Bianca Milesi, la maestra giardiniera dei moti del 1821
di Maria Grazia Tolfo
In via Lauro n° 6 (ex 1845) si nota una casa con andamento a
sghimbescio. E' una casa nobile, con un elegante portale e cortile con due
tratti di portico. Nell'Ottocento ne era proprietaria la famiglia Milesi, di
origine bergamasca, venuta a Milano intorno alla metà del Settecento per
commerciare in ferro, legname e bestiame e quindi investendo nell'agricoltura
della Bassa.
Giovan Battista Milesi ed Elena Marliani di Mantova avevano
avuto cinque figlie - Antonietta, Francesca, Agostina, Luisa, Bianca - e un
maschio, Carlo, che sposerà Elena Viscontini, sorella di Matilde Demboski. I
Viscontini e i Milesi erano cugini germani per parte materna.
Bianca, la più giovane delle sorelle Milesi, nacque il 22 maggio
1790. Studiò in un convento a Firenze, poi in S. Sofia a Milano e infine in S.
Spirito. Il padre morì già nel 1804. Infervorata dalle idee sansimoniane di
uguaglianza, Bianca, con buona pace di sua madre, si tagliò le trecce,
sfoggiando una corta zazzera, si vestì di abiti di lana scura e indossò grosse
scarpe, che le conferivano un'andatura mascolina, giurando di dedicare la vita
allo studio e alla pittura..
La madre era in amicizia con Gaetano Cattaneo, che fondava
allora il Gabinetto numismatico a Brera, e riceveva nel suo salotto Andrea
Appiani, Giuseppe Bossi e il Longhi, dei quali Bianca fu entusiasta allieva. La
signora Viscontini apparteneva al gruppo di milanesi insofferenti alle
soperchierie del governo del Regno d'Italia, per cui nella sua casa trovavano
ospitalità nel 1813 le riunioni con Federico Confalonieri, Benigno Bossi e il
generale Pino che, in contrasto col vicerè Eugenio, si illudeva di arrivare
molto in alto in caso di autonomia del governo lombardo. Sembra però che la
signora fosse estranea all'assassinio del ministro Prina.
Bianca nel frattempo faceva il suo viaggio di formazione in
Italia. A Roma strinse amicizia con Sofia Reinhard, un'inglese colta che "si procacciava con modi virilmente austeri
la virile libertà rara a quei tempi" (Alessi), ossia un'altra seguace
di Saint Simon. Il fatto che Bianca scrivesse poi una biografia della poetessa
Saffo suggerì che dovesse condividerne le tendenze omosessuali, ma su questo
aspetto i biografi glissano. Saputo del definitivo crollo napoleonico, la
Milesi tornò avventurosamente via mare a Milano, dove decise di dedicarsi
attivamente alla vita politica cittadina. Nel 1817 a Zurigo conobbe Pestalozzi,
a Heidelberg ritrovò Sofia Reinhard.
Nel 1814 era apparsa
in Piemonte la Società dei Federati,
introdotta a Milano nel 1820, il cui scopo era di far scoppiare una rivolta nel
capoluogo lombardo. Bianca si affiliò come Maestra
giardiniera con Teresa Confalonieri, la cugina Matilde Dembowski, Giulia
Caffarelli, moglie dell'ex ministro della guerra del Regno italico, Camilla
Besana Fé, Cristina Belgioioso e le sorelle Cobianchi. Avevano una parola
d'ordine per riconoscersi: Onore, virtù e
probità per le giardiniere di 2° grado, Costanza
e perseveranza per quelle del 1° grado; il segnale di riconoscimento era di
passare la mano destra dalla spalla sinistra alla destra, poi di portarla al
cuore, battendo tre volte. Si mormorava che le giardiniere portassero per ogni evenienza il pugnale nelle
giarrettiere!
Insieme al conte Federico Confalonieri e al conte Giuseppe
Pecchio Bianca fondò le Scuole di Mutuo
Insegnamento, uno degli aspetti più interessanti dell'azione dei Federati,
con lo scopo di far prendere coscienza agli abitanti della penisola della
lingua e della storia comune. Giuseppe Pecchio (1785-1835), studioso di
economia e collaboratore del “Conciliatore”,
era secondo Stendhal "un uomo di
infinita intelligenza e di una intelligenza molto rara in Italia". Le
Scuole erano appoggiate infatti al circolo del “Conciliatore”, che sosteneva la necessità di un'istruzione
professionale delle classi inferiori. Nella visione pedagogica del
Confalonieri, aristocratico-progressista, l'accostamento del popolo allo studio
doveva essere funzionale a un maggior rendimento del lavoro manuale. Secondo le
sue parole: "Quella istruzione che
serve a perfezionare e migliorare l'individuo nella sfera di attività che deve
occupare è utile e vantaggiosa; quella che tende a dargli i bisogni e
l'attitudine di quella sfera di cui gliene è intercluso l'esercizio può
considerarsi dannosa".
L'Austria ordinò la chiusura delle scuole all'inizio
d'agosto 1820, anche dietro pressione della Chiesa che vedeva nelle scuole
delle concorrenti temibili. Anche se le era ormai precluso l'insegnamento,
Bianca non si fece da parte: nel 1821 i rivoluzionari piemontesi incitavano gli
studenti di Pavia ad arruolarsi nel battaglione Minerva per combattere gli
Austriaci. Bianca disegnò l'emblema per la bandiera del battaglione e la
polizia austriaca la schedò come "rivoluzionaria,
caldeggiante in casa Confalonieri il pensiero di aiutare gli insorti e votata
alla causa liberale" (ASM, Atti segreti, Cartella XXIII).
La polizia fu
informata dei progetti rivoluzionari dei Federati da una lettera anonima di
Carlo de Castilla, affiliato alla Società. Dopo una perquisizione in casa del
fratello del delatore, Gaetano de Castilla, furono trovate alcune lettere che
compromettevano Bianca Milesi. Gaetano aveva dichiarato che una lettera
contenente un foglio di carta bianco con intagli orizzontali - la famosa carta stratagliata -, era di mano di
Bianca. La carta era detta anche cartolina
à jour o crittografico della grata;
si conserva quella sequestrata al de Castilla all'Archivio di Stato (Atti della
Presidenza di Governo, busta LXII, n° 116). La Milesi venne interrogata a casa
sua, ma negò di aver mai spedito a Gaetano una simile lettera, non riconoscendo
la sua scrittura. Volle che fosse perquisita l'intera abitazione e non si trovò
niente di compromettente.
Ormai Bianca non era più al sicuro: dopo il luglio 1822
fuggì a Ginevra, dove presso lo storico Sismondi si erano riuniti Filippo
Buonarroti e Pellegrino Rossi; poi si mise a viaggiare attraverso Svizzera,
Francia, Belgio, Olanda e Inghilterra. Dopo quattro anni di peregrinazioni,
esauriti i processi politici, tornò in Italia e, dopo il matrimonio nel gennaio
1825 con il dottor Mojon, genovese, si stabilì nel capoluogo ligure, dove
Stendhal la incontrò nel luglio 1827. Qui la Milesi fungeva da smistamento per
i patrioti lombardi, ospitando nel 1829 anche Cristina Trivulzio di Belgioioso e
frequentando Giuseppe Mazzini. Dal 1833 visse a Parigi, dove morì di colera col
marito nel 1849.
Nel 1832 abitava in un appartamento di casa Milesi Carlo
Demboski, figlio di Matilde Viscontini. Il solo ritratto di Carlo è un acquarello
di Luigi Ferraro (cm 12,9) realizzato su disegno di Bianca Milesi, donato
inizialmente al Museo del Risorgimento da Gennaro Viscontini, nipote di Ercole
e ultimo discendente di questa famiglia.
Carlo venne coinvolto nel 1833 in un duello alla sciabola,
nel quale perse la vita il conte Pompeo Grisoni, un ussaro. Poiché Carlo faceva
parte della Giovane Italia, fuggì prima presso gli Arconati-Viscontini a
Romagnano Sesia, poi presso i D'Adda a Varallo e quindi a Lugano. Queste fughe
continue accentuarono le sue psicosi e Carlo non si riprese più: fuori e dentro
case di cura, assistito dal fratello minore Ercole, continuava a ferirsi
gravemente, tentando di mutilarsi. Dopo vent'anni di sofferenze e cure
inefficaci, morì suicida nel 1853.
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Ultima modifica: martedì 7 novembre 2006
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