L’interpretazione
dei sogni di Gerolamo Cardano
di Paolo Colussi
La vita di Gerolamo Cardano
L’infanzia
Gerolamo
Cardano nasce a Pavia il 24 settembre 1501. Il padre Fazio, originario di
Cardano presso Gallarate, aveva allora 56 anni. Si era laureato in medicina a
Pavia ed era entrato a far parte del Collegio dei Giureconsulti. Insegnava alle
Scuole Piatti, ed è citato da Leonardo da Vinci nel Codice Atlantico (f.225) a proposito di un libro di matematica. Tra
le sue opere va ricordato il commento al De
perspectivis communis di Peckham,
scritto nel 1480, uno dei testi più importanti sulla teoria della prospettiva.
Personaggio curioso e in fama di mago, Fazio vestiva sempre di rosso con una
cappa nera; forse era anche un po’ alchimista, vista la sua amicizia con il
fabbro milanese Galeazzo Rossi, abilissimo nel creare straordinarie leghe
d'acciaio e forse anche lui alchimista (quando il fabbro morirà alcuni anni
dopo, Gerolamo sentirà battere un gran colpo nel muro).
La madre di Gerolamo, Clara
Micheria, nel 1501 aveva 36 anni. Non era sposata con Fazio per cui, quando era
rimasta incinta, per nascondere la gravidanza aveva dovuto trasferirsi a Pavia
da un padrino - Isidoro Resta - fingendosi la sua governante e lì aveva messo
al mondo Gerolamo.
Di genitori milanesi, Gerolamo
nasce dunque a Pavia. Subito dopo la nascita, per sfuggire alla peste che
imperversava, viene portato a Moirago dove resta a balia per 3 anni, finché nel
1504 viene portato a Milano dove vive con la madre e la zia Margherita. Qualche
tempo dopo, Fazio e Clara decidono di convivere e così la famiglia finalmente
riunita va ad abitare in via Arena.
Fin da bambino Gerolamo si
dimostra dotato di grande spirito di osservazione e di una fervida
immaginazione: al mattino nel dormiveglia passa molto tempo ad osservare diafani
cerchietti che scorrono davanti ai suoi occhi prendendo varie forme. A otto
anni inizia il lavoro. Deve accompagnare il padre dai clienti portando sulle
braccia pesanti volumi, ma queste fatiche lo costringono spesso a mettersi a
letto ammalato. In questi anni la famiglia cambia casa più volte, alla fine si
stabilisce presso un parente "vicino al mulino dei Bossi". Dagli otto
ai sedici anni, Gerolamo, sempre lavorando, impara dal padre a leggere e
scrivere, la matematica e "certe nozioni quasi occulte". Dalla madre
impara la musica che continuerà ad amare molto per tutta la vita.
Gli studi universitari
A sedici anni impara a usare le
armi, a cavalcare, a nuotare e diviene abilissimo nel gioco delle carte, dei
dadi e degli scacchi. Nel 1520 si iscrive all'università di Pavia, alla facoltà
di Giurisprudenza, su consiglio del padre che la considera la carriera più
redditizia. A Pavia gira di notte per la città con la faccia coperta da un velo
nero e con il pugnale alla cintura: un'abitudine che avrebbe mantenuto per
tutta la vita. Gli interessi verso l’occulto stanno ormai prevalendo. Nel 1521
compra da uno "sconosciuto" un Apuleio in latino, lo legge durante
tutta la notte e il giorno dopo ha imparato a leggere e scrivere in latino.
Quasi contemporaneamente impara nello stesso modo il greco, lo spagnolo e il
francese (solo per la lettura). E’ ormai il momento di abbandonare l’arida
giurisprudenza per esplorare i più allettanti territori della filosofia e della
medicina. A filosofia, tra l’altro, insegnava Paolo Ricci (Paulus Riccius),
ebreo convertito, medico dell'imperatore Massimiliano I e famoso divulgatore
della cabala ebraica. L’anno seguente però l'università di Pavia deve chiudere
i battenti per la guerra tra imperiali e francesi che infuria in tutta la
Lombardia. Cardano si trasferisce a Padova dove nel 1524 consegue il
bacellierato "in artibus",
cioè medicina e filosofia. In questo stesso anno muore il padre Fazio che viene
sepolto in S. Marco con una lapide dettata da Gerolamo che portava questa scritta:
FACIO CARDANO I.C. MORS FUIT IT QUID VIXI, VITAM MORS DEDIT IPSA MENS AETERNA MANET, GLORIA TUTA,
QUIES OBIIT ANNO MDXXIV KAL SEPT ANNO
AETATIS LXXX HIERONYMUS CARDANUS MEDICUS,
PARENTI POSTERISQUE
Data la magra
eredità (per giunta contrastata da cause con i Castiglioni e i Barbiano) per
mantenersi ricorre al gioco, una passione che lo porta a scrivere in volgare la
prima versione del De ludis, un
libretto dove si affrontano per la prima volta i problemi matematici della
teoria della probabilità.
In questo
periodo avverte i primi segni prodigiosi che lo fanno sempre più avvicinare al
mondo dell’occulto: per esempio, sente un ronzio all'orecchio destro se parlano
bene di lui, all'orecchio sinistro se parlano male. Nel 1526 si laurea in
medicina a Padova e nel settembre dello stesso anno grazie a Francesco
Bonafede, fondatore dell'Orto botanico di Padova, si stabilisce a Sacco
(Saccolongo) per esercitare la professione. Continua a giocare, scrive alcuni
libri sul Metodo di cura, sull'Epidemia e sulla Chiromanzia. I primi due, dice il Cardano, vengono distrutti
"dall'orina dei gatti", cioè dal suo stesso disinteresse.
La conquista della fama
Con la pace
di Cambrai e il ritorno di Francesco II Sforza la guerra in Lombardia è finita
e si può rientrare a Milano. Gerolamo va ad abitare a S. Michele alla Chiusa,
nella casa della madre ormai stanca e ammalata. Siamo nel momento di più vivo
interesse in Europa per la magia, e anche lui inizia a sentire attorno a sè uno
"splendore" che lo protegge e lo aiuta.
Il 30 dicembre 1530 chiede di
essere ammesso al Collegio dei fisici di Milano per poter esercitare la medicina,
ma la domanda è respinta perché è illegittimo di nascita e non conta il fatto
di essere stato legittimato dopo il tardivo matrimonio dei suoi genitori. Deluso torna a Sacco. Qui, nel corso
di una malattia, sente la sua carne "odorare di zolfo, d'incenso e di
altre sostanze". E’ un segno premonitore e infausto del matrimonio. Poco
dopo infatti conosce una ragazza di Sacco, Lucia Banderini, che alla fine
dell'anno sarà la sua sposa.
Formata una
famiglia, bisogna cercare possibilità di carriera migliori di quelle offerte da
un piccolo paese di campagna. Torna quindi a Milano e ripete la domanda di
ammissione al Collegio dei Fisici, che viene ancora bocciata. Si trasferisce
allora con la moglie a Gallarate dove può esercitare la professione e può sperare
in qualche aiuto da parte dei Castiglioni di Cardano, suoi lontani parenti.
A Gallarate gli
nasce il primogenito Giovanni Battista e fa la conoscenza di Filippo Archinto,
il futuro arcivescovo di Milano appassionato di magia e astrologia, che gli commissiona
due libri: uno sui testi magici di Agrippa di Nettesheim (De occulta philosophia Agrippae) e uno sull’astrologia (De astrorum judiciis). Ma le risorse
della famiglia restano sempre scarse, anzi scarsissime, e i tentativi di porvi
rimedio con il gioco si traducono in ulteriori perdite di soldi. Così torna di
nuovo a Milano dove si riduce a vivere con la moglie e il figlio in un ospizio
(xenodochio) che costa sette scudi all'anno di affitto. [Lo stipendio di un
servo era di 5 scudi al mese.] E’ il punto più basso di una carriera che da qui
in poi comincerà rapidamente a salire. Verso la fine del 1534 l'Archinto gli fa
avere una cattedra di geometria, aritmetica e astronomia alle Scuole Piatti per
50 scudi l'anno. Insegnava nei giorni festivi. Con questo stipendio può
affittare una casa. Fa mille lavori, cura in modo semiclandestino i canonici di
Sant'Agostino e il loro priore Francesco Gaddi. Grazie sempre all'Archinto,
stringe molte amicizie con persone influenti di Milano, scrive saggi su Euclide,
Tolomeo, sul De Sphera mundi di John
Halifax (Sacrobosco).
Nel giugno 1535, il Collegio dei
Fisici, pur non accogliendolo tra i membri effettivi, gli consente di praticare
l'arte medica. Inizia a curare persone influenti di Milano tra cui la famiglia
Borromeo, - salvando anche la vita alla madre del futuro San Carlo, ammalatasi
gravemente dopo un parto -, e la famiglia di Francesco Sfondrati, uno dei cui
figli diventerà papa con il nome di Gregorio XIV.
Nel 1537 gli
nasce la figlia Clara e gli muore la madre. Ospita come valletto un ragazzo di
15 anni, Ludovico Ferrari, e lo educa alla matematica. L’insegnamento della
matematica sembra dirottare in questa direzione i suoi pensieri.
Due
anni dopo si incontra con Tartaglia che gli rivela il suo metodo segreto di
risoluzione delle equazioni cubiche. La pubblicazione di questo segreto
procurerà al Cardano una enorme fama e le aspre rimostranze del Tartaglia.
Il 14 agosto
1539, grazie allo Sfondrati e ad altri amici, ottiene finalmente l'ammissione
al Collegio dei Fisici di Milano. Dopo cinque anni la situazione è
completamente cambiata. Le entrate sono soddisfacenti e gode di una certa fama
come studioso. Il tipografo di Norimberga Joannes Petreius gli chiede di poter
pubblicare qualche sua opera che sarebbe stata curata dal grande umanista e
teologo Andreas Osiander. Cardano invia il De
astrorum judiciis e in seguito altre opere. Diventa presto rettore del
Collegio dei fisici e ha l’onore di reggerne lo stendardo per l'ingresso di
Carlo V a Milano. Quando nel 1543 l'università di Pavia si trasferisce a Milano
per paura di una nuova guerra con la Francia, Cardano accetta la cattedra di
medicina, ma pensa di rinunciarvi, quando l’anno dopo gli chiedono di
proseguire nell’incarico a Pavia, dove l’Università sta per ritornare. La notte
prima del suo rifiuto crolla però parte della sua casa in S. Michele alla
Chiusa e questo evento viene interpretato come un segno favorevole al
trasferimento.
Dal 1545 è a Pavia, ormai ricco e
famoso. Pubblica a Norimberga l'Ars Magna
il suo testo più geniale, che contiene le soluzioni matematiche prima
ricordate. Diviene amico di Andrea Alciato appena rientrato a Pavia dove morirà
nel 1550. Il re di Danimarca, su consiglio del Vesalio, gli
offre di trasferirsi presso di lui per 1300 scudi l'anno, ma Cardano rifiuta.
Scrive i consigli per i figli e una raccolta di favole De le burle calde. Si occupa di fisiognomica che lui chiama Metoposcopia, lettura del volto
(soprattutto le pieghe della fronte) con metodi affini a quelli usati per la
mano.
Nel 1550 pubblica a Norimberga il De subtilitate, il libro che gli procura
maggior fama tra i contemporanei. Viene ripubblicato l'anno seguente a Parigi,
Londra e Basilea. E' una sorta di enciclopedia dello scibile in 21 libri
(fisica, astronomia, metalli, pietre, piante, animali, uomini, scienze, arti,
miracoli, demoni, sostanze prime, Dio e l'universo).
L’anno seguente lascia Pavia e
torna a Milano, una città che si sta avviando verso una nuova stagione di
benessere e dove fervono i lavori per i nuovi Bastioni voluti da Filippo II e
dal Gonzaga.
In novembre
arriva una lettera del medico di John Hamilthon primate di Scozia che gli
chiede consiglio su come curare il vescovo. E’ ormai ora di farsi conoscere in
Europa. Il 22 febbraio 1552 Cardano
parte da Milano e dopo un breve soggiorno a Lione riparte per Parigi dove
incontra i medici Fernelius e Silvius e altri studiosi, ma la città non gli
piace. Il 3 giugno giunge a Londra e dopo altri 23 giorni è ad Edimburgo.
Guarisce il vescovo che soffriva d'asma con diete, bagni, riposi e altre
prescrizioni tra cui quella di evitare i cuscini di piuma. Il 13 settembre,
dopo aver rifiutato le offerte della reggente Maria di Lorena, riparte per
Londra con 1.400 scudi.
A Londra
incontra Edoardo VI (quello del racconto Il
principe e il povero di Mark Twain) e ne compila l’oroscopo prevedendo una
vita tormentata ma lunga. Il giovane re invece morirà dopo pochi mesi. Torna a
Milano passando per l'Olanda, il Reno, Basilea, Berna. Il 3 gennaio 1553, ormai
famoso, rientra a Milano dal suo lungo viaggio. Il cardinale Ercole Gonzaga,
reggente del ducato di Mantova e fratello di Ferrante, gli offre di entrare al
suo servizio per 30.000 scudi all’anno, ma Gerolamo preferisce restare libero
di continuare i propri studi nella vecchia casa di S. Michele alla Chiusa. Dedica a John Hamilthon il commento al
Tetrabiblos di Tolomeo, che riporta
in appendice alcuni oroscopi tra cui quello di Cristo. E' un segno di grande
sicurezza da parte sua. Coloro che prima di lui, nel Trecento, avevano tentato
la stessa operazione, erano finiti sul rogo. Viene stampato a Basilea il De rerum varietate in 17 libri, dove si
parla tra l’altro del giunto cardanico.
La tragedia del figlio
Anche sul versante della famiglia
le cose si stanno evolvendo, ma non sempre felicemente. La figlia Clara fa un
buon matrimonio con il patrizio Bartolomeo Sacco. Molto più inquietanti sono
invece le vicende matrimoniali del primogenito Gianbattista. Il 20 dicembre
1557 il Cardano ha una visione premonitrice della morte del figlio. Il giorno
seguente, all'insaputa e contro la volontà del padre, Gianbattista sposa
Brandonia Seroni, una ragazza appartenente ad una famiglia molto poco
raccomandabile. Cardano non vuole ricevere in casa la coppia che deve vivere
con pochissimi mezzi. Quando nasce il primo figlio, Fazio, il Cardano si è di
nuovo trasferito a Pavia riprendendo la cattedra di medicina.
Nel 1560 scoppia la tragedia,
preannunciata da una sogno funesto. La moglie di Gianbattista, dopo aver
partorito un secondo figlio, rivela al marito che i due bambini erano figli di
due suoi amanti. Poco dopo muore avvelenata e Giambattista viene arrestato e
processato per uxoricidio. Il Cardano da questo momento avverte nell’anulare un
segno che gli annuncia l’imminente morte del figlio, torna a Milano per
difenderlo, ma tutti i suoi sforzi sono inutili: il 9 aprile Giambattista viene
decapitato in carcere. Il segno sull'anulare scompare quella stessa notte. E’
il momento in cui il potere magico del Cardano si fa più intenso ed evidente.
La sua ira contro gli accusatori del figlio provoca loro una serie di
disgrazie, che arrivano a colpire persino il governatore. Cardano, affranto per
quanto è accaduto, su suggerimento del suo "genio" trova temporaneo
sollievo al suo dolore tenendo in bocca lo smeraldo della sua collana. Sono di
questo periodo i suoi scritti più “neri”: il Theonoston sull'immortalità dell'anima, il De utilitate ex adversis capienda, il De Secretis e l'Encomium
Neronis.
Gli ultimi anni
La morte infamante del figlio
getta un’ombra anche sul padre e subito ne approfittano i molti nemici del
Cardano. I professori di Pavia che mirano a prendere il suo posto lanciano su
di lui pesanti accuse, tra cui quella di pederastia e intrigano forse
addirittura per ucciderlo. A Milano è accusato di eresia, ma le accuse vengono
stroncate dai suoi due importanti protettori: il cardinale Morone e il giovane
Carlo Borromeo, appena salito agli onori grazie allo zio Pio IV. E’ lo stesso
Carlo Borromeo a insistere perché Cardano lasci Pavia e assuma la cattedra di
medicina a Bologna. Dopo molte
trattative e difficoltà frapposte dai professori di questa università, l'11
giugno 1562 Cardano si dimette da Pavia e si trasferisce a Bologna come professore
di medicina per 521 scudi l'anno. Per ringraziarlo, dedica al Borromeo la sua
nuova opera - il Libro dei sogni -
del quale si parla nella seconda parte di questa dispensa. A Bologna vive con
il nipotino Fazio da principio in varie case d'affitto, poi in una casa di sua
proprietà vicino alla chiesa di S. Giovanni in Monte. Ha molto successo come
medico, dimostrando una straordinaria capacità diagnostica. Poiché la passione
del gioco non l’ha ancora abbandonato, ne inventa uno piuttosto macabro: le scommesse
pubbliche sulle cause di morte. Quando moriva qualche suo paziente accettava
scommesse sulla malattia che aveva causato il decesso. Vinceva o perdeva in
base ai risultati dell’autopsia. Il suo grande impegno come medico in questi
anni si traduce nella pubblicazione di alcuni libri di medicina dedicati a Pio
IV e nella stesura del De natura
(postumo) ultimo suo trattato filosofico sui corpi e l'anima.
Dal 1562 al 1570 gli anni
trascorrono abbastanza felicemente tra lo studio, l’insegnamento e l’esercizio
della professione, però attorno a lui il clima sta mutando. La chiusura del
Concilio di Trento e l’avvio della Controriforma segnano la fine delle
illusioni rinascimentali di una religione capace di conciliare ermetismo magico
e teologia. Per i maghi iniziano i tempi duri. Il 6 ottobre viene arrestato dal
Sant'Uffizio per eresia, resta in carcere 77 giorni e poi ottiene di commutare
la prigione con gli arresti domiciliari versando una cauzione di 1800 scudi.
Dopo tre mesi, il 18 febbraio 1571, ha luogo il processo che si risolve con una
condanna mite grazie alla sua tarda età, ai suoi protettori (Morone e Borromeo)
e alla sua grande fama come medico: deve abiurare (privatamente) da alcuni
errori del De rerum varietate; non
deve più pubblicare né insegnare. Lasciato l'insegnamento, resta per un po’ a
Bologna come medico. A settembre con il fedele Silvestri (che diventerà medico
personale e amico di S. Filippo Neri) e il nipote Fazio si trasferisce a Roma,
dove abita in diverse zone della città. Cura molti prelati e cardinali, e
ottiene dal nuovo papa Gregorio XIII una pensione. Sono anni di solitudine e di
amare considerazioni sugli uomini: "quale uomo mi potresti proporre che
non si porti sempre appresso una borsa d'escrementi e un otre d'orina?".
Esprime il desiderio di trascorrere la vecchiaia in luoghi felici dichiarando
una serie di preferenze assai curiose: in Italia all'Aquila o a Porto Venere,
fuori d'Italia a Monte S. Giuliano in Sicilia, a Dieppe sul fiume Arques, a
Tempe in Tessaglia. Se fosse stato più giovane sarebbe andato in Cirenaica, in
Palestina o nell'isola di Ceylon.
Nell’ autunno
del 1575 inizia a scrivere la sua celebre
Autobiografia (De vita propria)
terminata nel maggio dell’anno successivo. Verrà pubblicata a Lione nel 1642.
In estate redige l'ultimo testamento lasciando al nipote Fazio un patrimonio
valutato 8100 scudi, incluse le case di Pavia e di Bologna. Al terzogenito
Aldo, vissuto sempre in modo molto scombinato, va una piccola pensione. Vuole
essere sepolto a Milano in S. Marco accanto al padre e al figlio Gianbattista.
Aveva previsto la propria morte per il 5 dicembre 1573 e invece muore a Roma
forse il 20 settembre 1576. Poiché a Milano infuriava la famosa peste di San
Carlo non viene subito trasportato a S. Marco, ma è sepolto provvisoriamente in
S. Andrea a Roma. Non si sa dove sia la sua tomba definitiva.
Nel 1663 vengono pubblicate a
Lione le sue Opere
in 10 volumi a cura di Charles Spon. Sono ben 130 titoli.
(Clicca qui per consultare la Cronologia di Gerolamo Cardano.)
Abbiamo scelto di trattare questo particolare
argomento tra i tanti affrontati dal Cardano nei suoi libri prima di tutto per il
fascino che i sogni ancora oggi esercitano su tutti noi, specialmente dopo la
riscoperta dei loro significati nascosti operata da Freud e in genere dalla
psicanalisi. In secondo luogo, questa scelta è stata determinata dal fatto che,
proprio grazie all’interesse degli psicanalisti per l’argomento, questo è
l’unico libro di Cardano presente sul mercato editoriale in un’edizione
tradotta e commentata ed è quindi accessibile a chi voglia approfondire la
conoscenza del nostro “mago”.
Il titolo completo dell’opera,
pubblicata per la prima volta nel 1562, è Synesiorum
somniorum omnis generis insomnia explicantes libri IIII, [Quattro libri che
spiegano tutti i tipi di “insomnia” trattati nel libro di Sinesio “Sui Sogni”].
Il riferimento al libro di Sinesio è dovuto in parte al taglio “spirituale” di
quest’opera, ma più probabilmente è stato determinato da ragioni prudenziali
nei confronti della Chiesa. Sinesio di Cirene era infatti un pio vescovo,
apprezzato dai Padri della Chiesa per le sue Omelie, che oltre a tutto richiamava molto da vicino Sant’Ambrogio
per essere stato anche lui eletto vescovo per acclamazione popolare a sorpresa
(nel 410 d.C.) pur essendo un laico. Mettendosi al riparo dietro Sinesio,
Cardano cercava così di evitare i sospetti della Chiesa e toglieva nello stesso
tempo dall’imbarazzo il giovane Carlo Borromeo al quale il libro era dedicato.
Il succo della teoria dei
sogni è esposto nei primi quindici capitoli del libro I (pp. 27-77). E’
un’esposizione molto analitica, condotta con una logica molto serrata, quasi da
ingegnere, della quale il Cardano si vanta dicendo che si tratta della prima
sistemazione esauriente dell’argomento. In seguito l’opera assume un carattere
più enciclopedico enumerando esempi su esempi, diventando cioè una specie di
manuale di consultazione per coloro che intendono avventurarsi nella difficile
arte dell’interpretazione dei sogni.
Lo schema dell’intera opera
è il seguente:
Libro I, capp. I-XV, teoria generale
Libro I, dal capitolo XVI
in poi, significato delle cose viste in
sogno (ad esempio, piante, animali, cibi, vesti, morti, case, città,
persone conosciute o sconosciute, viaggi, ecc.)
Libro II, tipi di sogni (oscuri, incompiuti,
terribili, ricorrenti, perfetti, ecc.)
Libro III, tipi di sognatori (ricchi o poveri, sposati
o celibi, con figli o senza figli, maschi o femmine, sani o malati, ecc.)
Libro IV, raccolta di esempi di sogni del secondo,
terzo e quarto genere. Sogni di Cardano e loro interpretazione.
Nel libro IV gli esempi
sono riportati secondo il “genere” di sogni. Quale genere? Lo scritto inizia
proprio da questa fondamentale distinzione dei sogni secondo quattro generi.
Gli autori che lo hanno preceduto, dice il Cardano, non sono riusciti a fondare
una “scienza dei sogni” proprio perché non hanno compreso questa fondamentale
distinzione. Questi quattro generi si distinguono in base alle loro cause che possono essere corporee o incorporee, oppure nuove o già presenti nel sognatore. Combinando
tra loro queste cause otteniamo i quattro generi.
Primo genere (cause corporee
e nuove):
Sono i sogni di nessun
valore rispetto alla previsione del futuro. Sono generati da cibi indigesti
ingeriti subito prima di dormire che fanno giungere al cervello vapori spessi e
turbolenti, atti a generare sogni oscuri e confusi. Le cause che producono
questi sogni, che tutti noi conosciamo benissimo (“Cos’hai mangiato di
pesante?”), sono cinque (Libro I, p. 32):
“(1) O perché i cibi sono
quelli che hanno la natura della testa di polipo, del cavolo, della cipolla,
dell’ossimele, del coriandolo fresco ... il frutto di giunco, quasi tutte le
specie di erba mora, il giusquiamo, la mandragola, il vino denso e abbondante;
insomma tutto ciò che provoca il sonno e la bile nera come i legumi e
specialmente le fave. (2) Oppure a causa della quantità e della varietà delle
cose ingerite, (3) o a causa dell’ordine sbagliato, quando si mangia molto e
cibi di diverso genere, e si mescolano diverse bevande; (4) oppure se a cibo
crudo si aggiunge altro cibo; (5) o se il cibo assunto genera disturbi di
digestione.”
Secondo genere (cause
corporee già presenti nel sognatore):
Questi sogni si verificano
in presenza di vapori meno agitati, sono più coerenti dei primi e dipendono
dagli “umori” presenti nel sognatore in forma più o meno equilibrata. Sono molto
importanti per il medico perché rivelano possibili malattie latenti nel
sognatore. Nel mondo classico ci si serviva di questi sogni per formulare
diagnosi e terapie attraverso il metodo dell’ “incubazione”, che consisteva nel
far dormire il paziente entro il recinto di un tempio (celebre quello di
Esculapio ad Epidauro) in modo che il dio suggerisse attraverso i sogni
qual’era la malattia latente (in incubazione, appunto) e possibilmente quali
rimedi si dovevano adottare.
I sogni provocati dagli
umori si distinguono secondo l’umore che prevale sugli altri, campanello
d’allarme di uno squilibrio che può trasformarsi in malattia, secondo questo
schema:
umore sogni
bile gialla (fuoco) ira, corsa, battaglia, fuochi,
incendi accompagnati da paura e furia,
bile nera (terra) oscurità, terremoto, lampo e
tuono, fuga, melma, carceri, morte, lutto, tenebre, disperazione
flegma (acqua) inondazioni, fiumi,
pioggia, tempeste, grandine, nevi, freddi, ghiaccio, paludi
sangue (aria) lago di sangue, rose rosse, porpora,
vino
Se gli umori sono in
equilibrio sogneremo prati, luoghi ameni, suoni, delizie, piaceri, belle
pitture, profumi soavi.
Terzo genere (cause
incorporee già presenti nel sognatore):
Anche questo genere, come
il primo, è noto a tutti. Sono i sogni generati dagli stati d’animo presenti
nel sognatore durante la veglia e quindi ai ricordi delle affezioni che lo
turbano. Come i sogni del primo tipo, quindi, non dicono nulla rispetto al
futuro, ma denunciano soltanto la presenza di rancori, timori e speranze, gioie
e tristezze, odi e amori nella vita del sognatore. Questi “sogni di memoria”
sono prodotti da un surriscaldamento dei vapori che permette ai ricordi di
apparire più nitidamente.
Quarto genere (cause nuove e
incorporee):
Questi sono i sogni
provocati da agenti di ordine superiore (angeli, dèmoni) che entrano nella
nostra mente nel sonno soprattutto per ammonirci o per rivelarci il futuro. Il
quarto genere è quindi l’unico che interessi veramente e che richieda un’arte
particolare per poter essere interpretati e compresi.
I sogni di quest’ultimo
genere, i più preziosi, non sono però destinati a tutti. Per meritarli bisogna
essere persone di un certo rango e di specchiata moralità. Capitano più
facilmente a chi usa normalmente cibi sobri e si raccoglie frequentemente in
preghiera. Sono più frequenti nei vecchi, in estate o in inverno, nei giorni
sereni e senza vento, in un periodo che va dal sorgere del sole all’ora terza.
Sono portati ad avere quasi sempre sogni profetici “chi ha nell’oroscopo della
nascita Giove, e ancor più Venere come pianeta dominante mentre si trova nella
nona casa, quando la Luna sarà vicina a Mercurio, in Ariete, nella Bilancia o
nel Leone, allontanandosi dal Sole, ed essa sarà signora della casa significante
lavoro”. Anche le gemme aiutano ad avere sogni veritieri. “E’ bene portar
gemme, come il diamante, lo smeraldo, lo zaffiro, l’ametista e il Hiacynthus,
che non ostacolano i sogni, ma anzi ne respingono l’aspetto vano e portano
tranquillità all’animo.” La tranquillità d’animo è sempre la condizione
indispensabile perché il cervello sia ben predisposto ad accogliere i messaggi
esterni e la cosa migliore da farsi per ottenerla è quella di “per così dire,
spazzare la casa, ... depurare il corpo dagli umori, dai cibi, dalle bevande e
da Venere, e l’animo dai turbamenti.” (p. 51)
L’interpretazione dei sogni
I sogni veritieri sono di
due tipi: gli idoli e gli insomnia. Gli idoli sono i sogni che si
esprimo in maniera chiara e diretta e non hanno bisogno di interpretazioni.
Molti sogni veritieri e profetici sono invece oscuri, si esprimo come
attraverso un codice che va decifrato. Le regole della decifrazione di questo
codice forma l’oggetto del libro, ma sono esposte sinteticamente nei capitoli
XI e XV. E’ la parte del libro che più si avvicina alla psicanalisi, che però,
come sappiamo, considerava questi messaggi cifrati come provenienti dal
profondo e non d’alto, come pensava Cardano.
Ma in primo luogo, di quali
cose future ci parla il sogno? L’elenco fornito dal Cardano ci fa vedere quali
erano allora gli argomenti sui quali si appuntavano le maggiori ansie, e non
c’è da stupirsi se corrisponde a quello che compileremmo anche oggi. Quello che
i sogni ci rivelano riguarda dunque: la durata della nostra vita, la salute, le
affezioni dell’animo, gli incidenti che colpiscono il corpo, le attività che
intraprenderemo (amori, litigi, viaggi, feste, ecc.), ricchezze, cariche e
onori, la famiglia.
L’interpretazione si basa
sul concetto di convenienza, che può
manifestarsi in quattro modi: per natura,
condizione, opinione e contrasto. Per esempio, per un vecchio sognare di
ballare “è una cosa che significa stoltezza, disonore o morte: stoltezza perché
la cosa in sè è sconveniente (per natura), disonore per il giudizio di chi
guarda (condizione), morte perché si dice che i vecchi son soliti ballare con
la morte (opinione).” I meccanismi usati dal sogno non sono sempre lineari,
perché possono intervenire significati “trasposti” od “opposti”. Con la
trasposizione (p. 53) “come davanti allo specchio, la destra diventa la
sinistra e la sinistra la destra. Il fatto che i fiori significhino tristezza,
è da riferirsi all’inversione destra/sinistra o alla trasposizione in generale
dato che i fiori cadono in fretta e si trasformano”. Altre volte invece i sogni
indicano l’opposto, specialmente se c’è incompatibilità tra il sognatore e la
cosa sognata. Ad esempio “per un semplice uomo del popolo, una pompa
principesca significa impiccagione; infatti, anche chi è condotto al supplizio
è circondato da guardie.” (p. 74)
L’arte dell’interpretazione
deve dunque tener conto del sognatore, che, per Cardano come per tutti gli
altri autori di scritti sui sogni (compreso Freud), è sempre il miglior
interprete perché conosce a fondo la propria condizione. Comunque le difficoltà
sono tanto più grandi quanto più vago è il sogno e quanto più gli affetti
dell’animo sono mescolati agli influssi celesti. Per questo il trattato, a
partire dal cap. XVI ci fornisce un lunghissimo elenco di casi ai quali
attingere per dipanare i significati nascosti, una ricerca da capogiro che
tocca via via ogni oggetto, ogni situazione, ogni tipo di sognatore. Abbiamo
scelto come esempio del carattere estremamente analitico di quest’arte il
capitolo LII sulle “Vesti” che può darci un’idea del grande lavoro compiuto
dall’autore nelle centinaia di pagine che compongono quest’opera. Forse
qualcuno di noi, di fronte alla complessità dell’opera e all’incertezza dei
risultati, preferirà rinunciare ad affannarsi per conoscere il proprio futuro.
Bibliografia
Catalogo dell'Archivio Cardano (bibliografia generale dei manoscritti e delle
stampe)
Ritratti di Cardano
Opere di Gerolamo
Cardano tradotte e commentate:
Aforismi astrologici, Milano, Xenia edizioni 1998
Della mia vita, Milano, Serra e Riva 1982
Elogio di Nerone, Milano, C. Gallone 1998
Encomium Neronis, Milano, Philobyblon 1986
Manuale per la lettura della fronte, Milano, Mimesis ermetica 1994
Prosseneta ovvero della prudenza politica, Milano, Silvio
Berlusconi editore 2001
Sul sonno e sul sognare (I libro del Synesiorum somniorum) a cura di Mauro Mancia e Agnese Grieco,
Venezia, Marsilio 1989
Sogni (II, III e IV libro del Synesiorum
somniorum) a cura di Mauro Mancia e Agnese Grieco, Venezia, Marsilio 1993
Opere su Gerolamo
Cardano:
Biografie on-line: in italiano, in inglese, in inglese (scientifica), in francese, in tedesco, in spagnolo, in
polacco, in svedese.
Baldi, Marialuisa e
Canziano, Guido (a cura di), Girolamo
Cardano : le opere, le fonti, la vita, Milano, F. Angeli 1999
Baldi, Marialuisa e
Canziano, Guido (a cura di), Girolamo
Cardano. Un enciclopedista del Rinascimento (catalogo della mostra), Milano,
Biblioteca di via Senato 2002
Bellini, Angelo, Gerolamo Cardano e il suo tempo, Milano,
Hoepli 1947
Bertolotti, A., I testamenti di Gerolamo Cardano, in
“Archivio Storico Lombardo”, IX, 1882, pp. 615-660
Capparoni, Pietro, Profili bio-bibliografici di medici e
naturalisti celebri italiani dal sec. XV al sec. XVII, 2 voll., Roma
1925-28, II, pp. 39-42
Corsano, A., La psicologia di Cardano. Il “De animi
immortalitate”, in “Giornale critico della filosofia italiana”, XLI, 1962,
pp. 56-64
Dilthey, Wilhelm, L’analisi dell’uomo e l’intuizione della
natura dal Rinascimento al secolo XVIII, Firenze, La Nuova Italia 1974,
vol. II, pp. 227-31
Eamon, William, La
Scienza e i Segreti della Natura, Genova, ECIG 1999, pp. 410-14
Dizionario biografico
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"Cardano, Girolamo" di Mario Gliozzi
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Zanier, Giancarlo, Cardano e la critica delle religioni, in
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Sui sogni:
Aristotele, Piccoli trattati di storia naturale, in
Aristotele, Opere, Bari, Laterza
1994, vol. IV, pp. 193-330
Artemidoro di Daldi, Dell’interpretazione dei sogni, Milano,
Rizzoli 1985
Boezio di Dacia, Sui sogni, Genova, il melangolo 1997
Cicerone, Della divinazione, Milano, Garzanti 1994
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Nuova Italia 1990
Freud, Sigmund, Il sogno, Milano, Mondadori 1988
Gregory, Tullio (a cura
di), I sogni nel Medioevo, Roma, Ed.
dell’Ateneo 1985
Guidorizzi, Giulio (a cura
di), Il sogno in Grecia, Milano 1988
Sinesio di Cirene, Encomio della calvizie. I sogni, Milano,
TEA 1992
Le vesti
da Sogni di Gerolamo Cardano, cap. LII, pp. 180-182
Le vesti significano la
dignità, sia perché le cambiamo spesso, sia perché mutano facilmente di foggia.
Significano anche la moglie, perché è lei che abbellisce o svilisce l'uomo. Le
differenze tra le vesti dipendono dalla parte del corpo, dalla materia, dal
colore, dalla forma e dal modo di indossarle. Togliersi le vesti vuol dire
spogliarsi della dignità quasi intenzionalmente. Ma vederle bruciate o lacerate
significa subire onta e violenza. Una veste bianca indica gioia e felicità; una
purpurea, una gioia maggiore accompagnata da ira e crudeltà; una azzurra,
malattie; dorata, dolori e tormenti, mentre verde è buon segno, pieno di
speranza e di piacere. Una veste di seta annuncia onori, una di lino malattie,
morte e povertà. Il pileo [berretto che portavano gli schiavi quando venivano
affrancati] significa liberazione per un prigioniero e un servo. L'elmo indica
la corona; e la corona a sua volta doti poetiche e autorità, nonché vittoria.
Il petaso [cappello a larga tesa] una carica non importante e tuttavia utile.
La cirbasia [turbante aguzzo] una carica militare. La tiara e il diadema
indicano invece sacerdozio; e se è rosso il sommo sacerdozio. I copricapi
femminili, come la mitra, la retìna, la benda tra i capelli, stoltezza e
lascivia. Il velo di mussola significa viaggio, perché usiamo indossarlo
viaggiando. La corazza significa dignità, magistratura e moglie. Se è bianca
una moglie bella, verde una moglie casta e onesta, gialla una ricca e pesante,
celeste una triste, nera una iraconda e crudele, rossa una fastidiosa,
variopinta e dorata una svergognata. La camicia significa anche essa moglie,
amante, segreti del cuore. I cosciali, le brache, la fascia intorno alle anche
rimandano alla moglie, al pudore, all'onestà e a piaceri osceni. Gli scarponi
significano caccia e ancor più spedizione militare. Gli zoccoli annunciano
servitù, fatiche e povertà. I gambali viaggio, i coturni e i socci [sandali
portati soprattutto dalle donne e dagli attori durante le rappresentazioni]
piacere e processione. Le scarpe un viaggio a piedi, e se vengono levate
malattie; i sandali malattie, lascivia, mollezza. I sandaletti intrecciati
inganno e insidie, perché non fanno rumore. I sandali da donna, e tutti gli
altri indumenti femminili indicano mollezza, azioni turpi e indegne, e parole
indecorose. Il mantello militare guerra o tristezza; e la mantellina una guerra
dura, vicino ai propri poderi; un pesante mantello villoso al dritto e al
rovescio annuncia un lungo viaggio, o carcere, servitù, navigazione, povertà e
miseria. Il mantello, e tutti gli indumenti esterni, se sono rossi significano
ira e strage; se bianchi sacerdozio o riposo, se verdi buona speranza, se neri
dignità e pudore; ma quelli particolarmente disadorni e lunghi significano
lutto; quelli gialli impudenza; quelli dorati stoltezza, impudenza, o regno e
magistratura. Le vesti di lana significano ricchezze, e così quelle di cotone,
ma di minore entità; indicano anche malattie e mollezza. I veli da sera
malattie e ferite. Inoltre tra gli indumenti esterni la toga significa dignità,
e alla nostra epoca, se un lembo pende sul retro e la coda è lunga e nera, è
una veste mortuaria e di lutto; invece la toga pretesta è segno di onore e
magistratura. La toga reale o orlata e intessuta di gemme indica regno o
principato. Una veste dipinta significa vittoria, un comandante militare, un
mimo, un imbecille, un attore comico o tragico. Una veste damascata, tessuta di
fili diversi, significa disonore; se però è preziosa, dignità non durevole. La
gonna a ruota e la veste Maltese, un mantello di bisso o di cotone, e ogni
altra veste femminile, significa delizie o stoltezza e disonore, oppure
mollezza; e quanto più è preziosa, tanto più è propizia, o meno funesta. E se
viene portata o comprata o tenuta in casa significa moglie, amante o concubina.
Una veste orlata di porpora scura significa sempre lutto e funerale. E ogni
vestito da donna di colore scuro annuncia la morte di chi sogna, dei suoi figli
o di parenti. La lacerna [sopraveste portata sulla toga] e il mantello col
cappuccio significano viaggio, il mantello pesante però è tipico dei poveri. La
pelliccia di chi viaggia a piedi e significa anche spedizione militare. La
lacerna col cappuccio e il cappuccio da solo significano vita solitaria e
convento. Se però è azzurra o tutta di porpora, annunzia un sacerdozio elevato
e grandi ricchezze. Anche la stola sacerdotale, il berretto sacerdotale di
lana, la prima specialmente se intessuta di rosso scarlatto, di bisso, di
porpora, di colore giacinto, e le vesti che si indossano nelle cerimonie
quotidiane e che un tempo erano portate dai sacerdoti romani, indicano un
sacerdozio molto ricco. L'endromide [veste pesante che si indossava dopo gli
esercizi ginnici] significa lite o viaggio con un tiro di cavalli. Le pellicce
belle indicano dignità, quelle brutte povertà. La veste da casa, siccome si usa
spesso, non significa nulla; ma se indossata nel foro annuncia un male improwiso
o catene, perché non ci si reca colà vestiti in tal modo, se non si è pazzi. Il
pallio (la coperta) è segno di astinenza, di moderazione, di studio delle arti.
Il lungo mantello militare è tipico del comandante militare ed è segno di
dignità, specie se di porpora e trapunto di gemme. La clamide [mantello
militare] invece, di potere regio. La trabea [mantello bianco orlato di
porpora] scura o militare significa morte; trapunta di rosso scarlatto
sacerdozio nobile; rilucente o ricamata potere regio e vittoria; pieghettata
promette ricchezze in vecchiaia: infatti i vecchi avari la prediligono
particolarmente. Essere vestito in modo ridicolo annuncia non solo derisione,
ma anche sventure e disprezzo. Il pallio, la toga e le vesti che non
costringono (dette «Apostoliche») secondo la qualità del colore indicano
l'affidabilità dell'uomo perciò quelle bianche sono le migliori, e annunciano
fede sincera quelle rosse liti, risse e disonori, tuttavia non sono funeste.
Molto propizie sono quelle verdi, portatrici di malattie quelle celesti. E
tutte le vesti sozze e lacere annunciano noie, fastidi, molestie e disonori;
una veste pulita e bella liberazione da un fastidio antico una nuova e brutta
significa l'imminenza di un nuovo fastidio. Ad una donna il cui marito era in
esilio, parve in sogno di vederlo avanzare in pubblico senza veste: le fu
predetto che mai l'avrebbe rivisto, perché il marito è l'ornamento della
moglie, così come la veste.
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Ultima modifica: martedì 30 luglio 2002
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