Cristina Trivulzio di Belgioioso,
la donna che visse cinque volte
di Paolo Colussi
Nata a Milano nel palazzo di piazza sant'Alessandro il 28
giugno 1808 e battezzata nella chiesa omonima con ben dodici nomi, Cristina
Trivulzio era destinata ad avere, se non dodici, certamente almeno cinque
vite diverse, tutte avvincenti come un romanzo.
E' difficile, tra tanta abbondanza di fatti, atteggiamenti
ed idee, trovare gli aggettivi capaci di dirci in sintesi chi fu questo
personaggio, troppo noto in vita ed oggi relegato in un angolino della memoria
collettiva. (La via Cristina Belgioioso a Milano si trova a Roserio,
dopo lo svincolo autostradale, e porta a Pero.)
Di lei si è detto tutto il bene e tutto il male possibile,
quand'era in vita e anche dopo la sua morte per molti anni. In seguito, dopo un
silenzio durato molti decenni, è iniziato a riaffiorare un personaggio sempre
più positivo, sempre più forte, ed oggi esistono numerose sue biografie che la
dipingono come un'eroina lombarda, inflessibile e tenace: la "madre di
tutti i femminismi".
La Princesse ruinée
Questo è il primo personaggio che incontriamo. La piccola Cristina
cresce gracile e malaticcia in una famiglia scombinata. Il padre, tutto preso
dalle memoria degli antenati, muore a 32 anni quando Cristina ne ha solo
quattro, lasciandola unica erede del suo ramo. La madre, una donna di buon
carattere e incline a godersi la vita più allegramente possibile, si risposa
subito con Alessandro Visconti d'Aragona, dal quale avrà tre figlie e un
figlio. Cristina passa l'infanzia a studiare e a trastullare i fratellastri, si
trova bene con il patrigno finché questi, coinvolto negli arresti dei
Carbonari, pur scampando allo Spielberg, resta profondamente scosso dalla
disavventura trasformandosi in una larva abulica e piagnucolosa. La madre, dal
canto suo, si consola subito con un conte napoletano, allegro e buon suonatore
di flauto.
A sedici anni, destinata ad un triste cugino, figlio del
tutore, si ribella e sposa (24 settembre 1824) invece Emilio di Belgioioso,
bello, giovane e grande conquistatore di cuori femminili. L'enorme dote di una
delle più ricche ereditiere d'Italia convince subito il giovanotto, che aveva
già intaccato seriamente il proprio patrimonio.
Cristina si accorge presto dello sbaglio, l'unico veramente
grave della sua vita. Già soffriva di crisi epilettiche, un male che la
tormenterà a fasi alterne per tutta la sua esistenza, ora si aggiunge la
sifilide contratta dal marito (1826). Quando quest'ultimo, che andava in giro
con la carrozza di Lord Byron - un'enorme vettura arredata con due letti - , le
propone con convivere con la sua nuova amante, Cristina si ribella, lascia
Milano e inizia a vivere davvero la propria vita (dicembre 1828). Da principio
tutto sembra bello: lasciati alle spalle i pettegolezzi ostili dei nobili
milanesi viaggia per l'Italia incontrando persone interessanti e interessate
alla sua persona. E' bella, una bellezza strana che affascina e incuriosisce. I
capelli neri circondano un viso ovale pallidissimo dominato da due grandi occhi
che guardano fisso, senza mai battere le palpebre.
Soggiorna a Genova, Roma (aprile-maggio 1829), Napoli e
Firenze (1830). In maggio è a Ginevra. In queste città, però, frequenta anche
personaggi sospetti alla ultrasospettosa polizia austriaca di Milano. Le spie
austriache si interessano a lei, già "colpevole" per la bigotta
burocrazia asburgica di avere abbandonato il marito. Alla fine, durante un
soggiorno a Lugano (giugno-luglio 1830), manifesta aperta simpatia nei
confronti del partito repubblicano vincitore delle elezioni in quella città
(settembre 1830) ed è la goccia che fa traboccare il vaso. Le viene ingiunto di
rientrare a Milano. Forse non ci sarebbero state sanzioni contro di lei, ma
Cristina teme di venire rinchiusa in convento e scappa in Francia. Quel giorno,
il 19 novembre 1830, una giovane principessa amante dei balli e delle brillanti
conversazioni viene così trasformata in una eroina rivoluzionaria. Confiscati i
beni, Cristina si ritrova a ricamare la bandiera per l'infelice spedizione
nella Savoia organizzata dai patrioti esuli, infervorati dagli avvenimenti del
marzo 1831. In Provenza conosce Augustin
Thierry.
Fallita la spedizione, Cristina, che ha speso i pochi soldi
che aveva portato con sè (ed ha anche firmato due pesanti cambiali) arriva in
aprile a Parigi con una lettera di Thierry per François Mignet.
Il soggiorno a Parigi, dal 1831 al 1840, è un romanzo.
Corteggiata da tutti, adorata dal vecchio generale Lafayette, Cristina vive una
stagione eccezionale, ancora ben presente nella storia della letteratura
francese. Abita da principio in rue Vignon 7 accanto alla Madeleine, scrive
articoli sul “Constitutionel” e dà lezioni di disegno e pittura. Appena riesce
a recuperare parte delle sue rendite, apre un salotto famoso in rue d’Anjou,
una traversa del Foubourg St. Honoré. De Musset, Balzac, Listz, Heine, Bellini
sono innamorati di lei, ciascuno a suo modo. Tutti vengono respinti con garbo e
civetteria. Le simpatie si rivolgono piuttosto a personaggi più austeri, agli
intellettuali e ai politici che dominano la scena del nuovo regno orleanista di
Luigi Filippo, l'ultimo discendente di Valentina Visconti a sedere sul trono di
Francia. Tra questi vi sono: lo storico Augustin Thierry, il politico e futuro
presidente delle Repubblica francese Adolphe Thiers e infine François Mignet.
François Mignet era un giovane bellissimo, grande oratore e
insigne storico. Era stato uno dei principali artefici della rivoluzione
orleanista, ma aveva rinunciato subito a trarre vantaggi politici dalla sua
popolarità accontentandosi del posto di direttore degli Archivi degli Affari
Esteri dove poteva continuare i suoi diletti studi.
Quest'uomo molto schivo e riservato, tanto schivo verso il
gentil sesso da sollevare voci su una sua presunta impotenza sessuale,
diventerà prima l'amico più fedele e poi il marito segreto di Cristina. Da
questo rapporto molto riservato tra i due, dopo una gravidanza semiclandestina
a Versailles, il 23 dicembre 1838 nascerà una bambina: Maria.
La paternità di Mignet non sarà mai rivelata apertamente,
nemmeno nel loro carteggio, resta un'ipotesi, fondata su numerosi e solidi
indizi, che oggi è accettata da tutti. Ufficialmente, per ragioni dinastiche
più che economiche, Maria sarà sempre figlia di Emilio di Belgioioso, che
proprio in quel periodo era ospite di Cristina a Parigi.
La riformatrice sociale
La nascita di Maria segna l'inizio della seconda vita di
Cristina. Il clima persecutorio della polizia austriaca si è molto attenuato
dopo l'incoronazione del nuovo imperatore ed è quindi possibile il ritorno a
Milano, che avviene nel luglio 1840. Cristina, però, a causa della bambina,
teme ancora più di prima le maldicenze. Lo stesso Manzoni la farà mettere alla
porta quando Cristina vorrà dare l'ultimo saluto alla madre morente del grande
romanziere. Si stabilisce quindi a Locate, a sud di Milano, feudo dei Trivulzio
da quando il grande Gian Giacomo lo aveva "comperato" dall'abbazia di
Chiaravalle.
La povertà, l'ignoranza, le malattie dei contadini di Locate
mettono davanti agli occhi di Cristina una realtà molto diversa da quella dei
salotti parigini. Pensava di chiudersi nella sua grande casa a studiare e a
crescere la sua bambina, invece si lascia prendere interamente dai problemi
dell'ambiente che la circonda e così, con l'aiuto di alcune teorie utopistiche
ascoltate in Francia - saintsimoniane e fourieriste - si improvvisa
riformatrice sociale.
La principessa dal fascino misterioso, civetta e
"commediante" per le molte rivali francesi, diventa di colpo una
lombarda dai modi pratici e decisi. Prima di tutto vanno sistemati i bambini,
ed ecco un asilo che verrà giudicato in termini entusiastici da Ferrante
Aporti, poi vengono le scuole, maschili e femminili, con grande scandalo dei
nobili lombardi e del buon Manzoni che non capisce perché si debbano istruire i
contadini. Il paese si trasforma, dapprima è diffidente, poi accoglie le
innovazioni con gioia, anche perché la Signora segue attentamente ogni
iniziativa e ne garantisce il buon esito.
Nel frattempo, in sintonia con i nuovi panni indossati a
Locate, Cristina studia e pubblica le sue prime opere: il Saggio sulla formazione del dogma cattolico e la traduzione in
francese della Opere di Gian Battista
Vico, con un'ampia introduzione. Scritti entrambi in francese e pubblicati in
Francia, questi libri rendono ancora più ostile nei suoi confronti l'ambiente
milanese e non solo milanese. E' il colmo! Non solo questa donna dà lezioni di
economia agraria e di buona amministrazione ai proprietari terrieri lombardi,
ma invade addirittura il campo della filosofia e - apriti cielo! - della
teologia. Nel 1843 Lehman le fa il celebre ritratto.
La rivoluzionaria
I tempi intanto stanno cambiando in fretta. L'intera Europa
inizia dal 1845 a dare segni di turbolenza, e Cristina non si fa trovare impreparata.
Nel febbraio del '45 rileva una rivista patriottica, la "Gazzetta
italiana", in gravi difficoltà economiche e la trasforma l'anno dopo in
una rivista, l'"Ausonio", sul modello della celebre "Revue des Deux Mondes". Nel 1846
scrive sotto falso nome la Storia della Lombardia con le critiche al
Confalonieri che faranno molto arrabbiare i patrioti milanesi.
I patrioti italiani, negli anni che preparano il '48, sono
intenti a litigare tra loro furiosamente e non fanno quindi fatica ad accanirsi
anche contro una rivista diretta da una donna. Cristina tira diritto
orientandosi sempre più verso una soluzione unitaria e monarchica sotto l'egida
dei Savoia. Nel '47 viaggia in tutta l'Italia allacciando rapporti con i
maggiori esponenti del Risorgimento: Cavour, Cesare Balbo, Nicolò Tommaseo,
Giuseppe Montanelli e molti altri. Fa visita anche a Carlo Alberto.
I disordini a Milano del 2 gennaio 1848 in occasione dello
sciopero del tabacco la trovano a Roma. Si parla di un mandato di arresto
contro di lei. Da questo momento da giornalista diventa rivoluzionaria. Gli
avvenimenti del '48 e del '49 la trovano sempre in prima linea. Dopo le Cinque
Giornate arriva a Milano guidando la "Divisione Belgioioso", un
gruppo di circa 200 volontari da lei reclutati e trasportati in piroscafo a
Genova e da lì a Milano. Nel pieno della battaglia politica muore l’amato
segretario Stelzi, che verrà il seguito sepolto a Locate nello stesso cimitero
dove riposerà la salma di Cristina. Le vicende del cadavere “imbalsamato” dello
Stelzi, raccontate romanzescamente dal Barbiera, alimenteranno dopo la sua
morte la leggenda della sua necrofilia.
La delusione per il "tradimento" di Carlo Alberto
a Milano la fa avvicinare ai repubblicani ed eccola a Parigi con Carlo Cattaneo
a difendere la condotta dei milanesi durante le Cinque Giornate, diffamata
dagli emissari austriaci e piemontesi. Delusa dall'atteggiamento del governo
francese, si unisce ai patrioti della Repubblica Romana, adoperandosi giorno e
notte negli ospedali durante l'assedio della città. Ed ecco un colpo di genio:
di fronte all'emergenza ed al caos degli ospedali romani, Cristina inventa le
"infermiere". Fino a quel momento negli ospedali ad aiutare i medici
c'erano solo i "facchini" per il trasporto dei malati, gli attuali portantini.
Da buona milanese, memore delle "dame della crociera" della Ca'
Granda, Cristina pensa ad un corpo di volontarie laiche dedite ad aiutare i
malati, ad assisterli e a confortarli. Assolda così uno stuolo di dame, di
borghesi e ... di prostitute. La presenza di queste ultime, negata da Cristina
in una lettera al papa, ma da lei ammessa nel carteggio privato con l'amica
Caroline Jaubert, creerà un grave scandalo quando questo carteggio verrà
pubblicato a Parigi dall'amica con il permesso, più o meno tacito,
dell'autrice.
L'avventura romana finisce, come è noto, molto male. Dopo
essersi battuta in tutti i modi per salvaguardare i feriti e i prigionieri,
Cristina deve riparare in fretta a Civitavecchia e fuggire a Malta. Da Malta,
poi da Atene, e infine da Costantinopoli vengono scritte le lettere sopra
ricordate che saranno in seguito pubblicate nel volume Ricordi nell'esilio, un’opera recentemente ristampata in Italia,
anche se già irreperibile.
L'Oriente
Odiata dai milanesi, odiata dai patrioti per i suoi Ricordi, furibonda contro gli amici
francesi colpevoli di aver appoggiato la spedizione del generale Oudinot contro
la Repubblica Romana, Cristina, con la figlia e l'istitutrice inglese, lascia
l'Europa.
E' amareggiata e delusa, ma tutt'altro che vinta. Inizia una
nuova vita di pioniere, di reporter, di principessa. Acquista una piccola valle
in Cappadocia e vi fonda una colonia agricola aperta ai profughi italiani.
L'esperienza di Locate le serve per avviare programmi di riqualificazione
agricola dei terreni, senza dimenticare la popolazione turca che viene
assistita e curata come se fossero i suoi contadini. La vita da Signora feudale
con un gruppo di profughi sbandati non troppo volonterosi si rivela però
difficile e avara di soddisfazioni. Il colpo di stato del 2 dicembre 1851 che
dà a Luigi Napoleone il potere assoluto in Francia la amareggia ancora di più,
e così, nel gennaio 1852, inizia il viaggio in Terra Santa, un'avventura
nell'avventura che nel giro di un anno condurrà la strana comitiva, mista di
turchi ed europei, a visitare i posti più sperduti e selvaggi del Vicino
Oriente.
Del soggiorno in Turchia e del suo viaggio attraverso
l'Anatolia, la Siria, il Libano e la Palestina, Cristina parlerà in molti
articoli, interessanti soprattutto per lo sguardo acuto e dissacrante con il
quale vengono smontati i miti dell'Oriente esotico, fastoso ed opulento.
Vengono invece messe spietatamente a nudo le miserie di una società dove
mancano gli affetti famigliari, dove la sporcizia regna ovunque, dove le donne
sono abbandonate all'ignoranza, alla pigrizia, alla stupidità. In questi
resoconti si coglie meglio che in ogni altra pagina il suo vero credo, che era
riformista e cristiano. E' ormai una donna matura quella che scrive dalla
Turchia, ma ancora molto energica e coraggiosa. La prova più difficile viene
subito dopo il ritorno da Gerusalemme. Un profugo bergamasco al quale era stata
data una casa e un lavoro, rimproverato perché aveva malmenato l'istitutrice
inglese con la quale aveva stretto una relazione, accecato dall'odio colpisce
Cristina con cinque coltellate nel luglio 1853. Le ferite non sono mortali,
nella confusione generale è lei stessa a dirigere i suoi soccorritori e ad
istruirli su come prestarle le prime cure, ma da questa disavventura ne uscirà
piuttosto male. Invecchiata, storta nella figura, debilitata, ritorna in Italia
tre anni dopo, non appena il governo austriaco, di nuovo "paterno"
verso i fuorusciti, le dissequestra i beni.
La madre nobile
Nel novembre 1855 è a Parigi nella casa di rue di
Montparnasse 28 che aveva fatto costruire negli anni ‘40. Nel gennaio del 1856
è di nuovo a Locate (tiene un appartementino a Milano). Nel giro di pochi mesi
muoiono molti dei suoi vecchi amici: Heine, Thierry, De Musset. Il rapporto con
Mignet si è del tutto raffreddato. Nel novembre 1860 vende la casa di Parigi.
Muore anche Emilio di Belgioioso, sfigurato
e privo di ragione per via della sifilide. Fino all'ultimo Cristina cerca di
ottenere dal marito il riconoscimento della figlia, senza riuscirci. E' questa
l'ultima delle sue battaglie. Maria ha ormai vent'anni, non ha ancora un nome e
se non verrà riconosciuta dai Belgioioso non potrà essere riconosciuta nemmeno
dalla madre. Finalmente, alla fine del 1860, il riconoscimento arriva, e Maria,
appena giunta ad essere una Barbiano di Belgioioso, diventa marchesa Trotti
sposando a Locate (24 gennaio 1861) un vedovo, onesto e gentile, con l'assenso
pieno di Cristina che conclude così la sua difficile missione di madre. Non del tutto, però. Il primo e difficile parto di Maria
farà soffrire la neo-nonna più di qualsiasi altra sua avventura. E' questa
l'unica volta che, leggendo le sue lettere, la troviamo sopraffatta dal panico
e dallo smarrimento. La bambina viene chiamata Cristina. Trascorrerà l’estate
nella villa di Blevio.
Gli ultimi dieci anni, morirà il 5 luglio 1871 nella casa
della figlia a Milano, non li trascorre a fare la calza. Fonda un giornale,
l'"Italie", destinato a pubblicizzare in Europa la politica italiana,
scrive saggi politici e, nel primo numero della rivista "Nuova
Antologia", su richiesta del
vecchio amico Terenzio Mamiani pubblica il saggio "Della presente
condizione delle donne e del loro avvenire" che si conclude con queste
parole:
"Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire
rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne
che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di
quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse
appena sognata felicità!"
Biografie di Cristina di
Belgioioso
Archer Brombert, Brett, Cristina
Belgiojoso, Milano, Dall'Oglio 1981
Barbiera, Raffaello, La
principessa di Belgioioso, Milano, Treves 1894
Barbiera, Raffaello, Passioni
del Risorgimento. Nuove pagine sulla Principessa Belgiojoso e il suo tempo,
Milano, Treves 1903
Cazzulani, Elena, Cristina
di Belgiojoso, Lodi, Lodigraf, 1982 (Brera T 82 D 230)
Gattey, Charles Neilson, Cristina
di Belgiojoso [A bird of curious
plumage], Firenze, Vallardi 1974 (Brera T 74 D 196)
Guicciardi, Emilio, Cristina
di Belgiojoso Trivulzio cento anni dopo, Milano, "La Martinella di Milano",
1973 (Brera T 73 C 541)
Incisa, Ludovico e Trivulzio, Alberica, Cristina di Belgioioso, Milano, Rusconi 1984 (Brera Coll. It. O
519/48)
Malvezzi, Aldobrandino, La
principessa Cristina di Belgioioso, Milano, Treves 1936
Petacco, Arrigo, La
principessa del Nord, Milano, Rizzoli 1992 (Brera T 93 C 1426)
Santonastaso, Giuseppe, Il
socialismo fourierista e Cristina di Belgiojoso, Genova-Brescia, Paideia
1963, pp. 126-137 (Brera Nuova Misc. C 121)
Severgnini, Luigi, La
principessa di Belgioioso. Vita e opere, Milano, Virgilio 1972 (Brera T 72
D 121)
Molto utile da consultare e ricco di informazioni il sito www.cristinabelgiojoso.it
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Ultima
modifica: martedì 6 maggio 2008
paolo.colussi@rcm.inet.it