Il frontespizio qui riprodotto si riferisce alla seconda
edizione del volume, stampata da Francesco Agnelli (1665-1739) il 15 settembre 1714. E’
un’edizione postuma che riproduce la prima edizione del 24 luglio 1674 (imp. 15
novembre 1672), del padre Federico Agnelli (1626-1702), con numerose correzioni e alcuni
aggiornamenti. Le correzioni erano già state indicate dall’autore nella lunga
Errata Corrige della prima edizione mentre gli aggiornamenti sono stati
probabilmente scritti dello stesso Torre nei pochi anni che separano la prima
stampa dalla sua morte, avvenuta nel 1679. Sappiamo infatti dall’Argelati che
esisteva all’Ambrosiana un volume del 1674 con alcune annotazioni a margine
dell’autore, riprese probabilmente dall’Agnelli. L’edizione originale conteneva
inoltre 8 incisioni con le vedute di alcuni importanti edifici milanesi, mentre
l’edizione postuma manca dell’ultima incisione, relativa al Duomo.
Questo
libro inaugura una tradizione che avrà largo seguito nei secoli successivi,
quelle delle “passeggiate” attraverso Milano. L’autore ci parla infatti come
una guida che porta a spasso un gruppo di turisti, manifestando quando è il
caso la sue preoccupazione perché non si affatichino, predisponendo i percorsi
in modo da osservare le ore dei pasti, rallegrando i suoi ascoltatori con
qualche battuta di spirito, interrompendo la monotonia delle visite con
racconti storici o leggendari, sconfinando talvolta nel genere fantastico o
addirittura horror.
La parte più interessante e ancora oggi molto utile per gli
studiosi di storia dell’arte, è quella relativa alla descrizione dei monumenti
(quasi esclusivamente chiese) e delle opere d’arte in essi contenute. Carlo
Torre non è un grande esperto di architettura o di scultura, ma è certamente un
grande amante e conoscitore della pittura della sua epoca. La descrizione delle
pitture presenti a Milano è minuziosa ed accurata, a partire ovviamente dal
Cinquecento. Poco sa invece dell’arte precedente, e quel poco gli viene dalla
lettura delle opere di Paolo Lomazzo. E’ in grado invece di seguire e anche di
correggere un lavoro pubblicato nel 1671 dal pittore Agostino Santagostino, L'immortalità
e gloria del pennello, un semplice catalogo della pittura presente a Milano
negli stessi anni. Carlo Torre, di fronte alla pittura, non è solo una guida
sicura e competente, ma si dimostra un vero amatore, soffermandosi sulle opere
di maggior valore verso le quali non nasconde il suo entusiasmo.
Il titolo stesso del libro parla di questo entusiasmo per la
pittura, e l’immagine che accompagna il frontespizio (vedi sopra) ci toglie
ogni dubbio. Ma anche le incisioni che accompagnano il volume, se si osservano
con attenzione, ci parlano di questa passione dell’autore per la pittura.
Nella stampe dedicate al Castello e a Piazza San Fedele si
vede infatti in primo piano un pittore intento a riprendere queste vedute,
forse gli artisti stessi che hanno firmato le opere: Filippo Biffi e Giuseppe
Garavaglia.
Nelle incisioni
dell’Agnelli, oltre ad ammirare il monumento protagonista della veduta,
prendono posto numerose scenette di vita quotidiana: ricchi, poveri e borghesi;
molte carrozze, carrette e curiosi calessi a due ruote; ma un gruppetto di
persone davanti a San Celso fa pensare che il Torre abbia voluto anche lui
essere presente sulla scena, mentre appunto illustra la città ai suoi amici
“turisti”. Possiamo immaginare che questo sia l’unico ritratto rimastoci di
Carlo Torre.
Le incisioni che accompagnano il volume
sono state scelte e volute dall’autore e rapprentano la prima serie di vedute
di Milano che sia stata fatta. Sei di queste sono state incise da Federico
Agnelli e disegnate da pittori amici dell’autore: 1. Ospedale Maggiore di Andrea Biffi, figlio di Carlo e nipote del
celebre scultore Gian Andrea (1580c.-1630c.); 2. Castello di Porta di
Giove di Filippo Biffi, fratello del
precedente; 3. Porta Romana di Giuseppe
Garavaglia, figlio di Carlo, celebre intagliatore; 4. S. Maria presso
San Celso del Garavaglia; 5. S. Fedele
e Palazzo Marino ancora del Garavaglia; 6. Collegio
Elvetico di Benedetto Quarantino; 7. Colonne
di S. Lorenzo di Giovanni Ghisolfi, senza
firma dell’incisore che appare molto più scadente dell’Agnelli.
(Vedi la pagina con la serie delle incisioni in questo sito.)
Carlo Torre: un
tentativo di biografia
Una biografia di Carlo Torre ancora non esiste. Le poche
notizie che abbiamo sulla sua vita provengono dal suo libro più conosciuto – Il
Ritratto di Milano – e da Filippo Argelati.
Nella Bibliotheca scriptorum mediolanensium
dell’Argelati (Milano 1745, vol. III, coll. 1538-1540 e vol. IV, col. 2040) sub
voce Carolus Turre troviamo poche notizie biografiche e l’elenco di 56 opere
ricostruito grazie all’abate Picinello (vedi F. Picinelli, Ateneo dei
letterati milanesi, Milano 1670, pp. 130-132) che ha fornito all’Argelati notizie su
testi in gran parte già irreperibili.
In questa scheda segneremo con il numero di pagina le
notizie provenienti da Il Ritratto di Milano, nell’edizione del 1714, e
con “Arg.” quelle desunte dall’Argelati.
Il padre di Carlo Torre si chiamava Francesco Bernardino,
era un celebre orafo, autore di importanti opere presenti all’epoca nelle
chiese milanesi e soprattutto della grande statua di S. Carlo donata
dall’Università degli Orafi al Duomo per la canonizzazione del santo (4 novembre
1610) e fusa dal Torre su modello di Gian Andrea Biffi. Francesco Bernardino
era anche un provetto ballerino e aveva partecipato al gran ballo eseguito nel
1598 per Margherita d’Austria come allievo del celebre coreografo Cesare Negri.
(p. 95)
Se nel 1679, quando muore, aveva 70 anni, dobbiamo presumere
che Carlo Torre sia nato nel 1609. Nel testo (p. 322) si ricordano come zii
Francesco e Gian Battista Lucchi tra le persone facoltose che hanno consentito
l’erezione del cosiddetto “Oratorio del Bellarmino” accanto al Palazzo di
Giustizia nel 1616. Forse la madre si chiamava Lucca o Luca?
E’ da questi zii che eredita dei beni fruttiferi a Caronno
che gli consentono una agiata vecchiaia? (p.292)
Nei “primi anni” studia alle Scuole Canobiane ed ha per
maestro di Morale Ludovico Settala (p. 367). Sappiamo poi che studia diritto e
a 24 anni (1633?, il Picinelli dice a 22 anni) sostiene una valida tesi teologica (Arg.) ma l’amore per la
poesia gli fa abbandonare una promettente carriera forense.
La prima opera a stampa che conosciamo si chiama Il
Naviglio Grande inaridito da’ Francesi. Canzone, Milano, Filippo
Ghisolfi 1636.
Grazie all’Argelati conosciamo i titoli di 56 opere, di cui
13 a stampa. Cinque di queste sono reperibili nella biblioteca Braidense (oltre
al Ritratto di Milano, presente in più copie), altre, non citate
dall’Argelati, si trovano nella Biblioteca della Accademia dei Filodrammatici
di Milano:
L’arpa ossequiosa per le lodi della signora Leonora
Castillionea, Milano, Ramellati 1638;
La Regina sfortunata. Romanzo, Libri quattro, Milano, Filippo
Ghisolfi 1639; ristampata più volte. Si conosce l'edizione dedicata "al molto illustre signor Gio. Battista Cicala", Venezia, Alessandro Zatta 1664;
I Numi guerrieri. Poema eroicomico, Libri
XII, Venezia, Giunti 1640 (scritto su commissione del card. Teodoro Trivulzio);
Le zimbellate al zimbello, ovvero
L'Italia riconosciuta, Lucca, Castacagnina 1641;
Il re discacciato dal figlio, in persona di Davide, e
d'Assalone. Tragicommedia in prosa di Carlo Torre. Dedicata all'Ill.mo, &
Eccell.mo Sig.r Principe D. Ercole Teodoro Trivultio, Milano, Filippo Ghisolfi
ad istanza di Gio. Battista Cerri, 1641 (Filodrammatici E. III 3);
Del Re Tiranno. Romanzo. All'ill.mo
sig.re d. Giuseppe di Velasco, Milano, Filippo Ghisolfi, ad istanza di
Carlo Seuerino Como 1642;
L’Amor impossibile fatto possibile. Pastorale di
Carlo Torre rappresentata dagli Accademici Arditi. Milano, Lodovico Monza
stampatore alla piazza de’ Mercanti 1648 (Braidense TT.VIII.39);
Il pianto, oda … per la morte del virtuosissimo sig.
Antonio Maria Turati maestro di cappella nel Duomo di Milano, Milano,
Lodovico Monza stampatore alla piazza de’ Mercanti 1650 (Braidense
14.16.D.5/30);
Specchio per l’anime religiose, cioè Vita della Beata
Veronica monaca del venerabile Monasterio di S. Marta di Milano, descritta
da Carlo Torre, Milano Lodovico Monza stampatore alla piazza de’ Mercanti 1652
(Braidense ZEE.VIII.389);
Il gastigo ingiusto ouuero gli tre
fratelli discacciati dagli Ebrei. Romanzo sacro di Carlo Torre. Dedicato
all'illustrissimo sig. d. Alonso Pamo Altamirano,
Milano, Lodouico Monza 1657;
La Ricchezza schernita. Drama
scenico morale per musica di Carlo Torre. Dedicata all'ill.mo ... d. Francesco Marino
Caracciolo, Milano, Filippo Ghisolfi 1658 (Filobrammatici E. III 1);
L' Arianna. Drama scenico per musica di Clerarto Ro' [Carlo
Torre]. Recitata al Teatro Regio Ducale. All' illustrissimo signor il signor co. Filippo Archinto, Pavia, Gio.
Andrea Magri 1660 (Filodrammatici E.III 2);
Sciagure avventurose overo le nozze di Semiramide,
Bologna 1662;
La Pellegrina ingrandita, overo La Regina Ester,
Drama scenico di Carlo Torre, Dedicata alla [...] dell'Imperatrice D.
Margherita Teresa d'Austria, Lodovico Monza stampatore alla piazza de’ Mercanti
1666 (Braidense Racc. Dramm 6026/3);
Il pastor fortunato. Drama scenico boschereccio di
Carlo Torre. All' illustrissimo ... Paolo Monti, Milano, Gio. Battista Ferrario
stamp. vicino la chiesa di S. Maria Elisabetta in Verziere 1666;
La gioventù ravveduta. Scenica azione per musica del
canonico Carlo Torre, Milano, Gioseppe Marelli, impr. 1670, ded. 1671. (Braidense XX.III.47/4).
Tra le opere a stampa sono ancora ricordate:
La Maddalena, drama scenico;
La Cleopatra, drama per musica recitata al Teatro Regio Ducale, e
Il Trionfo della penitenza.
Delle altre opere citate dall’Argelati conosciamo solo i
titoli ed è molto probabile che siano rimaste manoscritte. Tra queste è utile
ricordare Il maggior santo overo li maggiori gesti di S. Ambrogio, seguiti
in Milano a’ suoi tempi. Nel Ritratto di Milano sono ricordate molte
di queste gesta del santo patrono, e le leggende tradizionali milanesi sono
tutte diligentemente raccontate.
La maggior parte dei titoli citati fanno però pensare a
testi scritti per azioni sceniche, commedie o melodrammi. Ne cito alcuni: Il medico alla riversa, Il
Cieco geloso, La Serva amoreggiata, Il Villano imbrogliato, Il mangiare colla
testa nel sacco, Il Vestire alla moda, Li Pitocchi scaltriti, La Zingara
ingannatrice, La Maestra disubbidita, Li Ciclopi saettati, L’Oca acquistata, Giona affogato,
Adamo ed Eva gelosi, Balaamo confuso per l’Asina parlante, L’Ignoranza
castigata, Il Pastor pentito.
Anche l'opera poetica del nostro sembra sia rimasta manoscritta. Il Picinelli cita alcune raccolte di versi, senza indicazione di stampatore o di data: La Vindemmia, prose e rime, divisa in otto giornate; L'Accademia divisa in ariette e madrigali; Le sinfonie d'Euterpe, rime divise in Sonetti, Madrigali et Ode alla Pindarica; I capricci poetici.
L’attività letteraria del Torre, per quanto intensa, non
doveva consentirgli certamente una vita agiata. La soluzione è uno stipendio
regolare ovvero una “Prebenda canonicale” presso qualche chiesa milanese. I suoi
voti non sono delusi, nel 1655 è nominato canonico nella basilica di S. Nazaro
a Porta Romana (Arg.) e questo gli consente di perseguire i suoi interessi
culturali per tutti gli anni a venire. Nel Ritratto (p. 349) è accennato
un episodio misterioso della sua vita: nel marzo 1655 partecipa alla campagna
militare del marchese di Caracena a Reggio Emilia. Aveva tentato la carriera
delle armi prima di ottenere la tranquilla sinecura milanese? Comunque,
un’attenta lettura del Ritratto ci fa capire che la ricerca di un posto
da canonico dev’essere stata accurata e meticolosa: nel libro sono annotati
scrupolosamente tutti i posti da canonico disponibili nella chiese di Milano,
con qualche commento sulla qualità dello … stipendio.
Dal 1655 al 27 luglio 1679, data della sua morte, Carlo
Torre si adopera a mantenere viva la sua attività di letterato, che raggiunge
il suo apice nel 1666, quando gli viene commissionata dalle monache di S. Marta
un’opera scenica da rappresentare davanti a Margherita Teresa, figlia di
Filippo IV e prima moglie dell’imperatore Leopoldo, di passaggio a Milano (p.
123). L’opera è La pellegrina ingrandita (vedi sopra). Questo è anche
l’unico suo lavoro citato nel Ritratto.