Data la configurazione della penisola italiana e la sua
posizione geografica nel Mediterraneo, nella seconda metà degli anni ’20 molti
ritenevano che l’aviazione commerciale italiana avrebbe avuto sviluppo
prevalentemente sopra il mare, tanto che il problema degli idroscali era
considerato di carattere preponderante rispetto a quello degli aeroporti
terrestri. Questa posizione era rafforzata dai successi ottenuti dagli
idrovolanti italiani in competizioni internazionali, come la Coppa Schneider,
ed in grandi trasvolate. Così nel 1926, nell’ambito di un progetto elaborato
per il miglioramento dell’aerodromo di Taliedo, si era pensato ad
accrescere il peso della Milano aviatoria unificando in una sola struttura
l'operatività degli idrovolanti e degli aeroplani, senza peraltro escludere un
ulteriore adeguamento delle strutture di Taliedo. Questo progetto ipotizzava la
creazione di un bacino di ammaraggio lungo circa un chilometro sul lato est
della via Marco Bruto (l’attuale via Mecenate), parallelamente agli scavi del
mai realizzato canale industriale Milano-Po.
Nell’immediato non se ne
fece niente, ma nel 1927, quando fu approvata una legge (n. 1639 del 27 giugno
1927) che imponeva alle Province la realizzazione di campi di fortuna per i
velivoli terrestri e per gli idrovolanti, il podestà di Milano, De Capitani
D'Arzago, riprese e sostenne questa idea dell'abbinamento dei servizi terrestri
ed idro: fu probabilmente questa motivazione di convenienza che fece sì che
Milano fosse l’unica provincia italiana ad applicare la suddetta legge.
La collocazione del bacino, denominato Idroscalo di Milano,
fu però spostata più ad est, a sette chilometri da Piazza del Duomo, in
località Tregarezzo di Segrate dove già esistevano ampie cave di inerti aperte
qualche anno prima dall’Impresa Lucchini per la costruzione del grande scalo
di smistamento di Lambrate.
Il progetto fu fortemente sostenuto da Fabio Mainoni,
presidente della Fiera di Milano, che incaricò della sua elaborazione un giovane
geometra che lavorava alla Caproni, Gino Utili, specializzato nel disegno di
aeroporti e scali sull’acqua. Utili lavorò rapidamente, così che in breve fu
possibile consegnare alle autorità gli elaborati perché fossero esaminati. Le
idee di Utili piacquero, e furono sostanzialmente accettate dagli uffici
tecnici della Provincia, con alcune migliorie, quali l’allargamento del bacino.
Alla Provincia si sottolineava peraltro che l’opera avrebbe dovuto essere a
favore non solo agli aviatori, “ma anche dei normali sportivi e più
precisamente dei canottieri, dei nuotatori, degli amanti insomma di tutti
quegli sport che hanno a che fare con l’acqua. Quindi un vero e proprio campo
sportivo, con completa visibilità per tutti, oltre che un centro di traffico aereo”.
Lo scalo era in ogni caso principalmente concepito come una moderna “stazione idroaviatoria” agevolmente
collegata alla città e all’aeroporto di Taliedo tramite il prolungamento di
Corso XXII Marzo, aprendo una nuova carreggiata larga una trentina di metri. In
prossimità dell'invaso era anche previsto un ampio anello stradale di
ventiquattro metri di larghezza. La zona era, inoltre, facilmente raccordabile
con la stazione di smistamento dei treni di Lambrate.
I lavori furono iniziati nel 1928, seguiti da vicino dai tecnici della Provincia, che si
insediarono nella Cascina Gallarana, posta all’incirca dove è ora situata
l’aerostazione di Linate. Un accordo con la ditta Lucchini
prevedeva che questa si facesse carico degli scavi ed in cambio potesse vendere
il materiale estratto: un contratto semplice e di mutuo vantaggio per le due
parti, che inizialmente consentì un procedere spedito del lavoro (anche se in
seguito sorsero difficoltà, tanto che nel 1933 il cantiere fu requisito dalla Provincia). Le dimensioni del bacino, che richiesero la movimentazione di milioni di metri
cubi di terreno con mezzi tecnici ancora piuttosto modesti, sono
notevoli: 2.500 metri di lunghezza, 300 metri di larghezza all’estremità nord,
e 450 metri all'estremità sud, con una profondità media di una decina di
metri. Un’opera grandiosa, insomma, e di grande prestigio per il regime
fascista, che non mancò di ricevere il plauso e l’approvazione dello stesso
Mussolini.
La prima parte dello scavo del bacino fu conclusa in circa
due anni, ed il primo idrovolante poté ammarare all'idroscalo già nel maggio
del 1930 anche se l’inaugurazione ufficiale dell’opera, battezzata col nome di
“Idroscalo Provincia di Milano”, avvenne solo il 28 ottobre dello stesso
anno.
L’anno successivo, a seguito di un decreto governativo, la
struttura passò al Ministero dell'Aeronautica.
Nelle adiacenze del bacino avrebbero dovuto costruirsi
alcuni hangars, le infrastrutture necessarie al sollevamento degli idrovolanti,
l'aerostazione per i passeggeri, uffici, magazzini e officine; in breve, quanto
sarebbe servito a fare dello scalo una struttura moderna ed efficiente,
completa in ogni suo sottosistema. Ma in realtà, anche se vennero installati
gli impianti necessari alle manovre notturne assicurando l’illuminazione della
zona, l'aeroscalo rimase privo di gran parte delle infrastrutture di supporto
previste, in quanto il rapido sviluppo assunto dall'aviazione terrestre
determinò, entro la fine degli anni trenta, l'abbandono degli idrovolanti,
risultati soggetti a notevole limitazione di impiego. I collegamenti ipotizzati
con Genova e, in prosieguo, con la Francia e la Spagna, con Ostia, Napoli,
Palermo, con la Sardegna, con la Tunisia, con la Libia e, attraverso Venezia,
con Brindisi, Atene, Istanbul, Rodi e, tramite Trieste, con Pola, Fiume e Zara,
rimasero così un sogno nel cassetto .
Nel giro di pochi anni divennero dunque più rilevanti le
esigenze legate all’utilizzo sportivo del bacino, tanto che uno impulso
fondamentale alla conclusione dei lavori di scavo (che avevano molto rallentato
il loro ritmo) venne dalla volontà di ospitare i “Littoriali del Remo”,
nell’aprile del 1934. Anche lo stimolo a concludere i lavori di sistemazione
definitiva di tutta l’area, compresa la realizzazione della grande tribuna per
il pubblico, sulla sponda nord-ovest, venne dalla esigenza di ospitare delle
importanti gare internazionali, i campionati europei di canottaggio e di
motonautica del 1938.
Questo progetto, pretenzioso e da più parti criticato ebbe,
tuttavia, il pregio di evidenziare ulteriormente ai milanesi l'attualità e
l'importanza del trasporto aereo civile, facendo maturare nelle loro coscienze
l'esigenza della creazione di un nuovo aeroporto con caratteristiche di maggior
affidabilità rispetto al vecchio Taliedo e allo stesso Idroscalo.