Negli ultimi anni si sta assistendo a Milano
e dintorni ad una poderosa trasformazione del tessuto urbano, che ha il suo
motore nel riutilizzo di numerose aree industriali dismesse, rimaste per anni
come isole di più o meno degradato abbandono nel mare magnum
del territorio urbano. La Pirelli alla
Bicocca, la Falk di Sesto, la Magneti-Marelli di via Adriano, l’Innocenti di
Lambrate, la Montedison di Rogoredo-Morsenchio, sono solo alcuni dei tanti
stabilimenti che hanno fatto la storia dell’industria milanese, dei quali è stata fatta, o si farà tabula rasa, e sulle cui aree rinascono centri
commerciali, quartieri residenziali e/o parchi. A dir la verità questo processo
di trasformazione dell’industria e dei luoghi da essa occupati non è del tutto
nuovo, né si è sempre risolto con la totale distruzione delle vestigia
industriali (ricordo ad esempio il caso delle Officine Ansaldo e dello
stabilimento della Riva-Calzoni, nella zona di Porta Genova).
Esiste
in particolare una vasta area industriale, quella delle ex-Officine Caproni a
Taliedo, che già negli anni ’50 perse il suo ruolo di principale polo
dell’industria aeronautica lombarda, ma che non è stata rasa al suolo ed è
progressivamente divenuta sede di numerose e variegate attività industriali e
di servizio. L’intera area ha conservato l’aspetto un po’ disordinato e
dimesso di uno stabilimento industriale che era cresciuto tumultuosamente nel
corso di trent’anni, e che è stato poi
gradualmente riutilizzato senza un piano generale di recupero. Nonostante ciò
essa è rimasta una vivace area produttiva, nella quale sono presenti alcuni validi esempi di recupero e
restauro di edifici industriali.
In tal senso essa costituisce una interessante
alternativa al modello “ground zero” che sembra ultimamente prevalere,
e mi è per questo sembrato che valesse la pena di raccontarne un po’ la storia.
L’aerodromo di Taliedo e il primo nucleo delle officine Caproni
La porzione del vasto territorio milanese all’esterno delle
mura cittadine, dalla parte di Porta Vittoria, delimitato ad est dal corso del
Lambro, che prende il nome dalla scomparsa “Cascina Taliedo” e dal tuttora
esistente nucleo storico di Monluè,
mantenne la sua vocazione agricola fino al primo decennio del ‘900. Non è
questa la sede per approfondire le origini del nome “Taliedo”, né per
raccontare in dettaglio la storia più antica di questo territorio, e mi
limiterò pertanto ad un rapidissimo accenno, inserendo un estratto della nota
carta del 1873, redatta dopo l’annessione a Milano dei Corpi Santi, nella quale
si vede quant’era lontana la cascina “Tagliedo” dalle mura
cittadine (rimando chi ne volesse sapere di più al bel libro di Sergio Leondi, Di
qua dal Lambro, meglio citato nei riferimenti). Si noti che verso il 1873 la campagna intorno alla cascina era già solcata dalle linee ferroviarie, per Venezia e per Piacenza, (vedi pagina) che la separavano dalla città. Una trentina di anni dopo, a inizio
‘900 la città si era già un po’ espansa fuori dalle mura, ma quasi niente era ancora cambiato attorno alla cascina Taliedo; una rivoluzione avvenne però nel 1910 quando quest’area venne
rapidamente sistemata per accogliere la competizione aeronautica denominata
“Circuito Aereo Internazionale di Milano”, che si tenne nel settembre del 1910.
A seguito di questa gara nacque l’aerodromo di Taliedo (vedi), il primo campo di volo cittadino, il cui sedime confinava a nord con il prolungamento del corso XXII Marzo, ad ovest con i terrapieni della ferrovia ed era
delimitato a sud dalla vecchia strada Paullese e dal borgo di Morsenchio: più precisamente, se facciamo un confrontiamo con la viabilità attuale, il campo occupava l’area all’incirca compresa fra via Mecenate, viale
Ungheria, via Bonfadini, via Salomone, e via Zama, strade che a quel tempo non erano state ancora tracciate.
Negli anni successivi al Circuito Aereo, il Ministero della
Guerra si assunse l’onere di riadattare il campo e di costruire le
infrastrutture necessarie alla sistemazione di un insediamento militare
permanente, concordando con privati ed
associazioni aeronautiche le modalità d’uso degli impianti anche per scopi
civili. L’insediamento militare crebbe notevolmente, prima e durante la prima guerra mondiale, nella zona ad ovest e a nord dell’aerodromo, dove nel periodo dal 1914 al 1917 vennero costruiti diversi nuovi hangars, sia con strutture miste (legno-muratura), sia con strutture interamente metalliche (hangars Savigliano), sia ancora con strutture in cemento armato.
Il
primo consistente lotto dei grandi capannoni industriali della ditta Caproni fu
invece costruito a partire dal 1915 nella zona est dell’aerodromo; gli edifici
della fabbrica Caproni da un lato si affacciavano sulla attuale via Mecenate, e
verso ovest si aprivano sul campo di Taliedo, dal quale gli aeroplani spiccavano i loro voli di
prova e di collaudo.
L’ing. Gianni Caproni aveva
iniziato la sua attività, prima pionieristica e poi industriale, tra Malpensa e Vizzola Ticino (dove tuttora
esistono ampie tracce di questo inizio). Si trattava indubbiamente di un’area
ideale per il volo, in quanto libera da insediamenti umani, ma un po’ marginale
e lontana dalle principali vie di trasporto. Per questo, quando l’andamento
della guerra fece lievitare enormemente le commesse militari,
la società fondata dall’ing. Caproni, con l’aiuto di grossi nomi della finanza
milanese, che allora si chiamava “Società per lo sviluppo della Aviazione in
Italia”, si insediò anche sul campo di
volo di Taliedo dove, oltre a disporre dello spazio per il decollo e
atterraggio degli aeroplani,
la vicinanza della città rendeva più agevoli gli approvvigionamenti di
materiali e le consentiva di reperire facilmente la numerosa manodopera che
gradualmente fu assunta.
La bella fotografia qui riportata, databile agli anni immediatamente successivi alla fine del primo
conflitto mondiale, ci fornisce una buona idea di come si presentava questo
primo nucleo degli stabilimenti Caproni, visti da un osservatore che guardasse
verso ovest, stando al di là della attuale via Mecenate.
A Taliedo la Caproni costruiva
in particolare i suoi biplani e triplani da bombardamento, che
furono fra i più famosi aerei di quell’epoca, usati anche dagli Alleati. Uno di
questi grandi aeroplani si intravede nella foto qui accanto, che ha sullo
sfondo uno dei capannoni in mattoni di Taliedo, con le loro tipiche finestre
ogivali.
Se confrontiamo la fotografia
panoramica del primo dopoguerra con alcune foto recenti sono
facilmente riconoscibili i capannoni che tuttora si affacciano sul lato dei numeri pari della via Mecenate. In particolare, in primo piano
circa al centro della vecchia fotografia, si riconosce il varco di ingresso che
attualmente corrisponde al n. 76 della via Mecenate e verso sinistra il secondo
varco che ora corrisponde al n. 80, mentre sulla destra, non sembra ancora
presente l’area dei campi sportivi (tuttora esistenti) che fecero più tardi
parte dell’insediamento. Si osservi inoltre che la strada, l’attuale via
Mecenate, allora già parzialmente
tracciata, non era però ancora
asfaltata, né percorsa dal tram.
Non ho trovato notizie certe di
quale fosse l'utilizzo originario dei numerosi edifici che costituivano questo
nucleo originario, ma è probabile che fossero almeno in parte le stesse
indicate su una mappa assai più tarda, databile al periodo della seconda guerra
mondiale (si veda più avanti).
Dopo la prima guerra mondiale
Finita la prima guerra mondiale,
l’attività della Caproni subì una stasi, sia per la riduzione dell’attività
militare, sia per la crisi a cui andò incontro tutto il settore aeronautico
lombardo. Ma dopo il 1922, con l’avvento
del Fascismo, le attività aeronautiche civili e militari ebbero una graduale
ripresa, tanto che durante gli anni ’20 sul campo di Taliedo si insediarono
anche altre ditte aeronautiche, in particolare la Piero Magni Aviazione, nata tra Meda e Besana Brianza dopo la prima
guerra mondiale, e trasferitasi nel 1928 a Taliedo, dove i suoi capannoni si trovavano
sul lato sud-ovest del campo, verso l’attuale via Bonfadini.
Da questa ripresa trasse molto
beneficio anche la Caproni: la fabbrica fu gradualmente ampliata, l’occupazione
si incrementò, cosicché verso la metà degli anni ’30 l’insediamento industriale
della Caproni a Taliedo aveva ormai acquistato una dimensione cospicua, e si sviluppava a cavallo dell’
attuale via Mecenate, essendo dotata anche di un apposito sottopasso che univa
le due parti dello stabilimento,
ora chiuso ma del quale si intravedono le tracce transitando sul marciapiede di
via Mecenate.
Si può avere un’idea della sua ampiezza, sia dalle mappe militari di quell'epoca, sia da un disegno prospettico degli stabilimenti, sia
anche da alcune belle fotografie aeree databili alla fine degli anni’30, inizi
anni ’40. In quest'ultime (riprese circa in direzione ovest-est)
si osservi la grande estensione delle
costruzioni anche verso Monluè (del quale si intravedono sullo sfondo la chiesa
e il grande edificio scolastico, tuttora esistente), e la presenza del rondò di inversione di
marcia della linea tranviaria, la n. 35,
che ogni giorno portava alla Caproni centinaia e centinaia di operai e
impiegati; si può inoltre notare la progressione nella sistemazione delle
strade all'intorno degli stabilimenti, con la comparsa dell’attuale via
Fantoli.
Nell’ultima di queste fotografie
comincia a comparire l’ultima schiera di grandi capannoni che tutt'oggi si affacciano in parte
sulla via Fantoli. Questi grandi
edifici, denominati “Duralluminio”, “Re 2000”, “Nuova aviorimessa montaggio
duralluminio”, "Montaggio C" furono edificati verso l’inizio degli
anni ‘40, e risultano sicuramente esistenti, durante la seconda guerra mondiale,
come si vede in una interessante mappa databile molto probabilmente al 1943 che
riporta il piano di evacuazione degli stabilimenti in caso di bombardamento.
Non ho potuto ricostruire in
dettaglio a cosa fossero dedicati questi più recenti capannoni. Le denominazioni
sembrano comunque indicare che fossero riservati ai velivoli più moderni, di
costruzione totalmente metallica; in particolare sembrerebbe che quello
centrale fosse dedicato al velivolo da
caccia Re 2000 (Reggiane 2000 e più tardi anche al suo sviluppo Re 2002),
progettato presso le Officine Reggiane di Reggio Emilia, una società della
quale la Caproni aveva assunto il
controllo verso il 1935, e realizzato in parte anche nello stabilimento
milanese ed in quello di Vizzola Ticino.
La Caproni e il primo aeroporto di Linate
Ritornando indietro nel tempo,
l’aeroporto di Taliedo, nella seconda metà degli anni ’30, venne abbandonato
come aeroporto civile (ed anche militare) pur rimanendo fino a tutto il periodo
della seconda guerra mondiale a disposizione delle società aeronautiche che vi
si erano insediate, in primis la Caproni. Quando era stato redatto il progetto
del nuovo aeroporto di Linate (vedi) era stato anche proposto di creare
un collegamento diretto fra l’area delle Officine Caproni e il nuovo aeroporto
(inaugurato nel 1937), scavalcando con un’ampia copertura il Lambro;
ma l’idea non fu mai realizzata, e gli aeroplani Caproni per arrivare a Linate
dovevano quindi essere rimorchiati lungo le strade (allora non c’erano certo problemi di traffico).
Per la Caproni divenne comunque
abbastanza usuale, trainare i velivoli da collaudare, specie i più grandi, dai
suoi capannoni fino al perimetro del nuovo aeroporto di Linate, che come si
vede da questa mappa era vicino, ed al cui confine ovest si arrivava
rapidamente, percorrendo la strada che ora coincide con la via Fantoli.
Dopo la seconda guerra mondiale
Gli stabilimenti della Caproni,
nonostante il loro indubbio valore strategico, furono sostanzialmente risparmiati
dai numerosi bombardamenti aerei che colpirono ripetutamente Milano a partire
dal 1943.
La fabbrica, quasi intatta,
avrebbe quindi potuto riprendere
rapidamente la sua attività produttiva. In realtà però, dopo la fine della
seconda guerra mondiale la società “Aeroplani Caproni”, che durante il periodo
fascista era divenuto un gruppo industriale complesso, variegato (avendo
assorbito, dopo il 1933, numerose altre società era formato da una quarantina
di aziende), e di grandissime dimensioni (aveva circa 50.000 dipendenti), si
trovò in gravi difficoltà per il crollo delle commesse militari.
Nonostante vari tentativi, portati avanti anche a Taliedo, di riconvertire
l’azienda a nuove produzioni (carrozzerie, veicoli ferrotranviari,
elettrodomestici, ecc.), nel 1950 l’azienda fu costretta a dichiarare
bancarotta.
Con il fallimento della Caproni
(ed anche della Piero Magni), venne meno il motivo di mantenere in servizio il
campo di volo di Taliedo, e l’area, nel frattempo sempre più circondata
dall’avanzata della città, perse
definitivamente il suo ruolo aeroportuale, divenendo zona residenziale (il
quartiere Taliedo fu edificato nella prima metà degli anni '60) ed industriale.
Invece, la necessità di ricavare
proventi per il pagamento dei debiti fallimentari fu probabilmente uno dei
principali motivi per i quali i capannoni della Caproni, pur gradualmente
svuotati delle loro funzioni e dei macchinari, non furono demoliti, ma
gradualmente venduti o affittati, e un po’ alla volta tratti dall’abbandono e
riconvertiti a nuove funzioni.
Che gli edifici siano rimasti
quasi tutti in piedi
è facilmente constatabile se si confronta una di quelle bellissime immagini
satellitari che “Google” mette gratuitamente a disposizione con la
mappa di sfollamento del 1943 o con le fotografie aeree di cui sopra. Nella
foto satellitare l’insediamento Caproni è riconoscibilissimo, anche se è
evidente che tutta l’area circostante è stata fittamente edificata.
Un’analisi completa degli
interventi di restauro o ristrutturazione che sono stati effettuati sui
numerosi edifici dell’ex-stabilimento Caproni sarebbe molto complessa ed
andrebbe molto al di là dello spazio di queste brevi note. Mi limiterò pertanto
a riportare qualche semplice esempio delle trasformazioni a cui alcuni di essi
sono stati sottoposti.
Sul lato ovest della via Mecenate
sono situati gli edifici più vecchi (risalenti come si è detto all’incirca al
periodo della prima guerra mondiale) ed esteticamente più pregevoli. Uno degli
interventi di recupero e restauro meglio riusciti è stato effettuato su due dei
capannoni che si affacciano sulla zona degli impianti sportivi, al numero
civico 76/5: si tratta di una coppia di edifici a due piani, in mattoni, con
finestre ogivali, uno dei quali conserva all'interno una bella struttura di
copertura a capriate di legno. Con il nome di “Officine del Volo” (vedi www.officinedelvolo.it), sono stati
trasformati in uno spazio polifunzionale attrezzato che viene affittato per
mostre, ricevimenti, servizi fotografici, ecc.
Al confine sud dell’ex
stabilimento, i grandi capannoni che costituivano una delle aree di montaggio
finale dei velivoli (Montaggio A), assieme ad altri grandi spazi all'interno
dell'insediamento, sono stati riutilizzati come uffici, spazi per grandi eventi
e studi di ripresa da società di produzione televisiva e cinematografica; qui
oltre al recupero delle vecchie strutture, sono state inserite anche nuove
costruzioni. Suggestivo anche il riutilizzo di una parte di un
capannone come birreria.
Sul
lato est della via Mecenate (lato dei numeri dispari) gli edifici sono
architettonicamente meno pregevoli e gli interventi quindi assai più
utilitaristici e prettamente commerciali-industriali. Ad esempio il capannone
che alloggiava il “refettorio” (la mensa) è divenuto un vasto locale di
esposizione per una concessionaria di automobili, il capannone “nuova
aviorimessa montaggio duralluminio” è diventato sede di varie società,
mentre il grande capannone “RE 2000” è stato trasformato in deposito da un noto
corriere aereo internazionale.
Riferimenti:
Anonimo, La grandiosa
aerostazione di Linate al Lambro inaugurata da s.e. Valle, in: “Rivista del
Comune”, Ed. Comune di Milano, Milano, n.1, Gennaio 1937
Apostolo Giorgio, Pagliano Maurizio, Il volo a Milano,
Edizione a cura Istituto Gaetano Pini, Milano, 1998
Caproni Gianni, Gli aeroplani Caproni: studi, progetti,
realizzazioni, dal 1908 al 1935, Edizioni del Museo Caproni, Milano, 1936
De Biaggi C., Le mani si
stringono, Edizione a cura di Cooperativa Edificatrice Lavoratori,
Litografia Good Print, Peschiera Borromeo, 2006
Gerosa Brichetto G.,
Leondi S., Dal castello di
Linate alla città aviatoria, Edizione a cura del Comitato Celebrazioni
Linatesi, Peschiera Borromeo, 1983
Gerosa Brichetto G.,
Leondi S., Di qua dal Lambro: passeggiata storica alle porte di Milano, Chiarakolors, Milano, 1992
Leondi S., Fischia il vento,
Edizione a cura di A.N.P.I. Sez. Brioschi, Fotolito Lamarmora, Milano, 1986
Roda Giuseppe, Fallimento
AEROPLANI CAPRONI SpA, La Cromotipo, Milano, 1950
Ringraziamenti:
Per molte delle notizie e delle
immagini qui riportate sono debitore del prof. Sergio Leondi e del conte Giovanni Caproni, ai quali va il mio
ringraziamento per la cortesia e disponibilità dimostrate.