizio radio, e di
televisione si ricominciò a parlare solo nel 1947, quando, in occasione della
Fiera di Milano, la RCA inviò un impianto mobile da ripresa, che effettuò
trasmissioni da vari luoghi, compresa la Scala, dando al pubblico della Fiera
la possibilità di assistervi in uno speciale auditorium.
La RAI re-iniziò le prime attività televisive solo
nell’autunno del 1949 con trasmissioni sperimentali da Torino effettuate con
apparecchiature acquistate dalla General Electric (a 625 linee) e dalla
“Television Francais” (a 819 linee), mentre nel 1951 da Milano partirono le
trasmissioni dimostrative effettuate in occasione del Primo Congresso Nazionale
della Televisione al quale parteciparono anche tecnici ed industriali
provenienti da molti paesi stranieri.
La tecnologia televisiva era ormai matura, ma prima di
iniziare una qualsiasi attività di trasmissioni regolari e di mettere in moto
l’apparato industriale italiano, era a questo punto necessario compiere una
scelta fra i vari standard di trasmissione disponibili, in Europa e in America.
In Europa si stava dibattendo il problema in una serie di conferenze
internazionali, con l’obiettivo di adottare uno standard comune. Dopo molte
discussioni l’Italia fece la sua scelta, e nel 1952 un decreto legge fissò le
caratteristiche del sistema italiano, a 625 linee in bianco e nero.
Alla RAI, entrata nel frattempo nell’orbita dell’IRI, fu
concessa l’esclusiva dei servizi radiotelevisivi, dandole nel contempo
l’incarico di costruire entro il 1953 i primi impianti, sulla base di un piano nazionale di sviluppo studiato dai tecnici della RAI stessa.
A Milano entrò in funzione nel 1952 il nuovo centro di
produzione RAI di corso Sempione, concepito ancora prima della
guerra per la radio, ma poi riprogettato ed ampliato anche in funzione dell’imminente
inizio del servizio televisivo. In effetti il piano terreno ed il primo piano
del complesso che sorse all’angolo di via Villasanta erano riservati alla
televisione, contenendo sia gli impianti tecnici, sia due studi televisivi,
denominati TV1 e TV2, uno da 500 e uno da 2.000 metri cubi.
Il debutto del centro di produzione di Milano, avvenne in
occasione della Fiera campionaria del 1952. Per tutti i giorni di apertura
delle fiera andarono in onda, in via sperimentale, numerosi spettacoli di vario
tipo, film, documentari, oltre a un notiziario quotidiano, con riprese filmate
di attualità. Fu trasmessa anche la prima benedizione papale Urbi et Orbi.
Il centro milanese era collegato con l’altro studio
televisivo esistente a Torino con uno speciale ponte a microonde, e pochi mesi dopo fu attivato il collegamento anche con gli studi romani. Fu una grossa “prova generale”, che permise di mettere a punto le strutture tecniche, ma anche di cominciare a capire cosa volesse dire fare della televisione.
Nel corso del 1953 furono attivati diversi ripetitori in VHF
(Torino, Milano, Monte Penice, Monte Portofino, ecc.), che avrebbero poi
consentito l’avvio delle trasmissioni all’inizio dell’anno successivo. Nella
sede di Milano si ampliò lo spazio riservato alla televisione, con la
costruzione, nelle adiacenze, degli studi TV3 e TV4; nella vicina area della
fiera campionaria sarebbero stati di lì a poco realizzati anche gli studi del Teatro della Fiera, luogo storico di realizzazione di molti dei primi programmi televisivi italiani.
Dopo l’inizio ufficiale delle trasmissioni, la RAI, divenuta nel frattempo Radiotelevisione Italiana, si presentò presto anche nel consesso internazionale delle televisioni europee, partecipando già nel giugno del 1954 al primo collegamento diretto in rete Eurovisione, durante il quale fu trasmessa la cerimonia di incoronazione della regina Elisabetta II d’Inghilterra.
All’inizio del 1954, quando il canone di abbonamento era di
12.500 lire ed un apparecchio televisivo costava circa 220.000 lire
(all’incirca l’equivalente di tre buoni stipendi), gli abbonati alla TV erano circa 24.000.
Con il 1954 cominciarono ad essere immessi sul mercato i
primi apparecchi costruiti in Italia (in genere a 14 o 17 pollici), e la vetrina
dell’industria nazionale fu la XIX Mostra Nazionale delle Radio e della
Televisione, che si tenne al palazzo dello Sport, proprio a due passi dal
centro di produzione della RAI. In effetti l’industria elettronica e
radiotelevisiva italiana gravitava per la gran parte attorno a Milano, con
marchi storici quali la Magneti Marelli, la CGE, la Allocchio-Bacchini, la
SAFAR, la Geloso e con nomi nuovi che si affacciavano appena allora sul mercato
(Brion-Vega, Mivar). Un accordo fra la RAI e l’associazione degli
industriali del settore consentì di immettere sul mercato una linea di
apparecchi “popolari”, la cosiddetta “serie ANIE”, che si vendevano al prezzo convenuto di 42.000 lire.
Dopo il 1954, i lavori di costruzione dei nuovi impianti,
necessari ad estendere la copertura televisiva del territorio nazionale,
procedettero abbastanza rapidamente, tanto che verso la metà del 1957 la
popolazione nazionale che poteva ricevere le trasmissioni era circa il 90% del totale. Gli abbonati alla TV crebbero con una velocità ben maggiore di quanto
non avessero fatto nel passato gli abbonati alla radio: erano 90.000 alla fine del 1954, 670.000 nel 1957 e dopo dieci anni avrebbero superato abbondantemente i cinque milioni[11]. In effetti la televisione catturò subito l’attenzione popolare, non solo nelle città, ma anche nelle campagne.
Nel panorama televisivo italiano dei primi anni, Milano ebbe
un ruolo dominante, rispetto agli altri centri di produzione di Roma e Torino.
Nel 1954 negli studi televisivi di Milano lavoravano già circa 400 persone, e
da corso Sempione e dalla Fiera partiva circa l’85% di tutti i programmi
nazionali. Non si tardò per questo a progettare e realizzare un ampliamento del
centro milanese, che avvenne in due fasi: la prima fu completata fra il 1959 ed
il 1961, la seconda si sovrappose all’incremento di capacità produttiva
richiesto dall’entrata in servizio della seconda rete televisiva,
avvenuta a partire dal novembre del 1961[12],
e conclusasi alla fine del 1964.
Nella prima fase di ampliamento fu realizzato un nuovo
blocco di otto piani fuori terra e due sotterranei (progetto di Ponti, Fornaroli, Rosselli, vedi radio) dove trovarono spazio sia gli uffici e
i servizi, sia gli studi e gli impianti tecnici, in particolare un moderno
laboratorio di sviluppo e stampa cinematografico[13]
e due impianti di sincronizzazione, destinati al Telegiornale e alla produzione
cinematografica, oltre al centro tecnico per gli scambi in
Eurovisione, dove avveniva la conversione degli standard dei programmi
ricevuti/trasmessi. Inoltre furono realizzati due nuovi grandi studi televisivi
sopra il Teatro delle Fiera.
Nella seconda fase di ampliamento furono realizzati i tre
nuovi grandi studi TV4, TV5 e TV6 (TV4 sostituì uno studio provvisoriamente
sistemato nel palazzo dell’Intendenza), con le relative sale prova, e furono
definitivamente sistemati i servizi di scenografia e falegnameria, che erano
stati provvisoriamente alloggiati in capannoni costruiti lungo la via Francesco
Ferruccio. Trovarono sistemazione definitiva anche gli impianti di controllo
centrale, di telecinema e di registrazione magnetica.
Nel complesso il centro di produzione di Corso Sempione, con
la sua alta torre irta di antenne di tutti i tipi, aggiunse una serie di elementi
nuovi e di mole considerevole al panorama della città, che tuttora risaltano
molto bene specie quando si osserva lo skyline della città dai punti
più alti.
Il periodo dell’entrata in servizio del secondo canale TV,
coincise con le prime sperimentazioni italiane sulla televisione a colori, e
diede inizio ad una lunga diatriba su quale standard adottare (il SECAM
francese o il PAL tedesco). Sta di fatto che la televisione a colori
arrivò in Italia solo nel febbraio del 1977, superando con
molta fatica non tanto i dilemmi tecnici (alla fine si scelse il sistema PAL)
quanto una serie di opposizioni “di principio”, e le difficoltà di in un
periodo molto turbolento della vita politica italiana. Fu un ritardo di circa
dieci anni rispetto alle altre reti europee, che non fece particolari danni
alla RAI, ma che segnò l’inizio di un progressivo, inarrestabile declino
dell’industria elettronica milanese. Nel dicembre del 1979 sarebbero
poi iniziate le trasmissioni anche delle reti regionali di RAI 3.
Gli anni ’70 furono comunque un periodo di forti novità per
il mondo televisivo milanese, a causa della nascita del fenomeno delle
televisioni libere.[14]
Nel settembre del 1974 cominciò trasmettere via cavo una televisione privata
che si presentava come un servizio di qualità per il nuovo prestigioso
quartiere residenziale di Milano 2; si trattava di TeleMilanocavo il
primo modesto nucleo di quello che sarebbe poi diventato, in pochi anni,
l’impero televisivo di Silvio Berlusconi.
Sul finire degli anni ’70 la forte e rapida evoluzione della
tecnologia elettronica favorì la crescita di questo nuovo mondo, in quanto
insieme alla diminuzione delle dimensioni e dei pesi delle apparecchiature
necessarie per l’esercizio della televisione (telecamere, ripetitori,
registratori) diminuirono di molto anche i loro costi e le complessità
necessarie alla produzione dei programmi televisivi; tutto ciò rese molto più
accessibile, anche agli operatori privati, l’ingresso nell’attività televisiva.
Cominciò inoltre a cambiare anche l’atteggiamento degli spettatori, che con in
mano l’arma del loro esiguo potere, il telecomando, cominciavano ad avere
qualche possibilità di scelta fra offerte concorrenti.
Milano fu il luogo di nascita delle tre emittenti televisive
private che assunsero una rilevanza nazionale: Canale 5, nata nel 1978
come TeleMilano, e lanciata a livello nazionale dalla famiglia Berlusconi nel
1980, Italia 1 fondata nel 1982 dall’editore Rusconi, Rete 4
fondata sempre nel 1982 dall’editore Mondadori. Ma il mercato italiano
era ancora troppo piccolo per sostenere tre reti commerciali concorrenti, e per
questo prevalse colui che era più attrezzato, con una propria società, alla
raccolta pubblicitaria televisiva: nel 1984 la Fininvest aveva perciò già in
sua mano queste tre reti.
Ricordo infine che in questo stesso periodo cominciarono a
comparire sul mercato i primi videoregistratori a cassette (il primo VCR, video
cassette recorder, da famiglia, il modello Philips N1500 è del 1975 ed il
modello HR 3300 della giapponese JVC è del 1976) che dagli inizi degli anni
’80, con l’affermarsi della tecnologia giapponese VHS (video home system),
diedero agli spettatori una nuova possibilità di fruire delle televisione.
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