Laura Solera Mantegazza
di Paolo Colussi
Una tranquilla famiglia borghese
Laura
Solera nasce a Milano il 15 gennaio 1813 da Cristoforo Solera e Giuseppina
Landriani. Appartiene ad una famiglia borghese di agiate condizioni economiche.
Lo zio Francesco Solera è un ufficiale napoleonico che partecipa alle battaglie
di Ulm e di Austerlitz e alla campagna di Russia, per poi passare al servizio
degli Austriaci.
Nel
periodo della restaurazione è però un altro parente di Laura - Antonio Solera -
a salire alla ribalta della cronaca. Arrestato nel 1820 assieme a Silvio
Pellico ed altri carbonari per associazione segreta, il povero Antonio - che
non era una carbonaro, ma soltanto un
benpensante neoguelfo - viene condannato a morte. La condanna verrà poi
commutata nel carcere a vita da scontarsi, assieme agli altri patrioti, nella
fortezza dello Spielberg.
Anche
il padre di Laura scappa in Svizzera e, a dire il vero, di lui sappiamo ben
poco. Laura cresce con la madre, studia al Collegio femminile Coudert dove impara
francese, inglese e tedesco. Educa nel suo tempo libero i figli analfabeti dei
domestici dimostrando molto precocemente una grande passione pedagogica. Il suo
carattere è semplice e ingenuo, i compagni la chiamano "cilappa"
perché crede a qualsiasi cosa le si racconti.
A
quindici anni, nel 1828, muore la madre e Laura viene accolta in casa
dell'amico di famiglia il medico Paolo Acerbi dove resta due anni, fino al
matrimonio combinato che avrà luogo nel 1830. Lo sposo, Giovan Battista
Mantegazza, è figlio del podestà di Monza per cui la coppia si trasferisce in
questa città (al n. 21 dell'odierna via Bartolomeo Zucchi) dove trascorre
alcuni anni piacevoli e ricchi di occasioni mondane accanto ai suoceri.
Il
31 ottobre 1831 nasce a Monza il figlio primogenito Paolo,
che negli anni a venire acquisterà grande fama in tutta Italia per i suoi studi
e le sue pubblicazioni. Un anno dopo nasce Costanza e Laura inizia a soffrire
di forti dolori, un tormento che l'accompagnerà fino alla morte.
Intorno
al 1837, quando Paolo deve iniziare gli studi, la famiglia torna a Milano per
assicurare ai figli scuole più adeguate e si stabilisce in contrada di San
Giovanni in Conca, una via oggi scomparsa che si trovava tra l'attuale piazza
Missori e via Albricci. Paolo studia nel vicinissimo Collegio di
Sant'Alessandro. A Milano nasce il terzo ed ultimo figlio Emilio.
Nel
frattempo i patrioti prigionieri nello Spielberg vengono graziati e rimessi in
libertà, ma i guai per il povero Antonio Solera non sono finiti: accusato da un
altro detenuto, l'Andryane, di aver collaborato con gli Austriaci, è scansato
da tutti. Laura, dimostrando per la prima volta il suo carattere fiero e
risoluto, si adopera attivamente a favore del parente, intentando causa
all'Andryane per ristabilire il buon nome della famiglia.
Lo strano cugino
Gli
anni '40, fino al '48, trascorrono tranquilli con Laura molto affaccendata ad
allevare i figli ed a seguirli nei loro studi. E' un altro Solera a mettersi in
luce nel frattempo sulla scena milanese: Temistocle, il figlio di quell'Antonio
che abbiamo visto coinvolto suo malgrado nelle disavventure dei carbonari. Dopo
un infanzia travagliata di orfanello ospitato coattivamente in collegio e
qualche volta fuggiasco, Temistocle a 24 anni (nel 1839) è a Milano dove
incontra un musicista alle prime armi, Giuseppe Verdi, di due anni più grande
di lui. Temistocle completa il libretto dell'Oberto conte di San Bonifacio la prima opera di Verdi,
rappresentata con scarso successo alla Scala il 17 novembre 1839. Dopo il
fiasco della successiva opera - Un giorno
di regno - Verdi sta per abbandonare la carriera di operista quando,
secondo la leggenda, incontra in Galleria l'impresario Bartolomeo Merelli che
gli mette nelle mani un nuovo libretto d'opera, il Nabucco, che gli darà fama immortale soprattutto grazie al coro
"Va' pensiero". Autore di quel libretto e di altri analoghi che
seguiranno (I Lombardi alla prima
crociata, Giovanna d'Arco, Attila) è il nostro Temistocle che si guadagna
così di riflesso un posto nelle enciclopedie. La sua biografia però non resta
affatto limitata a queste prime esperienze di modesto librettista. Diventato
operista egli stesso, dopo il '48 farà il direttore d'orchestra alla corte di
Spagna stringendo una relazione sospetta con la regina Isabella. L'invidia
della Corte lo costringerà a fuggire in Francia dove lo troviamo assoldato da
Napoleone III come agente segreto in vista della guerra con l'Austria del 1859.
Temistocle si appassiona alla nuova attività poliziesca, diventa questore in
varie città italiane e presta persino la sua opera ad Alessandria d'Egitto come
riorganizzatore della polizia di quel paese. Sarà poi antiquario a Parigi e a
Milano, dove morirà povero a 63 anni il 21 aprile 1878.
Le Cinque Giornate e Garibaldi
Le
Cinque Giornate sorprendono Laura a letto malata. Il mattino del 18 marzo il
piccolo Emilio è a scuola, Paolo, sedicenne, è a casa che spia con curiosità
gli strani movimenti che si svolgono sotto le sue finestre. Avvisata del
pericolo, Laura spedisce la balia a riprendere Emilio e attende con ansia il
suo ritorno. Per fortuna il recupero del bambino sarà abbastanza semplice e
quindi la mamma dovrà limitarsi in quei giorni di lotta soltanto a vigilare
perché l'inquieto Paolo non scappi sulle strade per unirsi ai molti suoi
coetanei che stanno combattendo.
Nella
Milano liberata, la famiglia si adopera per la causa italiana ed è probabile
(ma non certo) che nei quattro mesi seguenti Laura abbia conosciuto e
frequentato Giuseppe Mazzini con il quale dall'anno seguente sarà spesso in
rapporto epistolare.
Il
6 agosto, con il ritorno degli Austriaci a Milano, Laura e Paolo abbandonano la
città per raggiungere gli altri figli a Cannero, sulla sponda piemontese del
lago Maggiore, dove aveva una villa, la Sabbioncella, soggiorno estivo della
famiglia. Pochi giorni dopo, il 15 agosto, a Luino, sulla sponda opposta del
lago, c'è uno scontro cruento tra i soldati austriaci e un gruppo di patrioti
che cercavano di raggiungere la Svizzera, capitanati da Giuseppe Garibaldi.
Restano feriti 32 soldati, parte austriaci e parte italiani. Dal futuro Eroe
dei Due Mondi arriva decisa una signora - Laura - che gli propone di
trasportare i feriti a Cannero a casa sua dove avrebbero trovato cure adeguate.
Nasce subito tra i due una robusta simpatia che non verrà mai a cessare in
futuro. Laura, esule in Piemonte, è ormai una patriota a tempo pieno.
Del
marito non sappiamo nulla, l'anno seguente combatterà a Roma con la Repubblica
romana, a Cannero non c'è. In ottobre Laura salva un disertore trasportandolo
clandestinamente da Luino a Cannero a rischio della propria vita. Il 3
novembre, sempre a Luino, ottiene dal comandante la liberazione di un altro
disertore pretendendo la dovuta riconoscenza per le cure prestate ai soldati
austriaci in agosto. Alla fine dello stesso mese riceve una sgradita visita di
soldati austriaci che pretendono di perquisire la villa benché questa fosse in
Piemonte. La pretesa viene fermamente respinta.
L'inverno
tra il '48 e il '49 viene trascorso all'"estero" in attesa degli
eventi. Dopo la battaglia di Novara (23 marzo 1849) e la caduta della
Repubblica romana (4 luglio 1849), la situazione è definitivamente compromessa.
Inutile anche la resistenza di Venezia guidata dal vecchio zio di Laura,
Francesco Solera, che avevamo lasciato all'inizio di questa storia come giovane
ufficiale napoleonico e poi austriaco. In ottobre accade un fatto spiacevole e
poco chiaro. Nessuna biografia ne parla, ma da alcune lettere di Laura sappiamo
che la famiglia Mantegazza, per salvare il posto al figlio Giovan Battista
reduce da Roma, dichiara alle autorità austriache che "la moglie l'obbligò
alla condotta da lui tenuta nello scorso anno, ed a seguire il Generale...".
Sembra che sia stata addirittura imposta una separazione dei coniugi. In
realtà, da questo momento la figura del marito non ha più alcun ruolo nella
vita di Laura, che, amareggiata, verso la fine dell'anno torna a Milano con i
figli e si trasferisce al primo piano di Borgo di Porta Comasina n. 2138
corrispondente all'attuale Corso Garibaldi 73 all'angolo con la contrada di
Santa Cristina. La casa, ereditata in seguito dai figli, è stata bombardata nel
corso dell'ultima guerra ed è stata sostituita da un mediocre edificio moderno
rientrante dal filo del corso che svolta verso via Mantegazza.
I ricoveri dei lattanti o "presepi"
Nello sconforto del momento, Laura pensa di emigrare in America, poi è attirata da un
grave problema, particolarmente evidente nel rione dov'era la sua nuova
abitazione. La diffusione dei laboratori e delle fabbriche che iniziava allora
a manifestarsi nella città obbligava molte giovani madri ad abbandonare i figli
più piccoli che nessuno poteva nutrire e sorvegliare. Il numero degli esposti a
Santa Caterina alla Ruota cresceva sempre più con grande sofferenza delle madri
e disagi per le autorità. Laura, anche per superare le delusioni politiche (e
famigliari?), pensa di adottare alcuni di questi bambini, ma poi riceve un
insperato aiuto da uno studioso milanese - Giuseppe Sacchi - interessato già da
molti anni ai problemi pedagogici e del pauperismo.
Tre
anni prima, nel 1846, c'era stato a Genova il congresso degli scienziati. In
quell'occasione Giuseppe Sacchi aveva sentito parlare di un asilo per lattanti
aperto a Parigi l'anno prima da alcune donne protestanti di indirizzo
sansimoniano. La Società di Incoraggiamento delle Arti e Mestieri aveva inoltre
aperto un'inchiesta sul problema per impulso di Enrico Mylius. Laura si appassiona
subito all'idea e, con l'aiuto del Sacchi, ne approfondisce gli aspetti
tecnici.
All'inizio
del nuovo anno cerca aiuti per realizzare l'impresa, la chiesa è piuttosto
ostile a questo "agglomerato di donne" che allattano e sconsiglia la
Municipalità dal parteciparvi. Laura comunque si rivolge egualmente alle
autorità austriache per ottenere la necessaria autorizzazione, autorizzazione
che l' I. R. Luogotenenza della Lombardia accorda già il 23 maggio. Il 17
giugno 1850 può quindi essere inaugurato il primo Pio Ricovero per bambini
lattanti e slattati. Vengono utilizzati alcuni locali al piano terreno della
stessa casa di Laura, con l'ingresso dalla contrada di Santa Cristina 2136 (poi
via Mantegazza 7). Collaborano all'iniziativa, oltre al Sacchi, i dottori Rizzi
e Castiglioni, il parroco di San Simpliciano, Enrico Mylius e Ismenia Sormani
Castelli, che diventerà da questo momento un'inseparabile amica e
collaboratrice di Laura.
Al
ricovero erano ammessi bambini da 15 giorni a due anni e mezzo, divisi tra
lattanti e slattati. C'era una veranda sul giardino, due camerate con un grande
letto e una serie di culle, cucina e bagni. L'iniziativa prevedeva anche
elargizioni per le madri che lavoravano a domicilio e quindi potevano tenere i
bambini con sé, ma limitatamente alle famiglie che abitavano nelle parrocchie
di San Simpliciano, San Marco e del Carmine. Il contatto diretto con tante
madri povere del quartiere spinge Laura ad interessarsi anche della loro
formazione e ben presto vengono organizzati negli stessi locali dei corsi di
alfabetizzazione e di taglio e cucito. Il grande successo dell'iniziativa
spinge Laura ad aprire l'anno dopo (1851) un secondo asilo a Porta Ticinese
(prima in borgo S. Croce, poi in Molino delle Armi, dal 1880 in via Sambuco). In
totale i bambini assistiti sono ormai 200. I fondi provengono da donatori
"perseguitati" con instancabile energia da Laura, che inventa per
l'occasione la Fiera di Natale, un'asta di oggetti donati alla quale vengono
invitate ogni anno le principali famiglie milanesi. Queste lettere di invito,
raccolte e pubblicate nella biografia postuma di Laura scritta dal figlio
Paolo, ci danno un saggio molto interessante dell'eloquenza e della passione
della Mantegazza.
Ritorno alla politica: la prima Associazione femminile
La
guerra del 1859 risveglia l'interesse patriottico di tutta Milano. Laura,
Ismenia Sormani Castelli, Adelaide Bono Cairoli e molte altre signore si
occupano dei feriti e della raccolta di fondi, attività quest'ultima nella
quale ormai Laura è maestra. Il figlio Paolo, più portato agli studi che alle
armi, dopo un lungo soggiorno in Argentina (1854-58) durante in quale ha potuto
studiare alcune comunità indigene, insegna medicina a Pavia. Emilio invece
combatte con i piemontesi.
Alla
conclusione della guerra, la delusione per l'abbandono delle Venezie fa
crescere in tutti le aspettative verso un altro tipo di azione patriottica da
porre nelle mani di Garibaldi, che aveva dimostrato il suo valore nelle
battaglie di Varese e San Fermo. La spedizione dei Mille vede perciò tutto il
gruppo delle patriote milanesi all'opera per raccogliere fondi. Laura e Ismenia
inventano le "Coccarde patriottiche", un nastro tricolore con
l'immagine di Garibaldi, che vengono prodotte dalle operaie degli asili e
vendute per una lira. Vengono raccolte in questo modo 24.442 lire, meno di
quanto si era sperato, anche perché girano voci maligne che sostengono che una
parte dei soldi sarebbero stati dirottati a favore di Mazzini, inviso alla
borghesia milanese. Laura smentisce fermamente, ma il danno ormai era
fatto.
Emilio
vorrebbe seguire Garibaldi in Sicilia, ma è seriamente ammalato e si riprenderà
soltanto l'anno seguente. Laura segue con trepidazione la lunga malattia, ma
non trascura del tutto la politica. Mantegazza consiglia il Castellini, che
sarà poi il superiore di Emilio nelle successive campagne di Aspromonte e nel
Trentino, di portare sempre la maglia di lana e di “portar seco due o tre oncie
di coca (Farmacia di Brera) ben chiuse in una scattola di latta ...”(Castellini, cit., p.
21).
L'atmosfera
nel nuovo Regno d'Italia è molto cambiata. Finito lo stato di polizia si può
pensare a nuove iniziative a sostegno delle operaie che formano già di fatto un
sodalizio attorno a Laura ed Ismenia. Le due amiche pensano quindi di fondare
un'Associazione Generale di Mutuo Soccorso per le operaie milanesi, che nascerà
il 17 febbraio 1862 con sede provvisoria presso i due ricoveri. La quota
associativa è di una lira al mese, possono iscriversi come socie onorarie
(senza diritto di voto) anche signore benestanti che intendono sostenere
l'associazione.
L'associazione
assume tra i propri compiti anche quello dell'organizzazione dei corsi di
alfabetizzazione già operanti da anni. I prodotti realizzati durante i corsi di
taglio e cucito e di decorazione costituiscono un'ulteriore entrata della
Società. Garibaldi incoraggia queste attività e le sostiene. Durante l'estate è
ospite della Bono Cairoli a Belgirate e si incontra spesso con Laura. La visita
del generale alla Sabbioncella in giugno verrà più tardi immortalata da una
lapide e da un affresco.
Il
29 agosto 1862 accade l'impensabile. L'Eroe dei Due Mondi, osannato solo l'anno
prima come l'artefice dell'unità d'Italia, viene ferito ad una gamba
sull'Aspromonte da soldati italiani mentre stava avanzando per liberare Roma.
L'episodio scandalizza tutta l'Europa e sconvolge Laura, che giunge per prima
(4 settembre) in soccorso del grande ferito nella fortezza di Varignano presso
La Spezia, dove era stato subito trasportato (2 settembre). Nei mesi che
seguono attorno al generale ferito si affolla un grande numero di ammiratrici
tenute a bada da Laura e Adelaide Bono Cairoli prima a Varignano e poi (dal 8
novembre) a Pisa dove il generale viene trasferito. Quando arriva però Jessie White, la moglie di Alberto Mario che aveva partecipato direttamente alla
liberazione del Mezzogiorno, iniziano le tensioni e i pettegolezzi. Il 17
novembre, Laura decide di far cessare le chiacchiere e si allontana da Pisa per
tornare a Milano (28 novembre) dopo un breve periodo di riposo a San Remo.
Garibaldi tornerà a Caprera il 20 dicembre.
I
quattro anni successivi, fino alla terza guerra d'indipendenza, vedono Milano e
tutta l'Italia in preda ad una grande euforia. Si avviano ovunque grandi opere
che devono far dimenticare la "conquista" piemontese e le delusioni
per la momentanea assenza di Venezia e di Roma. A Milano si avviano i lavori
della nuova piazza del Duomo e della Galleria Vittorio Emanuele. A Garibaldi
vengono intitolati il corso e la porta comasina, molte altre strade vengono
dedicate ai recenti avvenimenti politici e militari e ai Savoia (via Carlo
Alberto, via Torino, corso e porta Magenta, Vittoria, Venezia, via Solferino, San
Martino, Palermo, Marsala, Milazzo, Montebello, Varese, Goito, ecc.)
specialmente nel quartiere Garibaldi.
I
ricoveri e l'associazione operaia funzionano. Il 26 aprile 1866 viene approvato
un decreto che istituisce in ente morale il "Pio istituto di Maternità e
di Ricovero per bambini lattanti e slattati". Nello stesso anno, Ismenia
Sormani Castelli presenta al Ministero un progetto di Scuola
professionale femminile, un'idea che diventerà realtà quattro anni
dopo grazie anche ai finanziamenti della Massoneria. Va molto bene anche la carriera del figlio Paolo. Nel 1864 pubblica gli Elementi di igiene, un manuale semplice
e chiaro per le famiglie che avrà un numero enorme di ristampe e riedizioni,
contribuendo in modo sensibilissimo alla trasformazione dell'Italia in un paese
moderno. Anche grazie a questo successo, nel 1865 Paolo è eletto alla Camera
dove resterà fino al 1876 per poi diventare senatore del Regno. Garibaldi rende
felici le operaie inviando un proprio ritratto per decorare la sede
dell'Associazione.
Gli ultimi anni
Nell'estate
del 1866 si consuma brevemente e disastrosamente la terza guerra
d'Indipendenza. Emilio Mantegazza è al fianco di Garibaldi nell'unico scontro
vittorioso, quello di Bezzecca, durante la marcia su Trento prontamente
arrestata dal celebre "Obbedisco!". Nel 1867 muore a Cannero il
marito di Laura; svanisce una figura evanescente che non sembra aver parte
alcuna nella storia. L'anno seguente viene aperto il terzo ricovero per i figli
delle sigaraie, probabilmente in via della Signora (le indicazioni che abbiamo
sulle sedi sono sempre piuttosto confuse). Nello stesso anno viene abolito la
ruota dell'Ospedale di Santa Caterina e si dà il via al brefotrofio. Il clima
culturale sta cambiando: Gualberta Adelaide Beccari fonda a Venezia il
periodico "La donna" che rappresenta la prima voce autorevole a
livello nazionale delle rivendicazioni "femminili": parità di salario
e diritto di voto. A Milano Anna Maria Mozzoni si batte per le nuove idee con
un piglio molto più radicale di quello assunto fino ad allora dalla Mantegazza
e dalla Sormani Castelli, che vengono considerate piuttosto antiquate. Nella
Lega femminile della Mozzoni, fondata nel 1870, erano ad esempio escluse le
socie onorarie, espressione di un paternalismo borghese divenuto intollerabile.
Per molti altri aspetti, invece, la nuova Lega ricalca il modello della
Mantegazza. Anche il problema dell'emancipazione attraverso lo studio e la
formazione professionale delle donne ritorna alla ribalta. Molte nuove leghe
tentano questa strada fondando scuole professionali femminili. Laura e Ismenia
rispolverano il progetto del '66 e fondano la loro scuola, il cui regolamento
viene approvato il 14 settembre 1870. Il 21 novembre dello stesso anno la
scuola viene aperta in un piccolo locale a Porta Magenta grazie a un contributo
di 500 lire del Comune e all'aiuto di alcune patronesse come Paolina Magni
Castiglioni e la contessa Praga Marogna. Laura insiste quindi sul modello
"paternalistico", e così vince la scommessa. Tutte le altre scuole
sono costrette a chiudere quasi subito, mentre la sua esiste ancora nella sede
costruita molti anni dopo in via Ariberto 11.
L'Istituto Mantegazza com'è oggi (2012) in via Ariberto
La scuola professionale rappresenta l'ultimo sforzo sostenuto da Laura per consentire alla donna priva di risorse economiche di essere madre e di raggiungere un minimo decoroso di capacità professionali. Stupisce che una personalità come quella di Laura, così vicina alle istanze democratiche di Mazzini e di Garibaldi, non abbia accolto l'invito di altre donne come la Mozzoni ad accentuare nella sua opera la promozione civile e politica della donna. Questo compito verrà lasciato alla sua erede spirituale, Alessandrina Ravizza, che sarà la vera artefice dello sviluppo futuro della Scuola professionale.
Nel
1872, mentre il figlio Paolo al culmine della carriera fonda a Firenze la prima
cattedra di Antropologia e il Museo, Laura ormai molto malata si ritira nella
villa di Cannero dove morirà il 15 settembre dell'anno successivo, assistita
dai figli. Le sue operaie, al funerale, decidono di aprire un quarto ricovero,
che verrà inaugurato a Ripa di Porta Ticinese il 15 settembre 1874. La fedele
Ismenia e l'ormai vecchio Giuseppe Sacchi continuano ad occuparsi dei ricoveri
che sono ormai considerati un servizio necessario alla collettività. Nel 1884,
quando si deciderà di aprire in corso di Porta Vigentina il quinto ricovero,
verrà finalmente costruito un edificio studiato appositamente allo scopo, ma la
struttura non sarà in sostanza molto diversa dalla prima sistemazione
realizzata in contrada di Santa Cristina più di trent'anni prima.
Sparita
la ventata garibaldina, anche la fama di Laura tenderà ad attenuarsi, offuscata
in parte da quella del figlio Paolo, raggiunta presso un largo pubblico
soprattutto dalla sua opera più conosciuta, la Fisiologia dell'amore (1873), un best seller presente (ben
nascosto) in ogni biblioteca borghese della bella époque.
Anche
Giuseppe Sacchi, scrivendo in un volume della raccolta Mediolanum del 1881, quando parla della maggiori figure milanesi
del suo tempo cita Paolo Mantegazza ma dimentica la sua mamma con la quale
aveva condiviso per tanti anni speranze e problemi. La stessa biografia di
Laura, scritta da Paolo nel 1876, è più il ricordo commosso della madre scomparsa
che un'analisi approfondita di una forte e complessa personalità. E' quasi più
illuminante nella sua concisione il testo dell'epigrafe che venne posta nel
1889 sulla casa di Corso Garibaldi quando venne intitolata a Laura la vecchia
contrada di Santa Cristina:
"In questa casa abitò
molti anni e istituì il primo ricovero dei
bambini lattanti LAURA SOLERA MANTEGAZZA, vera madre del
povero".
Soltanto nel 1906, grazie agli sforzi incessanti di Ersilia Majno, il suo corpo verrà trasportato nel Famedio, evento molto raro per una donna.
Link: Paolo Mantegazza esperto di droghe
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Luigi, Beneficenza e previdenza, in AA.VV., Mediolanum, Milano 1881, vol.
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Zambelli,
Pietro, Laura Solera Mantegazza,
Novara 1873
Inizio pagina
Ultima
modifica: sabato 10 dicembre 2005
paolo.colussi@rcm.inet.it
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